EPISTOLARIO: Se tutte le altre promesse sono state spezzate, come posso fidarmi di questa? Ernest Hemingway

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Un' immagine d' archivio dello scrittore statunitense Ernest Hemingway (D) con la moglie Martha Gellhorn, decana delle corrispondenti di guerra, morta a Londra all' eta' di 89 anni. A Cuba persiste ancora, anche se non in modo omogeneo, un sentimento di avversione nei confronti degli americani, spesso considerati 'yankee' o "imperialisti". C'é un'eccezione alla regola, anche perché all'Avana non lo si considera un americano: Ernest Hemingway, che ebbe profondi vincoli con l'isola, dove il 50/o anniversario della sua morte, il 2 luglio 1951, viene ricordato con numerosi eventi. ARCHIVIO / ANSA

A Pauline Pfeiffer

Parigi, 12 novembre 1926

Carissima Pfife,

non ho più saputo nulla di te dopo la tua lettere del 26 di ottobre quando ti sentivi giù, a parte quel telegramma – tutte le comunicazioni sono bloccate. Quando ti ho scritto l’ultima lettera, che riceverai intorno alla metà della prossima settimana, non sapevo che eri combinata così, e neppure che avevi cominciato a sentirti a disagio e a preoccuparti. Così la mia lettera ti sembrerà probabilmente molto poco comprensiva e del tutto senza cuore. Se solo avessi ricevuto la tua lettera che mi diceva quanto ti sentivi male probabilmente avrei potuto scriverti in proposito, ma è arrivata subito dopo il telegramma e dopo che avevo inviato la mia ultima.

Ernest Hemingway

Ernest Hemingway

Mi sono sentito assolutamente a pezzi Pfife, e tanto vale che te lo scriva chiaro così forse riuscirò a disfarmene. Era cosa sicura che tua madre avrebbe accolto malamente il fatto che ti sposi con un divorziato, frantumando una casa, cacciandoti in un guaio- ed è certo che la disapprovazione silenziosa è la più letale e che non ci si può fare niente. Ero certo che in parte sarebbe andata malamente. Tua madre non poteva reagire in nessun altro modo. Jin mi ha mostrato una lettera che tua madre ha scritto, il primo novembre dicendo che quando eri appena tornata avevi un bell’aspetto ed eri felice e che adesso tutta quest’ultima settimana – la settimana in cui non ho avuto tue notizie – eri con i nervi a pezzi e ridota male.

Che a Piggott eri sola con i tuoi pensieri e che questi tuoi pensieri erano naturalmente poco piacevoli. Così sembra proprio che abbia attraversato un inferno il quale potrebbe – perché non sei forte e sei molto giù – spezzarti. E quando siamo a pezzi a cosa è servito? Così ho questo a cui pensare tutto il giorno e tutta la notte e la preoccupazione è una sorta di lama che mi attraversa la testa dentro e non c’è null’altro solo che sei tutto ciò che ho e che amo più di tutto quello che esiste e che ho rinunciato a tutto e tradito tutto e ucciso tutto e che sei distrutta e che hai i nervi e lo spirito a pezzi, e a questo penso tutto il giorno e tutta la notte e non posso farci niente perché non me lo consenti.

So che ricevendo la mia lettera hai dovuto decidere in un modo o nell’altro e so che hai scelto per la soluzione più difficile e per la cosa giusta e ammiro il tuo coraggio – ma non sono affatto sicuro che è quello che avremmo deciso se avessimo potuto parlarne assieme e tutto il giorno e tutta la notte mi sono sentito come se fosse una cosa fatale che ci schiacciava.

Vedi quando te ne sei andata a Piggott hai detto che ne avresti parlato con tua madre e che se a lei non fosse piaciuto te ne saresti andata o che comunque avrebbe dovuto farsene una ragione – perché eravamo noi contro il mondo e che dovevamo fare quel che era giusto per noi e che ti saresti riposata non preoccupata e che ti saresti rimessa in sesto e che non ti saresti preoccupata. Be’ e cosa ne è stato di tutti questi propositi?

Ernest Hemingway

Ernest Hemingway

Adesso posso riconsiderare i giorni in cui mi sentivo semplicemente solo e ti aspettavo – ma sapendo che tutto era a posto e che si trattava solo di attesa – e mi sembrano incredibilmente felici perché adesso hai consegnato te stessa e il tuo cuore in ostaggio a tua madre e tutta la cosa sembra assolutamente senza speranza. Sempre mi hai telegrafato quando sei rimasta più di tre giorni senza scrivere –  ma non ci sono stati telegrammi – e l’ultima tua lettera è stata scritta il ventisei e Jinny ha ricevuto una lettera da tua madre ieri, scritta il primo novembre. E io non ho ricevuto nulla. Così non so se hai rinunciato a me – o se l’hai fatto ancora prima di ricevere la nuova lettera – e Pfife il tempo trascorre così lentamente e così orribilmente e così piattamente che mi sembra di voler urlare e la notte è semplicemente e incredibilmente terribile.

E tutto il tempo in cui non ricevo le lettere e con tutto il mondo improvvisamente mutato e mi vengono le paure e ti sento dire, “Non voglio continuare così. Non voglio. Non posso farlo. Non posso più farlo.”

Ecco allora cosa penso. Perché se tutte le altre promesse sono state spezzate come posso fidarmi di questa? Tutto il giorno penso alle cose da dirti e da raccontarti e comincio a ritagliare pezzi dai giornali e penso come sarebbe semplice e come non c’è mai stato nulla, nessuna difficoltà suscitata da non che non potremmo risolvere insieme, – solo che sono assolutamente stanco.

So che hai fatto i tre mesi extra perché hai pensato che questo lo volesse Hadley –  e anche perché quella volta eriernest-hemingway-225 in uno stato tale che il sacrificio sembrava la cosa da fare. E naturalmente Hadley desiderava soltanto ritardare il divorzio – non voleva soltanto mandarci in frantumi – non vuole ammetterlo ma lo sa che noi siamo come una persona sola – a volte lo ha ammesso ma invece di darle quel rinvio che è praticamente l’unica cosa rimasta al mondo che desidera l’abbiamo instradata verso il divorzio e nel contempo ci siamo mandati in frantumi. Il ché ti porta a meditare un bel po’.

Quindi non importa quanto malamente le cose si riducono, non posso mandare quel telegramma Fai in fretta perché è automaticamente impedito dal motivo che hai effettuato la scelta – evidentemente è stato meglio affrontare il rischio di una rottura che non vederci ogni giorno e ritardare il divorzio – così non posso fare nulla che potrà mai ritardarlo.  E non sono sicuro che non finirò a pezzi, Pfife.

Solo che naturalmente non ci finirò. Solo che quando mi vedrai forse penserai o ti chiederai è questo ciò per cui ho affrontato tutto l’inferno e così sarà. Perché chiunque può finire a pezzi e lo facciamo per nostra scelta – nostra libera scelta – deliberatamente e del tutto consenzienti.

Ernest Hemingway

Ernest Hemingway

Così so che questa è una lettera terribilmente scadente piena di autocommiserazione tutta intrisa di pathos ecc. ecc. ecc. ma tant’è. Oh Cristo se mi sento giù. Proprio giù Pfife. E poi dove ci troveremo alla fine, quando Hadley non vorrà divorziare o rinvierà di nuovo dietro consiglio di amici. Finché ti avevo potevo sopportare qualsiasi cosa –  e adesso che non ti ho che ti sei volutamente tolta via di me so che stai male nella testa e ti senti giù Pfife non lo sopporto.

L’autunno scorso ho detto perfettamente calmo e senza bluffare, durane uno dei momenti buoni, che se tutto non si fosse chiarito per Natale mi sarei ucciso perché avrebbe voluto dire che non si sarebbe chiarito – e ho preso da te Pfife come saltar per aria e non lo sopporto ed evidentemente tutto ciò che posso fare è togliere il peccato dalla tua vita ed evitare ad Hadley la necessità del divorzio – e fargli un complimento ad Hadley – uccidendomi. Così poi ho promesso che non l’avrei fatto e neppure ci avrei pensato in nessuna circostanza fin quando non saresti tornata. Ma adesso è di nuovo tutto fuori controllo e non hai mantenuto le tue promesse e quindi penso che rinunci a me. Solo che nulla ti consente mai di rinunciare. Ma io non sono un santo, né costruito come tale. E preferisco morire adesso mentre c’è ancora qualcosa che rimane nel mondo che non continuare a vederlo tutto appiattito e distrutto e reso vuoto prima ch’io muoia.

Ma non lo farò e non ci penserò, e forse rimarrà qualcosa di te e forse avremo un po’ di coraggio e non cercheremo quei sacrifici nel bel mezzo di operazioni chirurgiche e forse la spunteremo e forse e forse e forse.

Tutto ciò che voglio sei tu Pfife e oh buon Dio quanto ti voglio e mi vergogno di questa lettera e la detesto ma ho dovuto togliermi da dentro questo veleno e ci sono bollito dentro e senza notizie con tutte quelle navi piene di posta che arrivano senza portarmi nulla e poi quell’orribile tremenda lettera di tua mamma ieri in cui ti prendevi la giusta punizione. Sono perfettamente disposto di andare all’inferno dopo morto piuttosto che adesso ma non tutt’e due le volte anche se adesso mi sembra che sia così. Ma non lo sarà. E ti prego di perdonarmi questa lettera Pfife. È tutto ciò che ci possa essere di detestabile. Ma è così che divento quando ti sto troppo lontano. Adesso non restano che 84 giorni. E tra adesso e venerdì prossimo senz’altro riceverò una lettera e Jin ha telegrafato per sentire come stai e prego per te ogni ora della notte e ogni mattina quando mi sveglio. Prego talmente perché tu dorma e perché tu resista e non ti preoccupi o Pfife e ti amo e ti amo e ti amo talmente – e sono a pezzi come non so

JFK

Ernest

Tratto da Lettere 1917-1961 – Ernest Hemingway, Arnoldo Mondadori, 1984, pag. 149

Francesca Schillaci © centoParole Magazine – riproduzione riservata

 

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