Il Castello di Miramare, monumento nazionale, è sicuramente il luogo più visitato dai turisti che in ogni periodo dell’anno giungono nell’area triestina. La sua struttura imponente, con le forme archittetoniche rivestite in pietra bianca d’Istria, sembra quasi fare in modo che Miramare (nelle giornate di sole) possa essere osservato anche dalle “rive” della città di Trieste, nel tratto antistante alla celebre piazza Unità d’Italia (già “piazza grande”). Il castello venne edificato per volontà dell’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo-Lorena, fratello del celebre imperatore d’Austria e re d’Ungheria Francesco Giuseppe I (1830-1916) e in seguito detentore della corona imperiale messicana (fino al suo decesso, avvenuto per mano degli oppositori repubblicani, a Santiago de Quéretaro il 19 giugno 1867). Massimiliano apparteneva quindi ad una delle famiglie più importanti d’Europa, che tra i suoi antenati contava l’imperatore Carlo V (“Sul mio impero non tramonta mai il sole”) e la grande Maria Teresa (1717-1780): l’ “arciduca di Miramare” nasceva il 6 luglio 1832 al castello di Schönbrunn, divenuto dimora estiva della famiglia imperiale proprio per volontà di questa grande sovrana, amatissima dal popolo.
Massimiliano cresceva quindi come secondogenito della Casa d’Austria. Colto ed affascinante, sin da giovanissimo si dimostrava interessato alle vicende della marina militare, divenendo in seguito contrammiraglio della flotta austriaca. Nel 1857 diventava governatore (viceré) del Regno Lombardo-Veneto, in sostituzione dell’ormai anziano feldmaresciallo Josef Radetzky (1766-1858). Il 26 luglio dello stesso anno sposava a Bruxelles la principessa belga Marie Charlotte Amélie Augustine Victorie Clémentine Leopoldine de Saxe – Coburg – Gotha (Carlotta del Belgio, 1840-1927), figlia di re Leopoldo I e della sua seconda moglie Luisa d’Orléans. Due anni dopo, nel 1859, l’arciduca veniva congedato dal suo ruolo di reggente austriaco in Lombardia. Dal 1855, anno in cui secondo la leggenda era sbarcato per inaspettato maltempo nella baia di Grignano, Massimiliano aveva iniziato a commissionare dei progetti al fine di poter costruire una splendida dimora sul territorio triestino. La proposta definitiva, elaborata dall’architetto Carl Junker, veniva approvata nel 1858, due anni dopo l’acquisto del comprensorio. Massimiliano non vide mai concluso il suo castello: di fatto, il suo sogno non ebbe modo di realizzarsi.
Alcune fotografie d’epoca, realizzate dallo studio fotografico Sebastianutti di Trieste nel 1867, ci testimoniano l’aspetto originale di alcune sale dei piani superiore ed inferiore. Quest’ultimo, che con la cosiddetta “Cabina” (la stanza da letto dell’arciduca), apre il percorso di visita al castello dal lontano 1955 (anno di fondazione del “Museo Storico del Castello di Miramare“), per volontà dello stesso Massimiliano fa in modo che il mare “entri” nell’ambiente domestico (attraverso le finestre, ma anche con la sapiente scelta coloristica per la tappezzeria). In particolare, le porte di una tra quelle stanze un tempo si aprivano occasionalmente per far passare gli ospiti che dal porto giungevano al castello: si tratta della sala cosiddetta “della Rosa dei Venti”, che prende il nome dal quadrante (tutt’ora funzionante) posto sul soffitto. Gli stemmi di Massimiliano, degli Asburgo-Lorena e della Casa Reale del Belgio circondano questo elemento: entrambi gli arciduchi, moglie e marito, vengono omaggiati nel contesto di un celebre dipinto, conservato presso questa stessa sala. “Sto ultimando un mio quadro grande che rappresenta una festa notturna sull’acqua dirimpetto la Piazzetta di Venezia. Il quadro è di commessione di sua Altezza l’Arciduca, che desidera in presenza della corte di Vienna offrirlo alla sua sposa pel giorno 4 giugno…”. Sono queste le parole che ci testimoniano quanto impegno Ippolito Caffi (1809-1866) avesse dedicato alla realizzazione della preziosa tela (1858) che rappresenta la festa notturna offerta dalla città di Venezia nella calda serata del 2 agosto 1857 in occasione della visita degli arciduchi Massimiliano e Carlotta alla città lagunare.
È proprio questo dipinto, insieme alle altre tele, ad essere presente nel “corpus” della mostra “Ippolito Caffi: dipinti di viaggio tra Italia e Oriente“ allestita presso lo stesso castello di Miramare e aperta al pubblico dal 9 luglio all’8 dicembre 2015. Nato a Belluno il 16 ottobre 1809, Caffi riceveva la sua prima formazione artistica sotto la guida dei maestri A. Federici e A. Tessari. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti della città di Venezia, cosciente del fatto che in laguna si facesse ancora tesoro degli “ingombranti” modelli settecenteschi, decideva di trasferirsi a Roma (dove nel 1832 raggiungeva l’amico Pietro Paoletti). Le vedute romane, suggestive e di grande effetto, furono realizzate da Caffi nel corso di molti soggiorni; lunghe permanenze che egli alternava con i suoi rientri presso la città di Venezia. La prima sala dell’esposizione, che raccoglie diverse vedute realizzate dal Caffi nelle città sopra citate, ci dimostra soprattutto negli scorci d’ambito veneziano la grande abilità del pittore nella resa della luce, naturale o artificiale che sia. Ne é un rilevante esempio la già citata “Festa notturna in onore degli arciduchi Massimiliano e Carlotta”. Nel dipinto risaltano i punti luminosi, evidenziati dalla rappresentazione in notturno: sono sicuramente quelli delle lanterne presenti sulle imbarcazioni, ma anche e soprattutto quelli dei cosiddetti “fuochi di bengala” (uno rosso, centrale, che riflette la sua luce sui palazzi; l’altro bianco, quasi spettrale, che illumina una piccola area della Piazzetta). Tuttavia, nell’ambito di questa scena non è soltanto la luce artificiale a “farla da padrone”: un raggio luminoso fende anche le nubi del cielo. Le figurette, quasi immobili nella solennità della festa, assistono al grandioso spettacolo che la città offre ai novelli sposi. Richiamano lo stesso tema, legato anche alla natura artificiosa della luce, diverse altre opere collocate a loro volta nella prima sezione della mostra: “Fuochi di bengala sul Canal Grande” (1844-49) e le due rappresentazioni della città di Roma “Colosseo illuminato a fuochi di bengala” (1874) e “Carnevale d Roma. La festa dei moccoletti” (1837, tema più volte replicato).
La “Sala del trono”, enorme spazio ufficiale presente al primo piano del castello di Miramare, è dedicata al trionfo della dinastia asburgica (glorificazione della Casa d’Austria). In particolare, partecipano a questo eccezionale piano iconografico i due grandi dipinti delle pareti lunghe (Johann Nepomuk Geiger, “Allegoria dei domini di Carlo V”: Massimiliano, una volta acquisito il trono del Messico, intendeva rievocare l’impero asburgico così come appariva nel periodo della sua massima espansione; Eduard Heinrich, “Albero genealogico della Casa d’Austria e di Lorena”, 1860) e la schiera di ritratti posti in alto e raffiguranti gli antenati della famiglia Asburgo (opere realizzate da copisti, nell’ordine si riconoscono: Rodolfo I, Federico III, Massimiliano I, Carlo V, Ferdinando I, Rodolfo II, Mattia, Ferdinando II, Ferdinando III, Leopoldo I, Giuseppe I, Carlo VI, Francesco II, Elisabetta d’Austria – regina di Francia – e Carlo – infante di Spagna). Uno sguardo intenso osserva i visitatori dal fondo della sala, accanto al trono: è quello del Massimiliano imperatore, ritratto dal messicano Santiago Rebull (1865). Proprio al centro di questo ambiente trionfale risaltano le vedute realizzate da Ippolito Caffi tra il 1843 e il 1844: Napoli, la Grecia, l’Egitto. In questo modo, i vibranti colori degli scorci tipici della città partenopea vengono accostati alla “luce vivida” e alle “tonalità smaltate” del paesaggio d’oriente. Caffi resta incantato da queste società per molti versi caotiche (basti pensare al “Bazar di Scialli ad Alessandria” del 1844, folkloristico e ancor più animato dai colori delle vesti e degli scialli), assai differenti rispetto al loro corrispettivo europeo. Caffi fa una scelta strana nell’atto di partire per l’oriente (potremmo considerarla scandalosa secondo la mentalità dell’epoca): intraprendere il viaggio da solo, contrariamente ai colleghi che lo avevano sempre fatto al seguito di spedizioni organizzate. D’altra parte, questa avventura rappresenta la realizzazione del suo sogno: “Quando un artista può esser libero, si può anche in questo mondo gustare qualche istante di felicità” (parole dello stesso Caffi). Al principio e al termine del suo viaggio ideale condotto attraverso le stanze del castello, il pittore veneto incontra anche l’arciduca austriaco, padrone di casa. Massimiliano d’Asburgo è a sua volta un grande viaggiatore: una bacheca nella prima sala dell’esposizione ci mostra i suoi diari pubblicati. Nel medesimo spazio possiamo ammirare un suo ritratto giovanile, con i gradi di contrammiraglio della flotta austriaca. La “sala dei gabbiani”, al primo piano di Miramare, conclude ufficialmente il tracciato espositivo che in gran parte rende omaggio all’arte di Ippolito Caffi. Sul soffitto della stanza sono raffigurati trentasei gabbiani in volo: ciascuno di loro regge nel becco un cartiglio con un motto latino. Questi elementi circondano gli stemmi del Belgio, dei Sassonia, degli Asburgo e dei Lorena, rappresentati al centro: trionfa in questo spazio lo stemma arciducale di Massimiliano, insieme a quello del suo antenato omonimo (l’imperatore Massimiliano I, già ricordato nella sala del trono). Fanno parte della decorazione permanente di questa sala alcuni curiosi dipinti, realizzati ancora una volta da Johann Nepomuk Geiger e voluti dall’arciduca in perpetuo ricordo del viaggio che aveva intrapreso insieme al fratello minore Carlo Ludovico (1833-1896) nei territori della Grecia e della Turchia (1850). Colpisce in particolare, per la sontuosità degli ambienti e dei costumi, la tela raffigurante “Massimiliano con il pascià di Smirne” (“ci aveva invitato per un pranzo secondo l’antica tradizione turca…ci sedemmo su bassi e morbidi sgabelli e la compagnia si divise in due tavoli. Halil pascià, il principe Jablonowsky, il barone Koller, il console generale, mio fratello e io ci sedemmo a uno di questi ripiani, impazienti di vedere cosa ci sarebbe stato offerto”).
La mostra relativa ad Ippolito Caffi è stata curata dalla dottoressa Annalisa Scarpa, il catalogo è stato stampato da Marsilio. La maggior parte delle opere esposte sono di proprietà dei Musei Civici di Venezia, concesse in eredità nel 1889 dalla vedova del pittore Virginia Missana (testamento del 1888). Merita di essere citata, al termine di questo articolo, una considerazione di Massimiliano d’Asburgo riportata anche sui pannelli presenti nell’ambito dell’esposizione: “Il mare è sempre attraente, perché i suoi confini e le sue profondità non possono essere raggiunte dall’occhio, perché è un corpo unico, che però ha le sue infinite gocce i suoi milioni di onde” (16 gennaio 1852).
Nadia Danelon © centoParole Magazine – riproduzione riservata
[Un’inguaribile modernista: rubrica d’arte moderna a cura di Nadia Danelon]
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“Il Castello di Miramare, monumento nazionale, è sicuramente il luogo più visitato dai turisti che in ogni periodo dell’anno giungono nell’area triestina”. Mi inserisco in questo bell’articolo di Nadia Danelon, che tratta d’arte, riprendendo, in un contesto diverso, proprio questo punto: Castello di Miramare, monumento nazionale. “Il Parco è uno stupendo esempio di giardino inglese (22 ettari) esteso sul promontorio che interrompe a metà circa la costa del Golfo triestino, tra Trieste e Sistiana. Opera progettata sempre da Carl Junker…” ; “Il Castello di Miramare, circondato da un rigoglioso parco ricco di pregiate specie botaniche …”. “Il Monumento è la principale attrazione di Trieste con 3.408.662 visitatori nel 2010.” . L’anno scorso anche centoParole visitò il castello; lo scopo era un reportage fotografico formativo. Memori di tempi passati, non ci aspettavamo di trovare ciò che invece, già dall’ingresso, fu immediatamente evidente.
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[il parco del Castello di Miramare nell’estate del 2014]
Seguì poi la partecipazione di centoParole a una lunga conferenza (con la presenza del FAI, del Rotary e di altre autorità triestine e regionali) nella quale fu raccontata ai partecipanti la storia del castello, con dovizia di dettagli sul passato e su come l’opera era stata, con maestria, realizzata; per quanto riguardava il presente, e il futuro, si descrivevano il fungo infestante che aveva provocato il degrado, si parlava di alcune aree su cui era già stata fatta pulizia, si illustrava la (comprensibile) difficoltà degli interventi caratterizzati da un (per nulla inaspettato) costo elevato, e si passava molto il testimone fra l’uno e l’altro degli enti pubblici partecipanti, senza che ci fosse, molto sinceramente, possibile capire bene in mano a chi questo testimone dovesse rimanere, e chi fosse veramente il responsabile che avrebbe dovuto – perlomeno, così speravamo – annunciare il recupero del parco dall’uno (o dall’altro) lasciato nel degrado, ed entro quando questo recupero sarebbe stato fatto.
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[il parco del Castello di Miramare nell’estate del 2015]
È passato un anno. Siamo tornati a Miramare. Oggi, mentre scriviamo, il castello che era stato il sogno di Massimiliano d’Asburgo non appare ai visitatori in uno stato di miglioramento degno di nota. L’abbiamo rivisitato assieme a un corrispondente statunitense che, dalle foto viste su Internet (quelle belle – quelle con i giardini in fiore e i sentieri del parco aperti) si aspettava qualcosa di molto diverso.
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[il parco del Castello di Miramare nell’estate del 2015]
Un po’ di bianco sulla facciata del varco d’ingresso, un po’ di sterpi tolti dalle vasche e un minimo di pulizia e cura in più nei percorsi principali mostrano qualche segno di intervento. Alcuni percorsi sono stati messi in sicurezza, e sulle serre, anche se non è facile capire quando saranno finite, si sta lavorando. In compenso, però, buona parte della vegetazione è ancora allo stato selvaggio, altre parti che non erano chiuse ora (in pieno periodo turistico) lo sono, e su quelle dove è già passata la mano dell’uomo si nota un effetto, ma è poco.
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[il parco del Castello di Miramare nell’estate del 2014]
Mentre Trieste diventa, in occasione di Expo 2015 e alla presenza del sindaco Roberto Cosolini e della presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, ‘la capitale del caffé’ (avvenimento che fa senza dubbio piacere), l’unica cosa che si sa ormai quasi per certa della Miramare di Massimiliano – che rappresenta Trieste stessa agli occhi del mondo, e che è nel cuore dei suoi cittadini forse quasi più di ogni altra cosa – è che si pagherà il biglietto per entrare. Forse molto si sta facendo; forse noi sappiamo troppo poco. Torneremo, con le nostre fotografie, anche l’anno prossimo.
Il direttore – Roberto Srelz