“Era una persona profondamente malinconica e nella sua malinconia riusciva a trovare il momento e il guizzo per una felicità artificiale; ma in quella felicità egli sapeva travasare la sua carica umana nei confronti dell’amicizia. Questo era il pregio di Rosignano”.
Con queste parole il critico d’arte Enzo Santese sabato 28 novembre ha inaugurato “Il mondo di Rosignano”; una mostra dai toni variegati, allestita negli spazi della Galleria Rettori Tribbio di Trieste, dedicata a Livio Rosignano, che recentemente ci ha lasciati.
“Il mondo di Rosigano” racchiude una trentina di quadri, alcuni dei quali visti pochissime volte, e che proprio per questo motivo meritano una maggiore attenzione.
L’aspetto dolente della contemporaneità è quasi sempre presente nelle opere di Rosignano, dove ogni cosa sembra acquisire una componente di tristezza.
I luoghi immortalati dal pittore sono a noi molto cari: ritraggono “ambiti della città che sono ormai confinati nella storia” – ha sottolineato Santese – come i caffè immersi nel fumo delle sigarette, dove l’architettura sembra dolcemente perdersi.
Il Caffè San Marco, il Caffè Tommaseo, squarci della città, piccoli pezzi di vita quotidiana, tutto ciò fa parte del nostro vissuto e Rosignano ce lo ridà attraverso la pittura. I suoi dipinti non solo immortalano una situazione, un momento, ma lo caricano di energia, emozioni, sempre con quel leggero velo di malinconia che caratterizza la sua arte.
Ma Rosignano non si è soltanto limitato a dipingere ciò che lo circondava, bensì anche il silenzio inteso come luogo, luogo che veniva da lui tolto dai contesti di umanità – un esempio è il dipinto raffigurante il suo studio.
L’ultima fase abbraccia una nuova tematica, quella della bora, che Rosignano ha rappresentato attraverso un dinamismo compositivo, ricreando l’atmosfera che la bora riesce a produrre e che ben vediamo nei quadri presenti in mostra.
Lui ha da sempre prediletto le tonalità basse, buie, perché – ha ricordato Santese – “la luce la trovava dentro la verità delle cose che evocava”.
Molto evocativo l’autoritratto all’ingresso, dalle pennellate decise che sprigionano un colore energico e travolgente; interessante anche l’autoritratto che vede Rosignano in un “Campo di grano con volo di corvi”, con evidente riferimento a quello di Van Gogh. Definire Rosignano un pittore espressionista sarebbe troppo riduttivo, perché la sua arte è stata – e lo è tuttora – molto di più.
Una mostra, questa, che vuole ricordare un grande uomo, oltre che un grande artista.
Caro Livio
Ti posso solo dire grazie per la tua pittura, per quei caffè e osterie nei quali mi sento di casa anch’io e che sono il nostro Teatro del Mondo, la sballottata ma accogliente arca di
Noè, che forse non ci salverà dal diluvio ma ci permette di amare i
compagni di viaggio, di fare qualche partita di cotecio e bere qualche buona bottiglia. Sarei felice se un giorno si dicesse di un mio libro ciò che Carlo Ulcigrai, in una straordinaria pagina, ha detto del tuo quadro: “una semplice frase senza nulla di angoscioso: un messaggio lasciato là ai piedi del cavalletto, un torno subito indirizzato alla Parca”. (Claudio Magris)
Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.
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