Elisa Gandolfo nasce nel 1993 e dopo essersi diplomata in “Pittura e Decorazione Pittorica” al Liceo Artistico “Enrico e Umberto Nordio” si iscrive alla “Scuola Internazionale di Comics, Accademia delle Arti Figurative e Digitali” di Padova dove studia per diventare illustratrice a livello professionale.
Elisa partecipa a varie mostre collettive e nel 2013 vince, grazie all’evento pittorico-musicale “Upside Town”organizzato dall’Etnoblog, un seminario presso lo studio dell’artista Paolo Cervi Kervischer; nello stesso anno grazie ad un concorso organizzato dall’Accademia “Artinscena” le sue illustrazioni diventano i fondali teatrali per uno spettacolo di danza presso il teatro Politeama Rossetti. A marzo di quest’anno Elisa ha partecipato come illustratrice alla fiera “Bologna Children’s Book Fair” riservata al mondo dell’editoria per ragazzi.
L’intervista:
Perche’ hai scelto l’Istituto d’Arte?
Perchè quando ero alle elementari avevo già deciso cosa avrei fatto da grande, l’idea di diventare illustratrice è sempre stata il mio pallino. In quinta elementare mi veniva spontaneo inserire nei temi anche un disegno del personaggio di cui stavo scrivendo. E quando alle superiori dicevo ai miei insegnanti che volevo fare l’illustratrice loro mi rispondevano “solo l’illustratrice?”
Molti di loro mi dicevano che sarebbe stato più uno hobby che un lavoro… alla fine non mi sono fatta influenzare e da due anni frequento la scuola internazionale di comics a Padova; vorrei specializzarmi in questo campo. L’illustrazione non è l’unica delle mie passioni. Sono molto legata anche alla scenografia teatrale, sarebbe un sogno lavorare in un laboratorio; per ora, purtroppo, frequento questo ambiente solo come artista figurante, al Teatro Lirico Verdi di Trieste.
Per le illustrazioni ti aiuta il teatro?
Si, moltissimo. Come dice un mio ‘prof’ alla scuola, “l’illustrazione stessa è teatro”: bisogna ricreare la scenografia, l’atmosfera, i costumi e i personaggi. L’anno scorso ho partecipato ad un concorso bandito dall’Accademia di danza “Artinscena” e alcune delle mie illustrazioni sono diventate i fondali di uno spettacolo andato poi in scena al Rossetti.
Ti ispiri a qualche altro illustratore oppure no?
Ce ne sono così tanti che non saprei, non ne ho uno in particolare, mi ispiro a molti. In ogni caso credo che ogni illustratore abbia più che altro i propri temi ricorrenti da interpretare e da cui trarre ispirazione. Io, per esempio, sono affascinata moltissimo dai personaggi e dai colori del mondo circense, dalle filosofie del Messico, e ultimamente dal linguaggio dei tarocchi.
E come stile?
Sto ancora indirizzando il mio stile; prediligo le illustrazioni a tratto. Mi ispiro all’espressionismo tedesco, spigoloso, e in particolare alla tecnica della Xilografia. Passo dal creare illustrazioni in bianco e nero con atmosfere noir alle illustrazioni molto colorate.
Ho molti impulsi che spesso non riesco ad indirizzare in un unico linguaggio. Sono un’artista lunatica, a volte credo che non ci sia ancora un’omogeneità nei miei lavori; è così per tutti, però, all’inizio …
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Che artista sei?
Più che un’artista io mi sento un’artigiana. L’illustratore non fa quasi mai quello che gli passa per la testa, ha sempre una traccia ben precisa o comunque un testo da cui partire, e in un certo senso è come una sfida soddisfare sia te stesso che il committente. Adesso che sono ‘freelance’ posso disegnare quello che voglio; quando lavorerò per uno studio, o per un editore, dovrò adattarmi alle richieste e alle loro correzioni.
Dove ti piacerebbe lavorare?
L’obiettivo di sempre sarebbe lavorare nell’editoria, ma mi stimola anche l’idea di lavorare in uno studio di grafica, anche pubblicitaria, con un team. Il mio sogno sarebbe poter disegnare e dare idee.
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Sia idee che realizzazione, dunque; mente e mano assieme. All’Istituto d’Arte facevi la sezione di “Pittura e Decorazione Pittorica”. Dipingi ancora?
Ogni tanto. Per ora prediligo lavorare con materiali più grafici, che facciano risaltare il segno; come la china.
Disegni anche con la tavoletta grafica? Che rapporto hai con il digitale?
Non la utilizzo ancora. Il mio rapporto con il digitale devo ancora affinarlo, mi piace la multimedialità e mi affascinano le possibilità che può dare. Di recente per arrivare alla tavola definitiva campiono i miei disegni con lo scanner, partendo quindi dalla tecnica tradizionale, e poi li coloro con Photoshop. Mi sono resa conto che Illustrator e Photoshop sono importanti per chi vuole lavorare in questo campo.
Che consigli daresti a chi comincia ad interessarsi all’ illustrazione?
Di imparare entrambi i metodi, quelli tradizionali e quelli digitali. Non si fa uno senza l’altro. Se si mira all’editoria bisogna soprattutto allenare l’occhio e la memoria, consiglio di andare spesso in libreria e vedere dove si viene attratti. Studiare gli editori. Guardare centinaia di copertine di libri e metodi di racconto degli autori.
Per trovare il proprio stile è utile copiare dal vero. Se copi da un altro artista ne vieni in qualche modo influenzato, mentre se copi dalla realtà è più facile far affiorare il proprio linguaggio.
Serena Bobbo © centoParole Magazine – riproduzione riservata