La Cura: il cortometraggio di Andrea Andolina

La CuraLa Cura è il nuovo cortometraggio di Andrea Andolina, ispirato al racconto “Sette piani” di Buzzati. A parlarne sono il regista Andolina, l’attore Fulvio Falzarano e l’attrice Ariella Reggio.

Come mai ha deciso di realizzare un cortometraggio ispirato ad un racconto di Dino Buzzati?

Andrea Andolina: Tutto è nato un anno fa: io ed Ariella Reggio – noi due avevamo già lavorato assieme per un altro progetto – stavamo bevendo un caffè, quando ad un certo punto lei mi dice: “Sai, mi piacerebbe girare un cortometraggio con te”. Non c’ho pensato su due volte, e ho accettato.
Io, nel frattempo, nel mio corso di teatro per i ragazzi (Bobo e i suoi amici) facevo leggere vari testi di Buzzati e Andrea AndolinaValentina Burolo – che si è occupata del soggetto e della sceneggiatura de “La Cura” – mi ha proposto di realizzare il cortometraggio ispirandosi al racconto “Sette piani” di Buzzati. L’idea mi è sembrata bellissima, e così abbiamo iniziato quest’avventura.
Io non conoscevo ancora il film “Il fischio al naso” di e con Ugo Tognazzi, ispirato al racconto “Sette piani”; ho cercato di non farmi condizionare, perché volevo che il mio cortometraggio fosse una cosa particolare.
La sceneggiatura ha avuto più rivisitazioni: inizialmente era molto più lunga e l’abbiamo dovuta accorciare più volte – anche in fase di montaggio.
Io adoro e rispetto Buzzati e per la realizzazione di questo cortometraggio volevo cimentarmi con questo grande autore della letteratura italiana. È stata una sfida, ma poiché amo molto le sfide, mi sono buttato.
In questo mio lavoro, ho voluto che ci fossero grandi attori: Ariella Reggio, Maria Grazia Plos, Fulvio Falzarano, Dario Penne, Adriano Giraldi. Recitato da altri, non sarebbe stata la stessa cosa.

Chi è il direttore della fotografia?

Andolina: Il direttore della fotografia è Giordano Bianchi; questo è il suo primo cortometraggio: lui precedentemente faceva documentari. Nel cortometraggio, man mano che la paziente si avvicina al primo piano, i colori cambiano e diventano sempre più cupi, mente prima sono tutti molto vivaci. Questo perché volevo dare una sensazione di dolce morte.

Chi si è occupato delle musiche?

Andolina: Le musiche sono del triestino Luca Ciut – di recente ha scritto le musiche per Dancing with Maria di Gergolet. Lui è un grande, quando mi ha proposto la musica che aveva scelto, mi è piaciuta molto: ti resta in testa.

Ariella Reggio,Fulvio Falzarano: La musica ha dato l’impronta un po’ a tutto; il sonoro è riconducibile allo stile, sia di recitazione che di ripresa. Sembra quasi che tutto sia stato realizzato ascoltando quella musica.

Quanto tempo ci vuole per realizzare un cortometraggio come questo?

Andolina: Questa è stata la mia prima esperienza professionale con professionisti. Ci abbiamo messo cinque giorni, lavorando parecchio. Prima, però, ci è voluto un anno per preparare la sceneggiatura e organizzare il tutto. Questo è un cortometraggio anomalo: ci sono dieci attori, di solito i cortometraggi ne hanno due, tre e qualche comparsa. In questo corto ho voluto riunire alcuni grandi attori triestini con i quali avevo già avuto modo di collaborare.

È stata seguita tanto la sceneggiatura o no?

Falzarano: Sì, abbastanza; perlomeno nei dialoghi…

Andolina: Loro erano tutti preparatissimi: questo è il vantaggio di lavorare con attori professionisti.
Sono arrivati sul set e sapevano tutto; io ho dato loro delle indicazioni di massima; ho detto quello che dovevano fare, e l’hanno fatto.

Tecnicamente, si ispira a qualche regista?

Andolina: Amo registi di vari generi: Franco Giraldi, Kubrick, Lynch, Fellini, De Sica. Per me, uno dei film più belli è “Ladri di biciclette” di De Sica; mi piace il Neorealismo, al quale mi ispiro, però lo guardo con distacco, perché alla fine Fulvio Falzaranoho un mio stile – che può piacere o meno.
Quando guardo i film di questi grandi registi, osservo, guardo, analizzo, ma non copio, anzi tendo a fare diversamente. Per esempio, in questo corto ci sono delle inquadrature che sono più delle citazioni che dei copia incolla: ce n’è una felliniana.

Come mai ha deciso di accettare questo ruolo?

Falzarano: Mi è piaciuta la sceneggiatura: l’ho trovata completa e perfettamente calzante con l’idea di Buzzati stesso. I ruoli erano omogenei, scritti bene, anche se per piccoli interventi – come prevede un corto – però molto esaurienti. Francesca Cardinale – sebbene avesse piccoli interventi –è comunque molto chiara nel suo personaggio. Ho accettato anche perché me lo aveva chiesto Andrea e per tutti i miei compagni di lavoro. La composizione del tutto mi spingeva a farlo.

Fulvio Falzarano ed Ariella ReggioCom’è stato interpretare una parte in questo cortometraggio?

Falzarano: In un lungometraggio ci si specializza un po’ di più; in un corto le cose vengono affidate all’improvvisazione, al caso, al momento. Questo può funzionare oppure no. Mi ha aiutato molto Ariella: guardando il suo personaggio, si sono stabiliti dei rapporti molto precisi. Non penso di aver rappresentato un tipico primario, però questo implicherebbe un lavoro molto più lungo, su una storia molto più articolata. Quando fai un cortometraggio, ti basi di più su sensazioni immediate.

Ariella Reggio: Il lavoro al cinema è ovviamente tanto diverso dal teatro, e mi affascina moltissimo. Qui poi avevo una parte importante e perciò, per me, molto difficile, anche perché nei cortometraggi tutti i cambiamenti emotivi devono avvenire in breve tempo. 

Maria Grazia Plos ed Ariella ReggioCom’è stato lavorare con questi grandi attori?

Andolina: Sono persone favolose che hanno lavorato con grandi registi, mentre io avevo lavorato soltanto con i ragazzi. Quindi mi ha fatto molto piacere che abbiano accettato la mia proposta. Sono persone fantastiche e spero di lavorare con loro anche in futuro. Credo che loro abbiano deciso di lavorare con me, perché sono una persona che non ha filtri: sono un po’ come i ragazzi, penso di essere trasparente, e amo il mio mestiere. Questo nella vita paga.
Tra di noi c’era molta sintonia: mi sono trovato molto bene con Ariella, con Fulvio, con Dario, con tutti quelli che erano lì, anche con i giovanissimi: Francesca Cardinale (la nipote della signora Dotti), Erica Alberti (la segretaria), Anna Feraioli (infermiera) e Massimiliano Borghesi (infermiere).
Con tutti loro mi sono trovato bene: hanno un equilibrio fantastico nella propria vita, e ci stimiamo a vicenda. Penso che quando ci si stima, può solo venire fuori una cosa fatta bene.

Ariella ReggioCom’è stato lavorare con Ariella Reggio?

Andolina: Con Ariella avevo già lavorato precedentemente, per un progetto per le scuole. Ariella è molto professionale, ti dà molto. Lavorare con lei è stato bellissimo. Sono stato fortunatissimo; fortunato per aver scelto tutti questi grandi attori con i quali ho lavorato in armonia, e l’armonia è l’arma vincente.

Falzarano: Ariella, secondo me, è quella che tra noi è la meno sostituibile: è perfetta per la parte che ha in questa storia. Lei è un’anziana bimba e quindi ha delle caratteristiche che forse pochi attori anziani hanno. È una persona molto umile, molto delicata… fa molto squadra.

E per lei, com’è stato lavorare con i suoi colleghi? 

Reggio: Ho avuto la fortuna di essere aiutata sia da colleghi bravissimi come Fulvio Falzarano e Dario Penne, sia dal regista Andrea Andolina, che oltre a essere bravi sono anche miei amici, e ciò ha reso tutto più facile.

Quale messaggio vorrebbe che arrivasse agli spettatori dalla visione di questo cortometraggio?

Andolina: Se lo vedono dei giovani, il messaggio è: più attenzione nei confronti degli anziani. Se lo vedono coloro che operano all’interno degli ospedali – forse questo è il messaggio che voleva dare anche Buzzati: attenzione alle persone anziane e alle persone malte, che non devono essere dimenticate, ma devono ricevere tutte le attenzioni possibili e immaginabili; non devono finire come la signora Dotti. Purtroppo, spesso, chi entra in ospedale, magari per una sciocchezza, poi non ci esce più. In conclusione, a tutti coloro che vedranno il corto, vorrei che arrivasse questo messaggio: cercate di stare vicino alle persone anziane e anche a chi sta male.

Ariella Reggio.,Un commento su questo cortometraggio?

Falzarano: C’è un’omogeneità di recitazione, di ritmo che non mi aspettavo: sembra una clinica svizzera da cioccolatino, ma un cioccolatino velenoso (sorride). Ha un ritmo particolare, dolcemente tragico, e questa dolcezza di fondo mi piace; sembra quasi una dolce eutanasia – e questo funziona anche nei colori. C’è uno stato di calma che porta alla morte. Mi piace.
Il messaggio di questo corto – almeno per come la vedo io, e anche rispettando il racconto dal punto di vista realistico – è che esiste la possibilità che gli anziani vengano rispettati di più, ma soprattutto che esiste una possibilità di fuga da tutto questo; ed è interessante il fatto che questa fuga è resa possibile da un incontro tra una giovane e un’anziana: due mondi distanti, che in questo caso si toccano.
È interessante la calma che c’è fino alla fine del corto, anche da parte del primario; sì, c’è un impercettibile gesto di stizza, ma per uno che scappa, altri cento restano; quindi non cambia nulla.
La fuga può essere anche una metafora sulla non omogeneità, sul non restare passivi di fronte a una volontà di morte.

Ariella Reggio.Andolina: Questa omogeneità e linearità è stata voluta da me, ma alla fine anche da Buzzati: se si legge il suo racconto “Sette piani” – in questo corto ce ne sono cinque – si percepisce un sapore agrodolce, però lineare. La discesa può essere solo lineare.
Inoltre, nel racconto di Buzzati, non c’è la figura della nipote, ma nel mio cortometraggio è stata inserita, e la sua funzione è quella di portare l’anziana nonna fuori dall’ospedale. Senza la nipote, e soprattutto senza il suo amore per la nonna, l’anziana non sarebbe fuggita.

Reggio: “LA CURA” è un corto che a me è sembrato un “lungo”!
Mi spiego: ho lavorato altre volte per il cinema, in cosiddetti “cammei”, con vari registi, alcuni famosi, ma mi sento sempre un’attrice alle prime armi in quel campo.

Ariella Reggio, com’è stata per lei questa esperienza? 

Reggio: Molto bella. Anche la troupe tecnica è stata di grande professionalità, e Maddalena Mayneri (la produzione)  mi ha riempita di premure. Beh, devo dire che l’esperienza è stata talmente positiva …che la rifarei….LA CURA !!!!!

Questo cortometraggio andrà a Cortinametraggio…

Andolina: Sì, e dopo andrà un po’ dappertutto, parteciperà a vari Festival e probabilmente arriverà anche al Cinema dei Fabbri di Trieste.

Progetti per il futuro?

Andolina: Sto già lavorando ad un altro cortometraggio: è una storia d’amore, quindi tutto un altro tema.

Si è sempre ispirato ad un racconto di qualche grande autore?

Andolina: No, il cortometraggio è ispirato ad un racconto che ho scritto io, e con il quale ho vinto un concorso in Sicilia. La storia è una storia che funziona, completamente diversa da “La Cura”; è una storia d’amore, leggera, con pochi attori.

Ringrazio Ariella Reggio, Andrea Andolina e Fulvio Falzarano per la loro disponibilità.

Nadia Pastorcich © centoPaole Magazine – riproduzione riservata

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