Il ruolo-chiave della donna nel contesto biblico: Illegio 2015 seconda parte

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“Maledite Meroz, dice l’angelo del Signore; scagliate anatèmi contro i suoi abitanti, che non vennero in aiuto del Signore, in soccorso di Jahvé con gli eroi. Kenita, Benedetta tu fra le donne, Giaele, moglie d’Eber sopra tutte le donne nella tenda, te benedetta! A chi chiedeva acqua diede il latte, in un piatto principesco presentò la panna. Ma la sinistra impugnò il piuolo, la sua destra il martello del fabbro, lo vibrò sopra Sìsara, lo colpì nel capo, lo trafisse e trapassò le sue tempia. Ai suoi piedi ei si contorse, venne meno e spirò; dove giacque, morì trucidato” (dal “Canto di Debora” – Libro dei Giudici, 5).

Stomer - Sansone e Dalila (1630-31)La storia di Giaele, così come viene illustrata nell’ambito dell’Antico Testamento, dimostra la sua affinità con Giuditta: sono entrambe donne coraggiose, disposte a lasciare da parte i timori e sconfiggere in modo brutale il nemico. Il dipinto di Felice Ficherelli, “Giaele uccide Sìsara addormentato” (1650-69, Firenze – Galleria Palatina e Appartamenti Reali di Palazzo Pitti) ci mostra un movimento accentuato, al fianco dell’opera di Carlo Maratta (“Giaele indica Sìsara morto”, 1670-80) che presenta invece un impianto di tipo classicista.

Nell’ambito della sala seguente (settima) viene illustrata la vicenda di Dalila e Sansone, tratta ancora una volta dalla Sacra Bibbia: “Disse dunque Dalila a Sansone: ‘Dimmi ti prego, perché hai tanta forza e con che mezzo ti si potrebbe legare per domarti?’. Rispose Sansone: ‘Se mi legassero con sette nervi freschi, non ancora dissecati, sarei debole al pari d’ogni altro uomo’. Allora i principi dei Filistei portarono a Dalila sette nervi freschi, non ancora dissecati, e con quelli lo legò, mentre nascosti in una stanza in casa di lei vi erano degli uomini. Ma quand’ella gridò: ‘Sansone, i Filistei ti sono addosso!’, egli spezzò i nervi così come si rompe un filo di stoppa lambito dalla fiamma. Così non si potè sapere il segreto della sua forza” (“Sansone tradito da Dalila” – Libro dei Giudici, 16). I visitatori in questa sala possono ammirare quattro capolavori: due tele realizzate da pittori nordici (Matthias Stomer, “Dalila e Sansone”, 1630-31 Roma, Palazzo Barberini / Carl Loth, “Dalila e Sansone”, 1680-90 Bassano del Grappa, Musei Biblioteca Archivio) e due da autori italiani (Alessandro Tiarini, “Dalila e Sansone”, 1620-30 Roma, collezione privata / Gioacchino Assereto, “Dalila e Sansone”, 1630 Firenze, Fondazione “Roberto Longhi”).

La prima parte dell’ultima sezione della mostra è dedicata ad Ester e Susanna (dove il fascino fisico diventa sintomo di bellezza spirituale). “Il re preferì Ester a tutte le altre concubine; ella trovò favore e grazia dinnanzi a lui più di tutte le giovani, per questo le pose in capo il diadema reale e le conferì il titolo di regina in luogo di Vasti. Poi Serse dette un grande convito a tutti i principi e ai suoi ufficiali, in onore di Ester; concesse un giorno di riposo a tutte le province, e distribuì doni con munificenza regale” (“Ester eletta regina in luogo di Vasti” – Libro di Ester, 2).  “Intanto quei due giudici così cominciarono ad accusarla: ‘Mentre noi passeggiavamo soli nel giardino, costei entrò con due fanciulle, chiuse le porte del giardino, poi licenziò quelle. Allora si accostò a lei un giovane, che era nascosto e si adagiarono insieme. Noi che eravamo nell’angolo del giardino, vista l’iniquità, corremmo da loro e li vedemmo insieme, ma non ci fu possibile fermare quel tale, perché era più forte di noi e, aperte le porte, se ne andò. Allora prendemmo costei e l’interrogammo chi fosse il giovane, ma non volle manifestarcelo. Di tutto questo noi siamo testimoni’. I presenti credettero a questi due, perché anziani del popolo e giudici e la condannarono a morte. Ma Susanna emise un grido e disse: ‘Dio eterno, che conosci le cose segrete e tutto ti è noto prima ancora che avvenga, tu sai che è falsa la testimonianza, deposta da questi contro di me; eppure ecco che io muoio, mentre non ho fatto nulla del male di cui costoro mi accusano’. E il signore esaudì la sua voce.” (“Susanna e i due perfidi anziani” – Daniele 13).

Ricci_Ester davanti ad Assuero (modelletto conservato presso la National Gallery di Londra 1733)Tra le varie opere esposte, va sicuramente ricordata la preziosa tela di Sebastiano Ricci (“Ester davanti ad Assuero”, 1733): capolavoro facente parte delle collezioni d’arte del Quirinale, concesso in prestito alla mostra di Illegio dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. In origine, con il suo pendant “Il festino di Baldassarre” (anch’esso conservato nel celebre edificio romano), questo dipinto ha svolto la funzione di sovrapporta nell’ambito del Palazzo Reale di Torino.  Sicuramente esposta fino al 1837 all’interno della camera da letto situata nell’appartamento reale torinese, la coppia di tele viene prima spostata al castello dei Savoia nella località piemontese di Moncalieri per poi trovare la sua definitiva collocazione a Roma. I due capolavori fanno parte della produzione tarda di Sebastiano Ricci: in particolare, nel caso dell’opera visibile ad Illegio, assume un preciso significato anche la presenza dell’ombra trasversale. La penultima sala della mostra è invece dedicata ad Eva, la prima donna. Vi si può osservare un dipinto attribuito a Paolo Veronese, celebre pittore veneziano la cui influenza si può riscontrare soprattutto nelle tele dello stesso Sebastiano Ricci. L’opera in questione, conservata presso la Galleria della Cassa Depositi e Prestiti di Roma, rappresenta la “Creazione di Eva dal fianco di Adamo” (1575-80). Accanto ad essa, è presente anche una grande rappresentazione statuaria della progenitrice realizzata in bronzo da Francesco Messina nel 1948: infine, suscita la curiosità del pubblico l’opera della bottega di Lazzaro Bastiani “Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden” (inizio del XVI secolo), in cui si può osservare una rappresentazione dell’albero della conoscenza. Nell’ambito dell’ultima sala di questa mostra, che chiude la sezione dedicata all’”Idea divina del femminile” osserviamo un dipinto di soggetto analogo rispetto a quello di Lugi Garzi (1692) esposto al pubblico nella prima stanza: si tratta del “Mosè salvato dalle acque” di Armando Spadini (1912), conservato presso i Musei Vaticani. Non è una coincidenza il fatto che queste tele si trovino alle due estremità del percorso espositivo: per due volte un bimbo (Mosè) viene ritrovato, dimostrando che di fatto le donne accolgono la vita dall’inizio alla fine.

Dopo la mancata edizione del 2014, la mostra di arte sacra allestita nel palazzo delle esposizioni di Illegio riacquista quest’anno il suo grande successo di pubblico e critica: pur mantenendo il suo tipico filo conduttore legato all’ambito della contemplazione spirituale, anche in questa occasione il nucleo delle opere esposte conta tantissimi capolavori, rilevanti sia dal punto di vista stilistico che iconografico. Priva di catalogo (che in ogni caso sarebbe stato decisamente opportuno, data la grande presenza di capolavori famosi concessi anche in prestito esclusivo – si veda ad esempio il caso del dipinto di Sebastiano Ricci, che per la prima volta lascia il Quirinale), l’esposizione rimane aperta al pubblico dal 17 maggio al 4 ottobre 2015 ed è come sempre curata da don Alessio Geretti. [vai alla prima parte dell’articolo]

Nadia Danelon © centoParole Magazine – riproduzione riservata [seconda parte]

[Un’inguaribile modernista: rubrica d’arte moderna a cura di Nadia Danelon]

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