Da ormai 47 anni il 3 novembre – festa del Patrono della città di Trieste, ovvero San Giusto – i cronisti giuliani svelano il nome del vincitore del San Giusto d’Oro – un riconoscimento che viene dato a un triestino che ha reso onore alla città di Trieste, attraverso la sua carriera. Il regolamento esclude i giornalisti dalla vittoria, poiché non possono giudicarsi da soli; e inoltre sono esclusi anche gli sportivi.
Tale premio è nato da un’intuizione di Danilo Soli e realizzato da Ranieri Ponis. In poche parole, il “San Giusto d’Oro” è il premio di Trieste; ed è in esso che la si ritrova in tutto il suo splendore e multiculturalismo. Questo riconoscimento è un unione tra storia e attualità.
Ma quando nasce questo premio?
Il San Giusto d’Oro nasce il 12 settembre del 1967; in quella giornata ci sono state le elezioni del nuovo direttivo del Gruppo giuliano cronisti dell’Associazione stampa giuliana; ed è stato nominato presidente Ranieri Ponis, che ha dichiarato che, in quell’anno, avrebbero avuto il premo “San Giusto d’Oro”, e che il 3 novembre – festa del Patrono – sarebbe stato annunciato il vincitore. Già precedentemente era venuta l’idea di fare un premio dei cronisti, ma solo nel 1967 la cosa si concretizza effettivamente.
Ma che cosa intendono i cronisti con la creazione del “San Giusto d’Oro”?
“In San Giusto si identifica Trieste. È Trieste, pertanto, che dice, tramite i cronisti che di essa avvertono quotidianamente l’intimo battito: questo è un nobile figlio mio, che intendo additare al plauso dei suoi concittadini e al quale voglio dire grazie. Grazie per quanto ha fatto, con la sua attività e le sue opere, perché il nome della città sia conosciuto nel mondo. E acquisti onorabilità e prestigio. Un riconoscimento e un’attestazione d’affetto, quindi, nei confronti di colui che ha acquisito particolari meriti nei riguardi di Trieste. Non solo: ma che si ricordi soprattutto nella lontananza di essere triestino.” (cit. Ranieri Ponis tratta dal libro: “Il San Giusto d’Oro dei cronisti giuliani”.)
Dopo aver deciso di dar vita a questo premio, è stato contattato lo scultore triestino Tristano Alberti (che abbiamo conosciuto nei due precedenti articoli, quali: “Tristano Alberti: vita di uno scultore a Trieste” e “Tristano Alberti: l’arte” ) e gli è stato commissionato un San Giusto solo per il Gruppo giuliano dei cronisti. La Cassa di Risparmio di Trieste è stata da subito molto vicina a tale iniziativa, in modo tangibile. Il sindaco di allora, Spaccini, ha accolto con entusiasmo l’iniziativa dei cronisti e ha concesso loro, per la cerimonia annuale, la Sala Consiliare del Municipio, in piazza dell’Unità d’Italia.
Per decidere il vincitore del premio, viene fatto un referendum. Nell’assemblea dei cronisti, ogni giornalista può proporre uno o più candidati; successivamente viene fatta una cernita e infine si passa alle urne.
La scultura originale del San Giusto d’Oro – di proprietà della famiglia Alberti – è stata realizzata, nel 1967, in bronzo; mentre il premio che viene consegnato – anch’esso in bronzo – è placato d’oro. La statua, raffigurante il patrono della città di Trieste legato in attesa del sacrificio, prende vita in modo filiforme e dal tocco un po’ grezzo: caratteristiche costanti nelle opere di Tristano, che negli anni della sua vita artistica, da un’arte basata per lo più sulla classicità, sul mondo primitivo, passa a un’arte più incline all’Astrattismo, ma pur sempre mantenendo un legame con l’arte figurativa. Ed è proprio il San Giusto d’Oro che dalla forma assottigliata, quasi bidimensionale, si estende nello spazio, diventando parte integrante di esso. Anche l’arte sacra compare spesso nei lavori di Alberti ed è proprio il caso del San Giusto d’Oro.
Quest’anno è stato esposto l’ingrandimento della scultura del San Giusto d’Oro, fino al 9 novembre, presso la Cattedrale di San Giusto di Trieste.
Stampa e radio, il 3 novembre del 1967, hanno dato l’annuncio che i cronisti triestini avevano un loro premio: il “San Giusto d’Oro”, che in quell’anno è stato assegnato al Professor Pietro Valdoni, un chirurgo. Ed è proprio in quel periodo che Valdoni è stato chiamato a Roma, per effettuare un intervento a Papa Paolo VI. C’è un simpatico aneddoto, che ricorda spesso Ponis, legato alla prima edizioni di tale premio: la sera precedente, della premiazione, Ranieri Ponis ha ricevuto una telefonata da Roma: è Valdoni che gli dice di essere pronto a partire per Trieste, ma se il Papa avesse avuto soltanto qualche linea di febbre non si sarebbe spostato da Roma. Gli inviti, ovviamente, erano già stati spediti, e tutto era pronto per la cerimonia in Municipio. Ponis, fino alla mattina seguente, non ha smesso di agitarsi, fino quando ha visto scendere, alla Stazione di Trieste, dalla carrozza letto, il Professor Valdoni: alla fine, la cerimonia si è svolta.
Sono tanti gli aneddoti legati alle varie edizioni del San Giusto d’Oro, per esempio quando il premio è stato conferito alla pittrice Leonor Fini, lei è arrivata a Trieste da Parigi con qualche linea di febbre: si è riposata un po’ e il giorno dopo era pronta per ritirare il premio. Ed è stata proprio lei la prima donna a ricevere il “San Giusto d’Oro”.
Il regista Giorgio Strehler, invece, non è mai venuto a ritirare il premio. Dopo varie peripezie compiute da Ponis, per rintracciare il regista triestino, è riuscito a parlargli e a comunicargli che aveva vinto il “San Giusto d’Oro”, ma Strehler non verrà mai a prendere il suo riconoscimento a Trieste.
Tra i vincitori di tale premio va rammentato anche il musicista triestino Lelio Luttazzi che ha ricevuto il “San Giusto d’Oro” il 30 novembre del 1991. A ricordare quella giornata è sua moglie Rossana che gentilmente ci ha raccontato come andarono le cose.
“Per Lelio, il San Giusto d’Oro rappresentò il premio più gradito di tutti i premi (immaginate quanti) ricevuti nella sua lunga carriera. Dal giorno che lo ritirò, con molta emozione e commozione, in Comune, nella Sala Consiliare, lo tenne sempre sul suo pianoforte. Sempre! Dopo la premiazione ricordo che andammo a festeggiare al Caffè San Marco, alla presenza di una gigantesca torta a forma di pianoforte e di tanti amici”.
Ed è proprio sfogliando le vecchie pagine del giornale locale “Il Piccolo” risalenti al 1 dicembre 1991 che emergono interessanti informazioni su quella giornata che viene descritta così:
Un lungo e affettuoso applauso ha accolto Luttazzi, che si è commosso: “Qui a Trieste ritorno di nuovo bambino”. A consegnarli il premio è stato il sindaco d’allora Richetti che ha sottolineato: “Oggi premiamo non solo la carriera nel mondo dello spettacolo di Luttazzi, ma soprattutto il modo signorile e naturale di esibire con discrezione nelle parole e nella musica la sua triestinità”.
Dopo la consegna del premio Lelio ha parlato con il pubblico in italiano mescolandolo con il dialetto locale, raccontando qualche ricordo e concludendo cantando “El Can de Trieste”.
Lelio Luttazzi viene descritto come smemorato fino all’inverosimile, affidabile, spiritoso e a volte amaro e malinconico. Dopo la cerimonia c’è stato un pranzo in suo onore al Caffè San Marco dove Lelio ha potuto rivedere alcuni vecchi amici quali Memo Trevisan, idolo di gioventù di Luttazzi che ha reso grande la Triestina assieme a Gino Colaussi e Piero Pasinati, protagonista indiretto della canzone “El Can de Trieste”.
Durante i festeggiamenti Lelio – come ricorda Il Piccolo – è stato amorevolmente affiancato dalla moglie Rossana per tutta la giornata. Si è emozionato come un bambino quando ha visto la grande torta a forma di pianoforte con un ‘Bentornato Lelio’”. Infine la festa si è conclusa con Luttazzi che al piano ha intonato: “Più che se diventa veci, più se ga voia de pianzer come i fioi…”
In un servizio mandato in onda dalla sede Rai regionale, Lelio ci dice cos’è per lui il “San Giusto d’Oro”
“Questo premio qua è proprio il coronamento totale; me lo porto sottobraccio a Ceri che è una rocca dove io vivo in questo mio eremo e me ne starò lì e con questo aspetterò. Dico la verità: mi piacerebbe anche finire la mia vecchiaia qua, ma è difficile trovare una casa corrispondente a quella che dico io”.
Inoltre anche ne Il Piccolo datato 30 novembre 1991, Lelio risponde a questa domanda:
Cosa rappresenta per lei il San Giusto d’Oro?
“Mi ha fatto un immenso piacere che la mia città si sia ricordata di me. Ha fatto bene alla mia nevrosi, certamente, e di questo vi sono grato. Sarà certamente il ricordo ultimo e definitivo della mia vita”.
Sempre lo stesso giorno compare su “Il Piccolo” anche un articolo – fornitoci per gentile concessione della Signora Rossana Luttazzi – scritto da Lelio che ricorda la sua amata Trieste, e che ora qui riportiamo.
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TRIESTE
“Ma Trieste sono io, con le mie nevrosi, con i miei livori senili, con le mie idiosincrasie, col mio usare l’italiano come lingua scolastica, non madre.
E dire che per metà sarei laziale, perché mio padre approdò a Trieste con le truppe “irredentrici” del 1918.
E il cognome Luttazzi (in passato Lutazi) (Cfr. Lutazio Catulo – Battaglia delle Egadi – Guerre Puniche) è così latino che di più non si potrebbe.
Trieste vuol dire i ricordi cocenti, quelli che si annidano per sempre nel plesso solare, nelle budelle di un bambino, specie se ossessionato da un sistema nervoso precario.
Trieste vuol dire il Flash Back di mia madre che singhiozza sul letto: “El jera bon, el jera tanto bon!” E di Lelio di tre anni e mezzo che in quel momento apprende che quel ventottenne papà “romano” finora appena intravisto tra un ricovero e l’altro nell’ospedale istriano questa volta non tornerà più.
E i quattro anni di Prosecco, scolaro di mamma – maestra, unico maschietto in mezzo a quaranta contadinelle slovene.
E la quinta elementare in città, col maestro Costelli (Kunstel, inverosimilmente zio di Bobby Solo, come mi assicurerà quarant’anni più tardi quest’ultimo) ancora primo della classe. Ma poi, fin dalla Prima Ginnasio (Petrarca), l’inizio di un crescente, istintivo rifiuto alla memorizzazione e alla concentrazione. E, malgrado tutto, l’impriscindibile dovere di portare a casa ogni anno la media del sette, affinchè mamma potesse fruire del 50% di sconto sulle tasse scolastiche. Però, a costo di quali fatiche, di quali sofferenze!
Questa, la mia Trieste.
E, rifacendo un salto indietro, le poche lezioni di Piano a Prosecco, col parroco Don Crisman.
E un secondo tentativo in concomitanza con la terza ginnasio, con la professoressa Pissek-Vidali, che pretendeva di portarmi al “Licenzino” di quinto anno in sei mesi! Ma il tentativo fallì in sul nascere, perché io già strimpellavo a orecchio le canzonette di allora, e ogni mio rapporto didattico con la musica fu scartato definitivamente.
Finchè arrivò la musica americana, e i film musicali, e il Jazz.
E i primi dischi di Armstrong, che andavo ad ascoltare da mio cugino acquisito Egon Gridi (Schrey).
Questa la mia Trieste.
E la splendida amicizia ginnasiale con Sergio Fonda Savio, che per qualche anno mi invitò assiduamente nelle due ville di Opicina e di Sant’Andrea, dove giocavamo a pallone con i suoi fratelli Paolo e Piero.
Un giorno, ai giardini pubblici, Sergio mi indicò un busto in bronzo “Questo jera mio nonno” mi informò, senza enfasi. Ne fui inorgoglito, ma quel nome non mi disse nulla. Molto, molto più tardi sarebbe avvenuto il mio impatto da lettore col massimo scrittore “italiano” della prima metà di questo secolo: Ettore Schmitz, in arte Italo Svevo. Ma prima, nel ’45, l’immane tragedia, quella che vide Letizia Veneziani – Fonda Savio – Schmitz perdere in un solo giorno tutti tre i suoi figli, i nipoti di Italo Svevo! Questo, forse, il ricordo più straziante della mia vita.
Eccola la mia Trieste. Ma anche, pur se in misura di gran lunga inferiore, i ricordi piacevoli.
I giri per l’acquedotto, a “impatar le mule”. E le prime effusioni erotiche in “Boscheto”.
Eppoi la “Triestina” quella di Gino Colaussi, di Piero Pasinati, di Memo Trevisan. Partimmo a piedi da Via Redi (angolo Via Rossetti, Vis- a- vis Spofford), cioè dalla villetta dove abitava il già citato quasi cugino Egon e, assieme a Mario Buffa, salivamo su per la collina di Montebello e scendevamo fino allo Stadio di S. Anna. Idem al ritorno. Ma quante emozioni! Idolatravo fanaticamente le “Forbici” e i Corner-Goal di Colaussi e le corse vertiginose di Pasinati, sulle sue gambotte stortignaccole, e le ‘bombe’ micidiali di Trevisan.
Questa è la mia Trieste. Dove sto per arrivare con animo teso e ansioso ma felice,perché ogni volta che mi succede di venire a Trieste, sono sempre felice! E per dirlo io! Vuol proprio dire che lo sono davvero.”
Lelio Luttazzi
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Ma chi ha vinto quest’anno il “San Giusto d’Oro”?
In occasione della mostra “Che storia, la Rai”, presso palazzo Gopcevich, il 3 novembre, è stato annunciato il vincitore di quest’anno, o meglio la vincitrice: Ariella Reggio, attrice triestina che da sempre ha dimostrato un grande amore per la sua città, recitando anche in dialetto triestino e portando un po’ della sua triestinità in giro per l’Italia. La cerimonia di consegna del premio all’attrice triestina, avverrà venerdì 12 dicembre, alle 11.00, presso la Sala Consiliare del Municipio.
Ma chiediamo ad Ariella che emozione ha provato quando ha saputo di aver vinto il San Giusto d’Oro 2014…
L’emozione è stata, dapprima, di incredulità visti le donne e i tanti uomini che mi hanno preceduta: gente di tal “lignaggio”, non mi sembravo, come dire, all’altezza della situazione (che per me, data la mia statura, è anche abbastanza credibile) – scherzo naturalmente, ma non tanto. E’ stata una sorpresissima.
E che cosa rappresenta per lei tale premio?
Rappresenta la stima e l’affetto di una città verso chi la onora anche in campo nazionale o all’estero; non so se io l’ho fatto e lo faccio, ma certo è che – SENZA CAMPANILISMI, CHE ODIO – amo questi luoghi dove sono nata e cresciuta, e ne parlo sempre e dovunque, soprattutto attraverso il mio lavoro. Ciò appunto non vuol dire essere biecamente e stupidamente campanilisti, ma per me vuol dire riconoscere le mie radici, pur amando viaggiare e amando stare dovunque…perché io mi trovo a mio agio dovunque, sia ben chiaro!
Che effetto le fa essere una delle poche donne che ha vinto il San Giusto d’Oro?
In quanto alle donne, è vero che hanno una gran forza ma spesso sono ignorate. Perciò sono doppiamente orgogliosa e felice di questo premio. Ho ricevuto, con mio immenso piacere, anche le congratulazioni di una di esse: Susanna Tamaro, che mi ha scritto un messaggio davvero affettuoso.
E io devo ringraziare, non solo chi mi ha concesso questo premio, ma tutti i triestini e – soprattutto – le triestine che mi hanno seguita nel mio lavoro, mi hanno dato forza contribuendo al mio successo, e in particolar modo, ciò che sento forte, è anche un grande affetto da parte loro, il che come sappiamo vale ancor più del successo. Specialmente alla mia età!! Grazie!
Ringrazio di cuore Rossana Luttazzi per averci concesso in esclusiva alcune fotografie di quella giornata e per averci dato l’articolo scritto da Lelio in quell’occasione. Un grazie va anche ad Ariella Reggio per la sua disponibilità nel rispondere ad alcune domande; infine un ringraziamento anche alla Famiglia Alberti per il materiale fornitoci.
I San Giusti d’Oro che sono stati consegnati dal 1967 al 2014.
1967 Pietro Valdoni – chirurgo
1968 Doro Levi – archeologo
1969 Leonor Fini – pittrice
1970 Trio di Trieste
1971 Giorgio Strehler – regista
1972 Brenno Babudleri – medico ricercatore
1973 Raffaello de Banfield – compositore
1974 Paolo Budinich – fisico
1975 Giorgio Pilleri – scienziato
1976 Pier Paolo Luzzato Fegiz – economista
1977 Luigi Spacal – pittore
1978 Giorgio Bugliarello – bioingegnere
1979 Piero Cappuccilli – cantante lirico
1980 Marcello Mascherini – scultore
1981 Diego de Castro – storico
1982 Franco Gulli – violinista
1983 Ottavio Missoni – stilista
1984 Claudio Magris – germanista
1985 Livio Paladin – giurista
1986 Fulvio Camerini – cardiologo
1987 Leo Castelli – gallerista
1988 Assicurazione Generali
1989 Gillo Dorfles – critico d’arte
1990 Mila Schon – stilista
1991 Lelio Luttazzi – musicista
1992 Giorgio Voghera – scrittore
1993 Luciano Fonda – fisico
1994 Cesare Rubini – campione sportivo
1995 Claudio Erbsen – vicepresidente A.P.
1996 Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico
1997 Boris Podrecca – architetto
1998 Tommaso Padoa Schioppa – eurobanchiere
1999 Gianfranco Gutty – Assicurazioni Generali
2000 Fedora Barbieri – cantante lirica
2001 La Barcolana
2002 Amos Luzzatto – presidente Comunità Ebraiche
2003 Boris Pahor – scrittore
2004 Manlio Cecovini – scrittore
2005 Raffaella Curiel – stilista
2006 Marzio Babille – medico UNICEF
2007 Daniela Barcellona – cantante lirica
2008 Eugenio Ravignani – vescovo
2009 Bruno Chersicla – pittore
2010 Illycaffè
2011 Mauro Giacca – scienziato
2012 coro “Antonio Illersberg”
2013 Susanna Tamaro – scrittrice
2014 Ariella Reggio – attrice
Nadia Pastorcich © centoParole Magazine – riproduzione riservata
Ai ringraziamenti finali di Nadia Pastorcich, autrice di questo articolo dedicato alle persone da lei coinvolte nello stesso, mi aggiungo io, ringraziando Nadia per il bel “servizio” in cui ci racconta la storia del prestigioso premio della città di Trieste per i suoi figli più illustri. Il S. Giusto d’Oro è il massimo riconoscimento che la città conferisce a chi, attraverso la sua attività artistica, sportiva ed altro, contribuisce a tenere alto il nome di Trieste in Italia e nel mondo. Abbiamo potuto conoscere così, scorrendo il testo, la storia di questo premio fin dal suo inizio, anche attraverso i personaggi cui è stato assegnato, uno per tutti Lelio Luttazzi, scelto da Nadia come esempio della più classica triestinità. Ben descritta, anche attraverso le
parole del protagonista, l’emozone di Lelio, parimenti provata da tutti coloro che hanno potuto avere destinato il S. Giusto d’Oro.
Quest’anno il riconoscimento è andato ad Ariella Reggio, che già abbiamo incontrato in altra precedente intervista di Nadia. Ariella, attrice teatrale di grande umanità e di indiscussa bravura, che, in dialetto ed in italiano si è sempre dimostrata più che all’altezza degli svariati ruoli da lei sostenuti.
Ad Ariella Reggio il grazie di tutta la città di Trieste!