Steve Kaufman, Pop States of America: Barbara Frigerio

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Barbara Frigerio - Maurizio Galimberti - Pop States of America Steve KaufmanLa Barbara Frigerio Contemporary Art è lieta di presentare una mostra dedicata a Steve Kaufman, uno dei maggiori esponenti della Pop Art.

Allievo e assistente di Andy Warhol, Kaufman proseguì la linea del maestro nel raccontare il mondo contemporaneo attraverso le sue icone. Abbandonato però il lato critico e distaccato nei confronti della società, insito nel lavoro di Warhol, Kaufman si immerge nella vita, dipinta e vissuta, con entusiasmo e “joie de vivre”. Il motto è “CREARE”, in questo consiste la vera libertà, al di là di schemi o manifesti.
Utilizza stili e mezzi diversi: disegna, dipinge e crea serigrafie poi ritoccate a mano, per conferire un’unicità anche ad immagini ripetute.

I soggetti presentati in questa mostra raccontano il suo paese natale, gli Stati Uniti, attraverso simboli (dalla bandiera alla statua della libertà) e personaggi (da Marylin a Elvis), descritti, in un’esplosione di colori, con lo sguardo di chi ha sempre guardato il mondo esterno con passione e curiosità, alla stregua di un “giornalista artistico”, come lui stesso amava definirsi.

“Una simile vocazione alla felicità in un’epoca in cui tutto porta all’angoscia, è un esempio eroico di coraggio e di fede”

Questa frase scritta da Laymarie, sull’arte di Henri Matisse, credo si adatti perfettamente all’opera di Steve Kaufman. 

(Barbara Frigerio Contemporary Art)

 

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“Galimberti reinterpreta, con spirito ludico e creativo, il ready-made di origine duchampiana. Appropriandosi di oggetti diversi – lettere, cartoline, mappe, immagini, riproduzioni fotografiche, fogli pubblicitari – ne tramuta la natura attraverso l’impiego della Polaroid. Nel suo procedere, scatta su porzioni selezionate dell’oggetto, lo riquadra, ne isola particolari a volte significativi, a volte marginali, preleva campioni. Poi assembla i risultati, li accosta, li unisce, li incolla e su tutto pone il marchio dell’artista: il timbro con il proprio nome, oltre che strumento, diviene un segno di appropriazione che sancisce la consapevolezza dell’operazione. “(Denis Curti)

“Con i ready-made gioco e soddisfo quasi il mio bisogno “fisico” di interagire e di impossessarmi della realtà, di quello che mi circonda… ritrovo oggetti quotidiani che siano riviste, vecchi manifesti o cartoline, e gli restituisco una vita nuova, un nuovo ruolo. I ready-made sono gli oggetti mangiati, fotografati, digeriti che diventano un “unicum”, tutto e niente, realtà e irrealtà, gioco non gioco.” (Maurizio Galimberti)

 

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