Andrea Iacomini: il portavoce dell’UNICEF Italia

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Il Portavoce dei BambiniIeri, lunedì 27 aprile, nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Trieste, si è tenuta la conferenza dal titolo “Il portavoce dei bambini”, nella quale è intervenuto Andrea Iacominiportavoce dell‘UNICEF Italia.
L’incontro è stato introdotto da Andrea Favretto – Direttore Vicario del Dipartimento di Studi Umanistici – che ha portato i saluti da parte del Dipartimento e ha augurato a tutti buon ascolto.
A moderare la conferenza è stato Roberto Vitale – Docente di Teorie e Tecniche del Linguaggio Giornalistico e Radiotelevisivo – il quale ha voluto sottolineare l’importanza di questo incontro – tra Andrea Iacomini e i ragazzi – che spera possa essere scambio di arricchimento, e faccia emergere la curiosità degli studenti.
Tra gli ospiti in sala, erano presenti Giovanni Marzini – ex Caporedattore della sede RAI di Trieste e Presidente del Co.Re.Com – e Francesca Fresa – per un periodo, ha collaborato, tramite la società di comunicazione “Eventi Made in Italy”, con la RAI.

Andrea Iacomini ha iniziato la conferenza parlando di come è diventato il portavoce dell’UNICEF Italia: “Prima di arrivare all’UNICEF, facevo il portavoce ‘finto’ di un’assessore dell’infanzia del Comune di Roma: mi ritrovai a scrivere comunicati stampa, che non è proprio il lavoro del portavoce.
Sono entrato all’UNICEF quando è crollata la giunta Veltroni: tutti i ragazzi che lavoravano in quella giunta – dove c’ero pure io – sono rimasti disoccupati e così, per un anno, ho cercato lavoro, mandato curriculum; poi mi è arrivata una chiamata da parte dell’UNICEF, dove sono entrato come Capo dell’Ufficio Stampa.
All’UNICEF, era appena arrivato un Presidente molto giovane, che aveva bisogno di un Capo Ufficio Stampa per rilanciare l’organizzazione, anche se è un brand che va avanti da solo – perché riconoscibile nel mondo – faceva fatica a finire sui giornali, a farsi sentire, e così sono stato chiamato in veste di Capo Ufficio Stampa. Sono sceso sul campo di battaglia insieme a questa organizzazione per poter recuperare spazi sui media, per cercare di raccontare il più possibile le cose di cui si occupa l’UNICEF”.

Dopo un excursus su come sia arrivato all’UNICEF, Andrea Iacomini ha raccontato agli studenti di Scienze della Comunicazione che il ruolo del portavoce dell’UNICEF è recente: prima non esisteva, non ce n’era nemmeno il bisogno: il brand faceva tutto da sé.

Quando il giovane Presidente è andato via – nel frattempo, noi dell’UNICEF Italia siamo diventati il primo Ufficio Stampa del mondo, all’interno di questa organizzazione – ne è stato eletto un altro, molto più anziano, che non riusciva a fare ciò che faceva il suo predecessore. Si è cercata così una figura alternativa al Presidente: quella del portavoce. Infatti, chi poteva parlare con i giornalisti, andare in televisione, scrivere sui social network? Il portavoce.
Il portavoce se non viaggia, se non vede le cose che accadono con i propri occhi, resta un ufficio stampa. La difficoltà del portavoce è quella di raccontare ciò che vede alla stampa e alla televisione che di solito non riportano queste notizie, oppure le fanno conoscere solo quando queste esplodono, o quando c’è un fatto di cui vale la pena parlarne. Il portavoce non ha orario, lavora il sabato e la domenica, ha sempre il cellulare acceso.
Mai avrei potuto fare quest’attività, se non l’avessi affiancata ad un durissimo lavoro quotidiano suoi social network. Ogni giorno coinvolgevo personaggi famosi chiedendo loro di aiutarci.
Il portavoce tesse relazioni, utilizza i social in continuazione, fino quando qualcuno non risponde. Tante persone famose mi hanno contattano per aiutare l’UNICEF e continuano a farlo – una delle quali è stata Elisabetta Canalis”.

La conferenza è poi proseguita con alcuni racconti di vita di Iacomini, il quale ha raccontato alcune sue missioni, mostrato fotografie davvero suggestive di ciò che ha visto e fatto conoscere ai presenti l’attività dell’UNICEF Italia. L’incontro si è concluso con una parentesi sul Premio Luchetta – il premio più importante per quanto riguarda l’infanzia – che si svolge a Trieste ogni estate. A spiegare questo significante premio è stato Giovanni Marzini: “Nel 1994, a Mostar Est, una troupe della sede Rai di Trieste, che stava realizzando un servizio sui bambini, viene colpita; muoiono tre persone: il giornalista Marco Luchetta, l’operatore Alessandro Ota e il specializzato di ripresa Dario D’Angelo. Nemmeno due mesi dopo un altro operatore triestino, Mirian Hrovatin, moriva a Mogadiscio.
In quei giorni nasce una fondazione che si occupa di bambini. Il Premio internazionale Marco Luchetta prende il via – proprio nel decimo anno dell’anniversario della Fondazione – per far sì che il ricordo di questi colleghi resti vivo. Questo premio giornalistico dà dei riconoscimenti a chi fa un determinato tipo di giornalismo. Quest’anno siamo giunti alla dodicesima edizione; un premio che – siamo orgogliosi di dirlo – sta crescendo dal punto di vista qualitativo, ed è diventato sempre più internazionale”.

Che cos’è il premio UNICEF i Nostri Angeli? A rispondere è Andrea Iacomini.

Ho scoperto Francesca Fresa sui Social (lei si occupa del premio Luchetta n.d.s); l’UNICEF e il Premio Luchetta si sono conosciuti proprio lì, in internet. Abbiamo incominciato a scriverci e da lì sono diventato il figlio adottivo del premio Luchetta. Francesca, lo scorso anno, mi ha invitato al Premio. Io ho partecipato alla loro attività e quest’anno abbiamo deciso di istituire il premio UNICEF i Nostri Angeli.
La Fondazione Luchetta Ota D’angelo Hrovatin si occupa dei bambini vittime delle guerre e li cura in Italia. È un’attività bellissima. Abbiamo deciso – loro che operano tantissimo qui, e noi che ci occupiamo dei bambini nelle zone di guerra – di istituire un premio alla rivista che più di ogni altra si è distinta in questi temi. Due ore fa, abbiamo deciso di premiare Famiglia Cristiana, perché è stata, giorno e notte, vicina a noi dell’UNICEF, in tutte le attività che abbiamo fatto. Il premio UNICEF i Nostri Angeli è un premio che consegneremo a Trieste, in luglio.

Ricordiamo che il 29 e il 30 giungo e l’1 e il 2 luglio, nel cortile interno del Palazzo della Regione, in Piazza dell’Unità d’Italia a Trieste, dalle 17 alle 21, ci sarà una serie di incontri con alcune grandi firme del giornalismo. Uno degli appuntamenti sarà condotto da Andrea Iacomini, che consegnerà a Don Sciortino – Direttore di Famiglia Cristiana – il premio UNICEF.

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Quali sono le caratteristiche principali che deve avere un portavoce dell’UNICEF?

Una grande passione, conoscere da vicino i luoghi dove si svolgono le emergenze, guardarli con i propri occhi e raccontarli alle persone, ai cittadini, agli italiani; raccontarli nella maniera più giusta e non fermarsi mai, quindi avere la capacità di poterli riferire ogni giorno, anche nei momenti più difficili – in particolar modo quando ci sono delle emergenze in corso. Credo che la missione del portavoce sia quella di andare dove accade tutto questo e fissarlo nella mente, per poterlo poi raccontare nel migliore dei modi.

Adesso, come sta agendo l’UNICEF Italia per il Nepal?

Aiuta il NepalIn questo momento, per il Nepal abbiamo portato i nostri aiuti: ci sono delle scorte alimentari che erano già state stoccate quando è scoppiata l’emergenza, quindi, in realtà, i nostri operatori che già vivevano e lavoravano in quelle zone, erano pronti per qualsiasi evenienza; perciò, abbiamo portato aiuti alimentari, kit igienici, pasticche per la potabilizzazione dell’acqua. Stiamo proteggendo i bambini che sono rimasti senza genitori, colpiti dal terremoto. Queste sono le prime priorità. Per quanto riguarda la seconda fase: stanno arrivando due cargo con centoventi tonnellate di aiuti e personale per gestire l’emergenza. Siamo naturalmente in prima linea insieme al World Food Programme. Da oggi abbiamo attivato il numero verde 45596, che serve per aiutare in particolar modo i bambini del Nepal – paese che era già agli ultimi posti delle classifiche, per quanto riguarda la povertà, la mortalità infantile, e che ora si ritrova anche distrutto da un terremoto dalle proporzioni enormi.

Qual è la missione che le è rimasta più impressa?

Naturalmente dove sto per tornare, quella mi è rimasta impressa: il 30 maggio, andrò in Giordania, nel campo profughi di Zaatari e Arzaq, a trovare i bambini siriani. Quindi la missione che mi è rimasta più impressa è stata la prima, ovvero quella nel Medio Oriente. In questi due campi profughi, ho incontrato migliaia di bambini, vittime della guerra in Siria. Ho potuto toccare con mano le loro storie, la loro voglia di vita, la loro speranza, ma anche le condizioni difficili in cui sono costretti a vivere – non per colpa loro.

L’UNICEF Italia fa qualcosa per i bambini che arrivano nel nostro Paese?

In questo momento noi siamo attivi nel dialogo con il Governo, per cercare di trovare la soluzione migliore per un impegno dell’UNICEF diretto. Noi abbiamo un mandato internazionale, quindi non possiamo agire sull’Italia, ma contiamo, nelle prossime ore, di trovare un sistema, un modo per intervenire anche qui.

Durante la conferenza aveva detto che l’UNICEF era arrivato in Italia – bombardata e distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale – per aiutare i nostri nonni, i quali hanno ricevuto gli stessi aiuti che voi ora state cercando di dare a chi ne ha bisogno. Ma l’UNICEF Italia quando nasce?

L’UNICEF Italia nasce nel 1974, mentre l’UNICEF è nato qualche anno prima, proprio per aiutare i bambini nelle emergenze. Nel 2014 ha compiuto quarant’anni, e adesso siamo nel suo 41esimo anno di vita; è nata quando sono nato io, è presente in 190 paesi ed è una struttura che nel corso degli anni si è molto trasformata. Oggi siamo impegnati nelle maggiori emergenze del mondo, in particolar modo in Siria, Centro Africa, Sudan, Gaza, Iraq. In Italia siamo al terzo posto nel 5×1000, siamo leader nel settore dei media, della stampa, insieme ad altre organizzazioni. Come tutte le strutture, abbiamo conosciuto momenti facili, altri difficili, oggi però abbiamo una soddisfazione: c’è una grande riconoscibilità, una grande attenzione e credibilità nei confronti dei media.

Ora le leggo un pezzo tratto dall’autobiografia di Roger Moore

Roger Moore è un nostro grande ambasciatore!

Esatto! Ed è proprio grazie ad Audrey Hepburn che si è avvicinato all’UNICEF. Nel suo libro scrive: L’incredibile passione di Audrey per l’UNICEF, come scoprii, derivava soprattutto dal fatto di essere stata lei stessa aiutata dall’organizzazione, da bambina, alla fine della seconda guerra mondiale.
“Sono venuti ad aiutare migliaia di bambini come me, vittime affamate da cinque anni di occupazione tedesca in Olanda” mi disse. “Eravamo ridotti quasi in estrema povertà, come i Paesi in via di sviluppo di oggi – perché è la povertà che è alla radice di tutte le loro sofferenze, l’indigenza, il non avere i mezzi per aiutarsi. L’UNICEF li mette in grado di diventare autosufficienti e vivere con dignità.”

È ancora vero questo?

Sì, è ancora vero, è vero e fa di più: li aiuta a costruire nuove vite, li porta a scuola, dà loro istruzioni, risolve i traumi che hanno dovuto subire a causa del tipo di vita che hanno vissuto negli ultimi anni. L’UNICEF fa questo e fa molto di più. Oggi, grazie a nuove tecnologie, grazie agli impegni di un sempre maggiore numero di operatori, stiamo davvero raggiungendo gli irraggiungibili, gli invisibili. L’UNICEF è sempre in prima linea, in tutto il mondo, forse anche di più rispetto a quando c’era Roger Moore.

E gli italiani come reagiscono?

Gli Italiani percepiscono sempre l’UNICEF come una grande agenzia internazionale, che si occupa di bambini. In questi anni abbiamo fatto un grande lavoro di rinnovamento, di cambiamento, di velocità, di adeguamento ai tempi, che sta dando dei buoni frutti.

Ringrazio Andrea Iacomini per l’interessante pomeriggio che ci ha regalato.

Nadia Pastorcich @ centoParole Magazine – riproduzione riservata

Foto gentilmente concesse da Lisa Marchetti

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