Come affrontare il concerto del tuo idolo in pochi deliranti passi

Puoi avere 50, 20 o 10 anni ma quando scopri che il tuo idolo musicale suona nella tua città non c’è niente da fare: sai per certo che la tua indole da groupie non si farà attendere.
La prassi da sociopatica compulsiva farà si che l’agognato biglietto sarà nelle tue mani almeno 3 mesi prima del concerto e i giorni a seguire saranno il monitoraggio perpetuo di tutti i profili social del cantante: senza mai dimenticare di seguire anche la pagina del fan club, mi raccomando.
Lo sventurato cantante che porta il peso di essere il mio mito è Ermal Meta: cantautore e compositore, nato in Albania ma trasferitosi in Italia sin da piccolo.
Ovviamente non è la prima volta che partecipo ad un suo concerto ma a Trieste è diverso: l’esibizione è al suggestivo Teatro Rossetti ed Ermal, concediamoci la confidenza di chiamarlo per nome, non è solo ma accompagnato dagli splendidi GnuQuartet, che con viola, violino, violoncello e flauto arrangiano insieme al cantante i suoi pezzi rendendoli ancora più intimi ed eleganti. Non racconterò le due ore e mezzo prima del concerto in cui, come se Ermal Meta guardasse proprio noi, io e la mia amica abbiamo passato in rassegna metà del nostro guardaroba o i tentativi invano di escogitare un piano per vedere il cantante. Non racconterò nemmeno il post concerto dove, davanti ad una birra, con i miei amici, un po’ per gioco un po’ sperando davvero in una risposta, scrivo su Instagram ad Ermal:”Vieni a bere una birretta?”. Quello che voglio raccontarvi è il concerto visto dai miei occhi. Luci soffuse, dolci melodie d’orchestra che si alternano ad altre più incalzanti senza mai perdere quell’eleganza, ma allo stesso tempo quella familiarità, che fa da filo conduttore per tutto il concerto. Ermal è simpatico, parla molto di più rispetto all’ultimo concerto che avevo visto. Ci racconta aneddoti della sua vita e si compiace quando sente le risa dalla platea. Il teatro diventa un piccolo localino intimo, dove il cantante coinvolge il pubblico e lo avvolge nella sua storia. Ermal Meta mi piace anche per questo: tra le parole e le melodie percepisci una vera natura umana.
Sento per la prima volta la sua voce nel 2014, grazie alla canzone ‘Tutto si muove’ contenuta nella colonna sonora di ‘Braccialetti rossi’. Inizio così ad ascoltarlo e non è difficile credere che dai 15 ai 20 anni sia stato parte integrante delle colonna sonora della mia vita. Il momento più speciale del concerto, almeno per me, è ‘Schegge’, la mia canzone preferita. Guardo il palco ed è perfetto, le luci rispecchiano esattamente l’aura che la canzone emana: scie verde oliva scuro che e ricoprono Ermal e gli GnuQuartet. Alzo gli occhi al cielo e l’atmosfera è mozzafiato grazie anche alle luci del teatro che simulano un celo stellato. La canzone corre per la sala, scappa per poi farsi riprendere: una danza che il cantante giostra come meglio crede fino a far scendere sul mio viso la fatidica lacrima che attesta che si, la musica è tante cose, ma soprattutto reazione ed emozione. Non c’è niente di meglio che cantare a squarcia gola, insieme al tuo idolo, un pezzo di vita:
‘Così sfuggente, libera
sai come stringermi senza incatenare
Non sei mai stata mia
Eppure ti ritrovo qui senza chiamare.
Così immensa e piccola
come uno stagno di pensieri che
annega dentro un mare senza nome’

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