Vittoria Mauro: C’era una volta

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Vittoria Mauro - C'era una voltaQuando mi sono recato a vedere la mostra fotografica di Vittoria Mauro “C’era una volta…” ero curioso e, lo ammetto, leggermente prevenuto. Come affrontare il tema delle foto di bambini in ambientazione fiabesca dopo che l’australiana Anne Geddes ha letteralmente saturato l’immaginario di questo tipo di fotografia con i suoi scatti? E come affrontare l’argomento “fiaba” e quello che è i lato dark di parecchie delle fiabe più note?

Ma, come dice chiaramente la parola, essere prevenuti è un limite, che poi spesso i fatti e un minimo di ragionamento sulle cose fanno franare il pregiudizio.
Vittoria Mauro, triestina di adozione e con una fetta della propria abbondante passata negli USA, è una fotografa che ha fatto della fotografia di carattere famigliare il suo mestiere, e a guardare i portfolio presenti sulla sua homepage è un mestiere che fa bene e con una personale passione. Non è un ripiego per lei fare ritratti di bambini, battesimi matrimoni ecc. ma una scelta precisa e, a guardare il suo lavoro sentita.

Al bar “Urbanis”, sito in piazza della Borsa qui a Trieste, c’è una sua mostra personale composta da una serie di fotografie di bambini di età compresa tra i 12 giorni e l’anno, collocati e ritratti in un contesto ispirato al mondo delle fiabe classiche. Quello che è evidente in ogni foto sin da subito è la meticolosa preparazione del set, in cui ambiente, vestiti, luci, composizione sono ben curati e contestualizzati. Poi ci sono i bambini, che notoriamente e specialmente in questa fascia di età non è che siano i soggetti più collaborativi al mondo, immersi così come son loro in un mondo di stimoli interessanti e devoti solamente (e giustamente) alla loro curiosità, umore e sentire. La tentazione all’osservatore riguardo alle foto fatte in studio è il pensiero che gli scatti siano buoni alla prima o poco via, ma non è così… gli scatti sono parecchi e il lavoro di selezione ne post produzione in questi casi è davvero notevole.

Vittoria Mauro - C'era una voltaA Vittoria non ho domandato come mai avventurarsi in un terreno scivoloso come questo per la sua prima personale, un terreno in cui una come la Geddes pare aver detto tutto fino a saturare il nostro immaginario. Non lo domando perché Vittoria si è sicuramente questa domanda decidendo di andare avanti e dare visibilità al proprio immaginario. Ha a parer mio fatto benissimo, perché non è che ci dobbiamo far schiacciare nelle aspirazioni solo per fatto che un fotografo abbia saturato il mondo del merchandising con le sue immagini, sia perché il risultato premia.

Quello che domando a Vittoria è come si sia confrontata con un terreno ispido come quello della fiaba, ricco di sottostesti cupi e elementi simbolici che, astrattamente, poco sembrano avere a che fare col mondo dell’infanzia. Lei si stupisce e sorride di questa mia visione un po’ dark dell’argomento fiaba, dicendomi che lei nella fiaba vede uno spazio leggero, di gioco e sogno. Così dicendo mi ricorda il perché esistano le fiabe. Per preparare i bambini del mondo che affronteranno crescendo, dei suoi rischi e zone buie, ma anche per preservare in loro il senso del magico, non certamente per non farli dormire la notte, ma il contrario per farli addormentare sereni, magari anche con un sogno di quelli che ricorderanno con felicità al risveglio.
Vittoria Mauro nelle sue foto è a questo aspetto che si rivolge e nel suo studio cerca di ricreare uno spazio protetto e giocoso per l’immaginario dei bambini, uno spazio che, e questa una cosa che è davvero bella, lei stessa partecipa pienamente, godendoselo fino in fondo.

Così le foto di Vittoria Mauro si dipanano all’interno dell’Urbanis svelandoci i suoi set e costumi con cui lei e i bambini ritratti han giocato, per rivivere ora i “Vestiti nuovi dell’imperatore”, ora “Hansel e Gretel” e con loro altre fiabe celebri che ci riportano a quell’immaginario qualsiasi sia la nostra età.

E forse è questo il pregio della mostra “C’era una volta…” , il farci ricordare qualcosa che Pablo Neruda riassume in una frase celebre .. “Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé.

Vincenzo Russo © centoParole Magazine – riproduzione riservata

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