Li percepiamo fin da subito, fin dalla nostra nascita; magari velati, appannati, all’inizio. Ma appena incominciamo a mettere a fuoco la realtà, loro sono là ad aspettarci, nella loro magnificenza. Poi ci abituiamo, poco per volta, a loro, alla loro fantasmagoria, alla loro illimitatezza.
I colori pervadono la nostra vita: mille e mille sfumature arrivano ai nostri sensi, regalandoci sensazioni, piaceri, oblii…
Queste mie parole forse saranno di parte, (come pittore ed illustratore, intendo) ma trovo che i colori siano un immenso dono a cui siamo stati ammessi.
E siamo stati fortunati in questo, più di altri: l’essere umano, infatti, percepisce oltre 150 tinte differenti e circa sette milioni e mezzo di colori!
Tali sono le sfumature e le possibili varianti fra le tinte e e loro sovrapposizioni. Un oceano di sensazioni che possiamo godere in ogni attimo della mostra vita.
Un patrimonio, questo, che non tutti possono vantare. Cani e gatti ad esempio, come gran parte delle scimmie del nuovo mondo, percepiscono la realtà in maniera differente, cromaticamente semplificata: a loro il mondo risulta meno colorato del nostro, percependo fondamentalmente una miscela di bianco\nero e solo di giallo\blue, in una visione bicromatica completa.
Solo altri primati, quelli del vecchio mondo e noi sapiens, percepiamo distintamente il verde\rosso, che assieme alla visione precedente aggiungono la percezione tricromatica.
Mi sono spesso interrogato come e soprattutto perché gli esseri umani percepiscano più tinte e colori di altre specie; la risposta viene, oltre che dalla complessità della nostra mente, anche da fattori del tutto naturali (Quando anche noi eravamo naturali…).
Infatti sembra che la percezione, ad esempio del rosso\verde, sia da mettere in relazione al cibo: tanto è vero che i nostri avi erano fondamentalmente vegetariani e frugivori; e per loro era vitale scorgere i frutti dei boschi e della giungla, in particolare le bacche rosse e tutti i loro derivati, che facevano parte integrante della loro alimentazione: la possibilità di scorgerle sul fondo verde della foresta tropicale era una costante indispensabile di vita, come quella di notare subito le foglie dei tropici più giovani (rossicce) rispetto a quelle più vecchie verdastre e non più commestibili. Abbiamo così sviluppato la possibilità di “vedere” questi due colori che a tantissime altre specie manca.
Come branco di animali di grandi dimensioni, dopo aver imparato a farci la guardia l’un l’altro e soprattutto a difendere la prole, eravamo esposti a relativamente a pochi predatori e questo ci ha dato il “tempo” per goderci la natura e perfezionare la nostra visione, assimilando sempre più tonalità.
Infatti i predatori puri, come i grandi felini, ad esempio, o le loro prede dirette, come roditori o gazzelle, percepiscono immensamente più di noi il “movimento”; un minimo fruscio visivo li allerta immediatamente, in quanto un ondeggiare dell’erba, una canna spezzata può essere sinonimo o fonte di vita o morte.
Noi abbiamo di fatto invece aumentato la nostra specularità ed astrazione, fino ad aggiungere una tavolozza incredibile alla nostra vita.
In questo siamo predisposti ad essere “artisti” e a godere dell’Arte. In primo luogo di quella della natura; ma anche di quella da noi generata.
Anche perché i colori stimolano ben più che la nostra vista, bensì il nostro umore, ed in particolare la nostra percezione del sapore ed olfattiva: addentando delle fragole esageratamente rosse il nostro senso del gusto verrà allertato maggiormente che se invece se ci cibassimo di altre dal colore più smunto o verdognolo, percependo le prime come più succose e godibili delle seconde, anche se di pari sapore. Così sarà più facile addormentarci in una stanza dai toni verdi pacati, che in qualche modo ci ricordano la quiete e tranquillità di una radura, piuttosto che in una stanza dalle pareti rosso vivo.
La cosa che più mi ha colpito, in queste ricerche, è come sia di fatto la nostra mente a generare i colori, perché in realtà gli oggetti non sono minimamente colorati e nemmeno i fasci di luce che li raggiungono lo sono: in realtà gli oggetti, inondati da una luce bianca, ne trattengono la gran parte e ne rilasciano solo alcune frequenze, le quali vengono colte dalla nostra coscienza e rielaborate e percepite come appunto tinte e colori.
Una cosa a dir poco stupefacente, che sempre più ci avvicina alla teoria, sempre molto più estesa ed accettata, che di fatto siamo proprio noi e solo noi ad inventare ciò che ci circonda, la stessa materia, intendo.
Trovo straordinario tutto ciò: in effetti, anche se nemmeno ci facciamo più caso, trasformiamo in continuazione, la realtà in una “nostra” realtà, fatta di infinite variazioni cromatiche, che, oltre che visive, sono anche parzialmente tattili, olfattive e relative al gusto, e che ci emozionano costantemente.
Luci e ed ombre sono perciò abbellite, trasformate, variate in una fantasmagoria illimitata: colori, tinte, sfumature inebriano in continuazione la nostra percezione come intensi e deliziosi profumi.
Un paragone, questo, tra colori e profumi, che risulta quanto mai calzante ed evocativo nella sua somiglianza e bellezza. Ed un modo certamente piacevole di concludere questo articolo.
Roberto del Frate ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.