Patrizia di solito non rimane in ufficio così fino a tardi. E’ l’unica impiegata. Per non sentirsi troppo sola annaffia le piante che tiene sul pianerottolo ma non ha il pollice molto verde. Quando sono le 20 sbatte la porta dello studio e se ne va a casa senza prendere l’ascensore. Il suo sorriso è sempre cordiale ma spento: un po’ come questo black-out condominiale, conviviale ma non per questo meno scuro. Stasera ha fatto così tardi perché spera di conquistare il suo capo con la sua professionalità e impegno: domani è un giorno importante per il fisco. Non è quel tipo di segretaria che seduce il capo lei, proprio no… Lei crede ancora nella meritocrazia… povera illusa.
Stefano si trova ora a dover spostare continuamente il suo faro da una bocca all’altra mentre le tre donne commentano concitate la questione della mancanza di luce. Fanno riferimento a fusibili e generatori senza nemmeno conoscere il vero significato di queste parole, ma intanto pronunciarle ad alta voce appare rassicurante.
A questo punto si è svegliato anche il Sig.Gustavo Gamberini, che esordisce sul pianerottolo con un brusco -Cos’è questo baccano?!-
Il Sig.Gamberini è un uomo elegantissimo anche in vestaglia da notte. Quelle che indossa non si possono definire nè ciabatte nè pantofole: sono piuttosto scarpe da interni.
E’ leggermente spettinato, forse dormiva.
Non impugna nessun accessorio luminoso.
Si avvicina al quartetto rumoroso con passo felpato e lo zittisce con un involontario ossimoro:
-Non avete mai visto un po’ di buio?-
Da uomo antico quale è (impossibile definirlo anziano) mette a disposizione dei condomini la sua esperienza: bisogna scendere in cantina e controllare che non sia saltato il contatore generale. In una cabina in fondo al corridoio ci sono gli interruttori. Chi scende a vedere?
Stefano si candida immediatamente come volontario, forte della potenza della sua torcia.
Sonia coglie la palla al balzo. Soffia sulla candela e la consegna nelle mani di Patrizia. La giovane segretaria è troppo stanca per reagire. Le fanno male le scarpe e avrebbe bisogno di una doccia calda per sentirsi di nuovo donna. Si ritrova con in mano una candela spenta e davanti agli occhi un’occasione persa.
Sonia si avvinghia al braccio di Stefano e con voce complice sussurra -Vengo io ad aiutarti. Rimaniamo vicini, che non si sa mai cosa possa accadere al buio…-
Il Sig.Gamberini guarda disgustato i due allontanarsi con la torcia. Prima di rimanere completamente al buio strappa dalle mani di Patrizia la candela viola e l’accende con un accendino in radica che ha prontamente estratto dalla tasca della vestaglia ricamata tono su tono. Difficile definirne il colore con una parola, è troppo sofisticato. Difficile descriverne la tonalità con molte parole, non c’è abbastanza luce.
Nella vana speranza che la giovane dirimpettaia e lo zelante vicino risolvano la situazione imboscandosi in cantina, la signora Bruna dà voce alla figlia:
-Tesoro…
-Sì mamma?
-Stanno provando a riattaccare la corrente
-ok…
-E’ questione di poco – aggiunge ottimista
-Speriamo!-
Passano dieci minuti e la luce non torna. Ricompaiono invece i due elettricisti improvvisati, con aria delusa. Stefano è desolato: premere gli interruttori non è servito a nulla.
Sonia è desolata: strofinarsi al buio contro i muscoli del vicino non ha dato risultati.
Bruna, donna più pratica che orgogliosa, decide che è tempo di chiamare rinforzi seri: -Adesso telefono ai pompieri.-
Sparisce nel buio del suo appartamento per pochi minuti. Ha uno di quei vecchi telefoni grigi, con la rotella per comporre i numeri che funziona anche senza corrente elettrica. Un cellulare non lo possiede.
Quando rientra in scena sul pianerottolo ha il viso preoccupato. La voce mammifera di Bruna si è velata di panico. Annuncia con tono degno di un’edizione straordinaria del TG che il black-out coinvolge tutta la città, per non dire addirittura l’Italia intera. I pompieri hanno detto di aspettare e non muoversi da casa. Appena avranno risolto le emergenze più gravi arriveranno anche ad estrarre le persone intrappolate negli ascensori. La città è in delirio. Consigliano di non uscire per strada. E per precauzione contro i ladri che approfittano di questa situazione, meglio rimanere tutti svegli.
Difficile distinguere esattamente quanto il carattere ansioso di Bruna abbia amplificato la notizia e quanto stia davvero accadendo fuori dalle mura gialle del palazzo.
Credendo che Alice non abbia udito attraverso la tromba dell’ascensore le drammatiche notizie nonostante siano state comunicate ad un volume non consentito nei condomìni dopo le 21, Bruna trova ancora la forza vocale per fare arrivare le notizie alla figlia: -Alice…abbiamo chiamato i pompieri…tra poco arrivano-
-Ok noi aspettiamo qui-
Sonia, in un lampo di lucidità linguistica, coglie il plurale nella risposta di Alice e comincia a fare congetture ad alta voce: -Alice non è da sola in ascensore? Ma allora con chi è? noi qui ci siamo tutti. Era accompagnata da qualcuno?- Pare di no.
-Forse è con la ragazza che abita lì?- ipotizza Stefano, indicando l’unica porta chiusa sul pianerottolo.
-Ma non ci abitava una signora anziana un po’ matta?- ribatte Bruna, sentendosi esente dalla definizione che ha appena appioppato all’ipotetica vicina assente.
-Ma chi? quella che attaccava sempre dei pupazzetti assurdi all’esterno della porta?- attacca Sonia- Una volta io e mia figlia le abbiamo fatto uno scherzetto: abbiamo sostituito l’elefantino di pezza appeso alla maniglia con un ippopotamo di peluche che alla mia bimba non piaceva più. Forse non si è mai accorta dello scambio, oppure ha temuto di essere impazzita vedendo trasformarsi l’animaletto appeso. Poverina… Teneva le ghirlande natalizie fino a Pasqua. Poi un giorno non ho visto più niente attaccato fuori dalla porta, nemmeno l’ippopotamo di mia figlia Irene. Un po’ mi dispiace…magari all’elefantino ci era pure affezionata quella povera signora… Chissà se è morta…
-Non è morta. La signora Manzi ha traslocato, adesso ci abita un professore napoletano- Il Sig.Gamberini crede di sapere sempre tutto.
-Io non l’ho mai visto- dice Bruna.
Stefano lo ha visto: -Un paio di settimane fa ho aiutato il professore a portare giù alcuni mobili. Diceva che tornava nella sua bella Napoli. Il tono sembrava un po’ ironico ma vi assicuro che il peso degli scatoloni non era assolutamente spiritoso. Mi dispiace che se ne sia già andato però… insomma mi sembrava una persona affascinante… cioè intelligente… Una volta ci siamo incontrati per le scale e lui ha subito notato che indossavo una t-shirt con una stampa di Hopper. Bè abbiamo scambiato qualche parola… sull’arte, sui sogni… poi non è più capitato di fermarci a parlare, peccato… Mi sembrava fosse venuta una ragazza al suo posto… forse… peccato però…- Il sussulto delle sue spalle nascosto dalla penombra si tradisce con un sospiro rumoroso che il buio non può celare.
Nessuno dei condòmini è in grado di dire con certezza chi sia l’abitante attuale dell’interno 1 del secondo piano.
Sbuffano a catena: il respiro stanco di uno si inanella in quello dell’altro.
La luce non torna, il coinquilino misterioso rimane tale e il silenzio tramonta sui visi perplessi dei vicini.
-Che si fa?- chiede Sonia
-Io stavo guardando la televisione, come faccio sempre la sera… adesso non so, bisogna aspettare che vengano i soccorsi a tirare fuori la mia bimba dall’ascensore…
-Io leggevo un libro a lume di candela ma ora sono troppo stanca per continuare. Studio nei ritagli di tempo che mi lascia Irene, la mia bimba. Vorrei laurearmi in filosofia. Il mio sogno è insegnare ma per adesso mi limito a fare la mamma. Irene non è stata bene ultimamente, tutta colpa di una vaccinazione… Roberto, mio marito, quando torna a casa è talmente stanco, affamato e nervoso che non riusciamo nemmeno più a parlare. Mangia in fretta con la tv accesa e poi si butta sul letto sfinito. Intanto io finisco di sparecchiare, metto a nanna la bimba e ritorno sui miei libri, un modo per evadere dalla realtà… ma stasera nulla mi sembra reale…
-Io ho fame, realmente…- sdrammatizza Stefano, poi con drammatica consapevolezza aggiunge -Ma adesso cosa mi mangio se il microonde non lo posso accendere?-
-Ordiniamo una pizza? anche io muoio di fame. Non avevo ancora cenato quando sono rimasta al buio giù in ufficio. Stavo giusto per andare a casa. Che giornata assurda… Non voglio nemmeno pensarci.- interviene Patrizia.
-Allora pizza per tutti?- Stefano lo dice con l’acquolina in bocca, immaginando già di addentare la sua capricciosa con peperoni al posto del prosciutto.
-Ragazzi guardate che a quest’ora e con la questione del black-out mondiale nessuno ve la porta una pizza d’asporto-
Bruna è una mamma universale, sempre pratica e un po’ catastrofica: adesso il black-out è diventato mondiale? La soluzione per placare la fame ai vicini di casa ce l’ha lei: -Quando è saltata la luce avevo appena sfornato una torta salata. Dovrebbe essere ancora tiepida. Ne volete una fetta? E’ con la ricotta e gli spinaci, insomma… vegetariana!
-Mmmm è perfetta! io sono vegetariano, perchè non potrei mai mangiare quei teneri animaletti. Maiali, mucche, gatti. Bè i gatti non si mangiano però io adoro i gatti. Vorrei prenderne uno… Va bè non centra… Comunque grazie Signora Bruna, sicuramente la sua torta è buonissima: ogni tanto si sentono degli odorini uscire dalla sua porta…- Stefano sembra nostalgico delle attenzioni di mamma, che non vede così spesso da quando si è trasferito in città per studiare arte. Probabilmente al primo piano non arrivano gli odori di cucina dell’interno 2 ma a lui piace immaginarli ogni volta che incontra le rotondità materne della Signora del secondo piano.
-Anche io sono stata vegetariana per un periodo ma poi ho smesso…- Patrizia non aggiunge nè spiegazioni nè fesserie. Allunga una mano verso il vassoio che le porge Bruna: la torta è ancora tiepida, profuma di casa, la sfoglia è friabile e la ricotta si scioglie in bocca. Una coccola alimentare. Bruna le allunga anche un tovagliolino di carta: ha pensato a tutto. Ci ha messo un secondo per entrare in casa, tagliare la torta a fette, posizionarla su un vassoio e ricordarsi anche di prendere i tovaglioli, il tutto al buio più completo del suo appartamento mentre il vicino affamato blaterava a proposito di cibi a base di gatti… Eh le mamme hanno una marcia in più, anche se non ci sentono bene e non ci vedono nulla.
-Gradite?- Bruna si rivolge anche agli altri due coinquilini. Il Sig.Gamberini si unisce al convivio condominiale -Bè sarei maleducato a non assaggiare… veramente buona, complimenti alla cuoca- Lo dice prima ancora di assaggiare. Poi a piccoli morsi si fa fuori una fetta enorme di torta.
Anche Sonia ne prende un pezzo. Non sa stare zitta nemmeno con la bocca piena e mentre mastica chiede la ricetta. Bruna è contenta di tutte queste attenzioni. Non le capita spesso.
L’atmosfera del pianerottolo sta assumendo un sapore diverso, insolitamente caldo. I visi in ombra appaiono meno stanchi e meno pallidi. “A pancia piena e in compagnia si sta meglio” sembra essere il pensiero comune.
Ma una mamma non si dimentica mai della sua bimba, anche quando la sua cucina è al centro delle attenzioni di tutto il condominio. Per lei è insolito essere il fulcro di interesse di molte persone al di fuori di un ex marito che fa il suo dovere di padre e una figlia con tante esigenze ma che cerca a fatica di crearsi un margine di autonomia, con gli evidenti limiti imposti dalla disabilità. Nipoti non ne ha ancora e forse non ne avrà mai. Un peccato perchè Bruna sforna delle crostate che appagherebbero la golosità di molti bambini. Dopo la separazione non ha più avuto nessun compagno. Tutto troppo complicato: i bisogni di Alice a cui dare risposta e la difficoltà di mostrarsi debole e bisognosa hanno creato un muro invisibile ma altissimo intorno alla donna più generosa di tutto il condominio. Un vero peccato. Bruna è una donna perspicace che è sempre divertente incontrare per le scale: parla poco ma le sue parole sono sempre mirate. A parte quando si fa prendere dal panico materno per la sua unica figlia.
– Alice, sei ancora lì?- la risposta è ovvia.
– Hai fame tesoro?-
Risponde di no.
Mente.
(…)
Lucia Lella © centoParole Magazine – riproduzione riservata
illustrazioni: Laura Caroletti D’Alì © centoParole Magazine – riproduzione riservata
Lucia nasce a Bologna nel 1979 e lí tuttora vive. Laureata in economia presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna da dieci anni lavora nell’ambito della cooperazione di consumo occupandosi di progetti di solidarietà. Ma le sue vere passioni sono i viaggi e le parole, molte lette alcune scritte. Per diversi anni ha scritto quotidianamente su un blog con lo pseudonimo di Tracciadoppia.
Affetta da SMA, una malattia genetica neuro muscolare rara, si muove sulla sua carrozzina elettronica ed é difficile fermarla… Quando passa lascia un’impronta, una traccia, doppia.