Fabio Strinati: osservare ciò che osserva

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Fabio Strinati, marchigiano classe 1983, è poeta, aforista, compositore e direttore della collana dedicata alla poesia de Il Foglio Letterario. I suoi componimenti sono stati tradotti in lingua spagnola e romena e sono presenti in diverse riviste e antologie letterarie come: Il Segnale, rivista letteraria fondata dal poeta Lelio Scanavini; Sìlarus, fondata da Italo Rocco; la rivista culturale Odissea, diretta da Angelo Gaccione e Carmilla online, webzine ideata da Valerio Evangelisti. Le sue opere sono state pubblicate da Il Foglio Letterario (Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo, 2014; Un’allodola ai bordi del pozzo, 2015; Dal proprio nido alla vita, 2016; Al di sopra di un uomo, 2017). La sua ultima raccolta di poesie, intitolata Periodo di transizione è uscita nel 2017 per Bibliotheca Universalis Bucarest.

Parlami di te e del tuo rapporto con la poesia e la musica.

Parlare di me è semplicissimo. Sono un monologo di due parole: Fabio/Strinati. Dico di essere un poeta ma in realtà quando lo dico scherzo; non amo definirmi così anche perché il poeta è un posto da visitare durante la vecchiaia, mentre la poesia è un luogo completamente sperduto e sottoposto a rigido sguardo, continuamente sotto la lente d’ingrandimento da parte di un occhio vigile e curioso. Qualche volta penso di sentirmi aforista, ma poi penso ad Umberto Saba che parlava di scorciatoie e così, di scatto, mi rimetto sulla strada giusta, togliendomi subito dalla testa quel termine. Per quanto riguarda la musica, mi piace comporre ma soltanto perché sono attratto dallo spartito; lo spartito è poesia pura.

A quando risale il tuo primo incontro con la poesia?

Il mio primo incontro con la poesia risale a circa 10 anni fa. Sfogliando il libro Millimetri di Milo De Angelis, capii che la vita passava attraverso l’ossigeno delle parole per poter vivere intensamente tutta la loro energia senza dover nulla chiedere né nulla avere. Ogni parola mi urtava, provocando il contorcimento delle mie vene, ma in silenzio. Quell’incontro mi accompagna tuttora, la poesia è fedele compagna di viaggio, mi tiene per mano e mi conduce lungo questo meraviglioso e tortuoso sentiero che si fa chiamare vita.

Quali sono le tematiche che affronti nei tuoi scritti?

Adoro trattare tutte quelle tematiche che in qualche modo mi riguardano da vicino, come il suono della natura oppure i suoi colori in continua metamorfosi. Mi piace osservare tutto ciò che a sua volta mi osserva; credo nelle potenzialità dei cinque sensi e cerco di affinarli con saggezza, perché so perfettamente che ogni strada conduce ad un’altra strada destinata a protrarsi oltre i confini del tempo. Mi piace parlare della vita, del suo muoversi dentro e fuori al tempo; mi piace immaginare tutto questo guazzabuglio di sentimenti come un’orchestra dove il solista è costretto a suonare il suo spartito senza soluzione di continuità, dando vita ad un’improvvisazione ricca di scellerati virtuosismi: la vita!

Da dove trai ispirazione per scrivere i tuoi versi e più in generale come funziona il tuo processo creativo?

Sinceramente, le parole mi arrivano tutte insieme come fossero delle scatole piene zeppe di altre parole, in una sorta di gara a chi urla di più per prevalere. Tutto questo per me rappresenta uno sfogo, una sorta di valvola regolata da un processo tutto mio, collegato dai fili del cervello fino alla scatola interna del cuore. Siamo un mucchio di circuiti destinati ad arrugginire in fretta; la poesia è olio per le articolazioni, una buona palestra per restare giovani senza doversi troppo affaticare per ripidi pendii. Osservo il mio didentro e lo proietto fuori in maniera del tutto naturale; quello che avviene il più delle volte mi è poco chiaro ma sento che va bene così.

La poesia è un genere letterario di nicchia su cui le case editrici spesso non scommettono. Quale credi sia lo spazio della poesia ai giorni nostri?

Non credo che la poesia sia di nicchia, anzi credo che come forma d’arte abbia un certo fascino grazie al ritmo e alla musicalità che la caratterizzano, rendendola un richiamo per i nostri timpani, qualche volta un poco assonnati, ma sempre pronti come le antenne dei grilli a percepire i suoi versi così penetranti, pregni di follia
saggia ed educativa. Direi piuttosto che oggi è di nicchia il saper ascoltare il proprio cuore, e ahimè, il cuore degli altri. Siamo convinti che la poesia possa sostituire in qualche modo il linguaggio del cuore, ma siamo completamente fuori strada.

Quali sono i progetti che hai in cantiere?

Ho un cantiere molto disordinato ma sento che posso venirne a capo e anzi spero di farlo il più brevemente possibile, anche perché faccio troppo spesso fatica a ritrovarmi. Detto questo, sta per uscire il mio libro di aforismi, che si intitolerà Aforismi scelti Vol.2 e verrà pubblicato dalla casa editrice Il Foglio Letterario.

Inoltre, prima della fine dell’anno, dovrebbe uscire anche L’esigenza del silenzio, libro di poesie, scritto a quattro mani con Michela Zanarella, per Le Mezzelane Casa Editrice. Ci sono tanti altri progetti che attendono di vedere la luce, ma tutto avverrà a suo tempo, prima devo fare un po’ d’ordine perché già mi sono perso.

 

LA FIRMA
Le foglie sudate su fogli bianchi scritturati
nelle stanze dove più stanze s’annidano ed altre fuggono
le squame d’un sapere e d’ampio, si getta al fosso
gettandosi una scopa che non vuol pulire

sui davanzali dove quei libri antichi e mistici

su chi ha riposto la fiducia propria
nel palmo di una mano a piovra,

le foglie invisibili l’occhio oscurante.

 
Giulia Zorat – centoParole Magazine

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