Siamo a Rami di Ravarino, al confine fra Modena e Bologna; ospiti, con centoParole, in una zona d’eccellenza e in un’azienda d’eccellenza, Vini Casolari, nella quale Roberto Casolari, chimico ed enologo, si occupa dei tagli, delle fermentazioni e della gestione dell’azienda di famiglia. Lo spunto che dà il via alla nostra conversazione è l’arte Pop di Steve Kaufman e il “Mozart” – il nuovo prodotto di Casolari, che sarà protagonista di una prossima e innovativa sperimentazione.
Roberto, in cosa consiste il vostro progetto di musica nei vigneti?
Installeremo, nei nostri vigneti, un sistema di diffusori audio. È un progetto che stiamo studiando con l’Università di Bologna; verrà certificato da enti di Bologna e Pisa in collaborazione con l’Università di Modena.
Da dove trae origine questa vostra sperimentazione?
Dagli studi scientifici e universitari. La musica nei vigneti, se diffusa ventiquattr’ore su ventiquattro – un elenco di brani selezionato con cura – dissuade gli insetti dall’avvicinarsi ai vigneti. In particolare, non comunicando fra di loro nel modo di cui hanno necessità per la loro riproduzione, gli insetti non danneggiano il grappolo dell’uva e la foglia. Non si avvicinano, e quindi la prevenzione dagli insetti e dalle malattie delle piante da essi trasmesse avviene in maniera completamente naturale. Si evitano i trattamenti parassitari, e questo è importantissimo. C’è già un progetto, approvato dalle Università di Pisa e di Firenze, che ha superato la fase sperimentale. Sono in attesa della certificazione e poi quest’anno si parte. Appena possibile – già dalla primavera.
La musica va diffusa dal momento in cui la prima gemma schiude, non prima. E poi, da quel momento, si continua, senza interruzione, fino alla raccolta. Così, la musica di Mozart, che è stata scelta in esclusiva per le sue caratteristiche e perché si abbina all’arte e al nostro prodotto, ci accompagnerà anche durante la vendemmia, e poi si penserà a un nuovo anno.
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Secondo gli studiosi, le vibrazioni indotte dalla musica rappresentano un sistema di difesa naturale e non invasivo contro gli insetti, di efficacia tale da diminuire la necessità di ricorso alle difese di origine chimica e ai pesticidi.
L’attenzione degli studiosi dell’Università di Pisa, ad esempio, e gli esperimenti, che hanno ora solida base scientifica, si sono concentrati sulla prevenzione dell’accoppiamento degli insetti. Maschi e femmine della Cicalina, un piccolo insetto che vive esclusivamente a spese della vite in tutta Europa e che rappresenta un grossissimo problema per la sua coltivazione essendo vettore di una malattia pericolosa per la pianta, si incontrano e accoppiano grazie all’emissione di vibrazioni a bassa frequenza dell’addome. Altre vibrazioni antagoniste, studiate e riprodotte attraverso l’ausilio di un computer, impediscono agli insetti di comunicare, e quindi prevengono la deposizione di uova e l’aumento della popolazione nociva.
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È una base Lambrusco di Sorbara vinificato in rosa, che non ha macerazione sulle bucce ed è trattato con un metodo Charmat. La fermentazione non ha né aggiunta di zuccheri né aggiunta di anidride carbonica. Ti chiederai come mai: partendo da mosto, alto di zuccheri dalla vendemmia, fermenta naturalmente con i suoi lieviti. I lieviti dell’uva di Sorbara, e l’attenzione messa nel nostro lavoro, gli permettono questo processo naturale.
Nell’acino d’uva, nella nostra zona, abbiamo infatti un lievito naturale che messo a contatto, nel corso della pigiatura, con l’uva – con il mosto – permette la fermentazione senza altri ausili. In botte, non in bottiglia.
La fermentazione è lentissima e dura settanta, ottanta giorni, a bassissima temperatura – dai nove ai dieci gradi, non di più. Dopo questa fermentazione, giunti a una determinata pressione in botte, il prodotto viene filtrato e attraversa una stabilizzazione tartarica: va lasciato quaranta giorni sui lieviti. Così, acquista il sentore della crosticina di pane. Come uno Champagne.
Un prodotto unico, il vostro. Non riproducibile.
È un prodotto unico, una novità. Una novità perché esistono metodologie di produzione nelle quali vengono utilizzati i metodi Charmat, perché ci sono i vini rifermentati in bottiglia, ci sono gli ancestrali … ma non quella che usiamo noi. Dopo i quaranta giorni il nostro vino viene affinato, filtrato, centrifugato – sempre senza nessuna aggiunta di prodotti chimici – e alla fine, imbottigliato e lasciato per un anno in bottiglia.
Made in Italy.
Made in Modena. Made in Casolari.
Dalla fine del 1600.
Dal 1636. Ho avuto il desiderio di approfondire la nostra storia e andare indietro con gli anni; la mia ricerca in Curia, a Modena, mi ha confermato la provenienza della mia famiglia dalla zona di Fiorano, proprio dal 1600.
Il ‘nonno’ venne in questa zona perché gli piacevano questi terreni, sul corso del vecchio fiume Panaro. Un ramo del fiume.
Poi, Primo Casolari – il capostipite – iniziò a comprare terreni e a piantare viti, che comperava dai monaci dell’Abbazia di Nonantola.
Primo Casolari era un agricoltore. Un agricoltore con la passione per il commercio, in particolare il commercio di animali. I racconti ci parlano di Primo descrivendolo come un uomo molto all’avanguardia, sia nelle idee che nei metodi del commercio. Te lo fa capire in particolare un aneddoto: Primo aveva creato una stalla nella quale le mucche stavano molto rialzate, rispetto a chi camminava in mezzo, nella corsia centrale. Poggiavano su un piano più alto rispetto a chi le guardava, e così, all’occhio, sembravano più grandi. Lui aveva già intuito questa cosa alla fine del 1600: strategie di promozione del prodotto. Vinceva le medaglie d’oro per il bue più bello, il commerciante più bravo nella produzione del tabacco (che era uno dei suoi prodotti …) – il tabacco più bello.
Primo aveva qualcosa in più rispetto agli altri, aveva intuito ed era molto avanti nella cura della tecnologia e della mentalità di vendita. Poi vigneti, vigneti, tanti vigneti e frutta – ma la sua passione rimase sempre fare il vino. I nonni raccontavano dei loro nonni e raccontavano di Primo, che andava a Modena, con il suo carro e le botti di rovere, e rimaneva là fin che non aveva finito di vendere tutto, e nel frattempo concludeva altri affari, comprava, vendeva e comprava di nuovo. Poi comprò questa azienda, e l’altra azienda a Ravarino, e in pochi anni aveva costruito qualcosa.
I Casolari tramandavano ai figli maschi la tradizione di fare il vino e l’aceto balsamico. Tramandando queste tecniche di vinificazione di padre in figlio, Primo ha tramandato anche il suo taglio, il suo approccio: ancora oggi produciamo un vino che si chiama “Nonno Primo“, e per il quale seguiamo la stessa tipologia di lavorazione che applicava lui. Il suo taglio, l’uva giusta, e la vigna tenuta ancora con la vecchia tipologia, come quattrocento anni fa. Questo è un prodotto esclusivo, che abbiamo sempre voluto conservare, anche in sua memoria.
Un vino d’arte veramente nel senso della parola, perché senza arte, nella lavorazione, questo non è possibile.
Ci vuole l’arte che abbiamo imparato e perfezionato, e ci vuole la ricetta che lui ci ha lasciato.
Segretissima.
Naturalmente.
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Pare che Wolfgang Amadeus Mozart sia il compositore prediletto dalle viti: la musica di Mozart risulta particolarmente indicata allo scopo perché il suo spettro sonoro è ricco di suoni adatti all’utilizzo preventivo. Gli esperti di Musicoterapia, inoltre, hanno evidenziato come questi suoni risultino graditi alla pianta: la diffusione della musica di Mozart pare avere un benefico influsso sul vino durante la fermentazione. Il valore di glicerina aumenterebbe, a discapito di quello dello zucchero, e secondo lo studioso ed eno-gastronomo viennese Thomas Koeberl: “Con l’aumento della glicerina si genera il cosiddetto Mouthfeeling, il vino diventa più secco, più maturo, il sapore più tondo, ricco e denso”.
Gli scienziati sono da tempo alla ricerca di una spiegazione per il potere apparente della musica di Mozart su esseri umani, animali e piante. Alcuni teorizzano che Mozart abbia incorporato nelle sue opere la sequenza di Fibonacci (il matematico italiano Leonardo Pisano Bigollo), una serie che si ritrova spesso in natura , che conosciamo bene in arte e in fotografia, e nella quale i numeri che vanno a costituire la sequenza sono ciascuno la somma dei due numeri precedenti, all’infinito.
Le opere di Wolfgang Amadeus Mozart, e in particolare il “Flauto magico”, hanno brio, e al contempo sono geometriche e ripetitive. Vini Casolari, attraverso il suo progetto, diffonderà nei suoi vigneti “Serenata in Sol Maggiore K.525”, “Concerto per Flauto e Arpa in Do Maggiore K.299” , “Lacrimosa – Requiem” e molte altre – in una scaletta studiata assieme alla professoressa Rosanna Busolini , musicista e musicoterapista, e riprodotta alla perfezione.
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L’azienda Casolari è sempre rimasta esclusivamente familiare?
Sempre rimasta familiare; e lo è tuttora.
È difficile continuare a fare un prodotto di questo tipo, nella società e nel mercato moderni?
Molto difficile. Però, ora, vediamo che il prodotto autentico, quello come il nostro, sta venendo cercato – tradizionale, vecchio, proprio com’era prima. Perché la tecnologia, che abbiamo impiegato anche noi, ci ha resi di certo in grado di avere un prodotto con la ricetta come quella di prima, e quindi curato, naturale – però innovativo. Perché le tipologie di uve sono quelle, ma abbiamo fatto il modo di portare i miglioramenti possibili attraverso l’uso corretto della tecnologia anche in un prodotto che è completamente naturale.
Il vostro mercato è esclusivamente italiano?
Lo era. In passato. Da dodici anni abbiamo iniziato a esportare, e, anche grazie all’occasione dell’incontro con il maestro Luciano Pavarotti, abbiamo raggiunto gli Stati Uniti con un prodotto amabile. Da lì, abbiamo iniziato ad evolvere anche in altri paesi esteri, e ora l’estero rappresenta la parte maggiore del nostro mercato.
Che difficoltà incontra un prodotto italiano come il vostro sul mercato estero?
La difficoltà più grande è la promozione; direi, l’unica. Una volta fatto conoscere il prodotto, una volta promossa l’iniziativa e avvicinato il pubblico, la ricezione è molto buona e il prodotto va molto bene. Le certificazioni, la logistica … tutto è molto importante, e a volte complesso, lungo, ma non costituisce, alla fine, un problema. Farti conoscere nel modo giusto dal pubblico: questa è la cosa più importante. Sul mercato estero è molto importante avere un prodotto di qualità medio-alta e costante.
Roberto, i tre prodotti che ami di più? Li ami tutti, naturalmente, ma se tu dovessi citarne tre?
Il nostro Sorbara in purezza – un Sorbara veramente fantastico, senza macerazione sulle bucce. Poi, il Lambrusco Amabile – il Sorbara Amabile, la nostra ‘Scintilla d’Amore’. E naturalmente il nostro top di gamma attuale, il Mozart. L’esperienza del Mozart è iniziata al Museo Casa Enzo Ferrari, del quale ero stato sponsor. Poi c’è stata la collaborazione con American Pop Art e Steve Kaufman Art Licensing, la presentazione a Salisburgo. La mostra Pop Art a Trieste. Abbiamo voluto unire l’arte al nostro vino – che è, in sé, un prodotto d’arte. E farlo conoscere dappertutto. L’etichetta d’arte – Steve Kaufman – sul nostro vino.
La Pop Art fa parte della vita quotidiana. Un grande cambiamento.
Io vivo questa evoluzione come una bellissima trasformazione. Così come il Lambrusco è un prodotto giovane, la Pop Art è un prodotto giovane. È stata, ed è, una corrente innovativa, una corrente che non si è ancora fermata. Si lega moltissimo con un prodotto come il nostro. Vedo che i giovani sono molto propensi a esso.
Ti eri mai occupato d’arte, in precedenza?
Recentemente – quando abbiamo iniziato con il Mozart – mi sono avvicinato molto all’arte; prima, per motivi di tempo, e perché mi dedicavo ad altre cose, non la seguivo. Ho capito che c’è molto interesse, ora, per il mondo dell’arte, e penso sia una bellissima cosa. A Bologna, a Milano, agli eventi organizzati assieme ad American Pop Art ho incontrato tantissima gente: pensavo che a un’evento d’arte ci si trovasse in pochi, solo le persone del settore, solo quelle molto preparate, oppure l’appassionato che poteva comprare il quadro – e, invece, non è così. E ho incontrato molte persone informate, un pubblico che segue le opere e gli artisti, che desidera capire.
E i cioccolatini al Lambrusco?
È stata un’idea nostra, di mia sorella: legare il cioccolatino della Majani al nostro Lambrusco.
Il Lambrusco era considerato, in passato, un vino più povero degli altri?
Un tempo era considerato un vino da pasto. Adesso è un vino da degustazione: negli ultimi anni ci sono stati grandissimi miglioramenti, la qualità del prodotto è molto alta e piace tantissimo ai giovani. Viene servito comunemente nei Wine Bar, all’ora dell’aperitivo. Gli Stati Uniti, con il Lambrusco Amabile, sono stati dei precursori dell’aperitivo al Lambrusco, dal gusto morbido.
Roberta Casolari affianca il fratello Roberto seguendo la parte amministrativa e di promozione di un’azienda a gestione familiare di quasi 300 ettari. Roberta, com’è l’azienda vista dall’altro lato della scrivania?
Vedo molte soddisfazioni. Ogni giorno. Ci sono tante cose da fare, bisogna essere fantasiosi e pensare sempre a qualcosa di nuovo per tenere in vita l’attività. Per stare in linea con le tendenze, con quello che succede nel mondo.
C’è molta competizione, però devo dire che alla fine è una sfida appagante, i risultati arrivano e dà molte soddisfazioni che ti ripagano l’impegno.
Si. Ci vuole sempre molto tempo, per i Social Network e la promozione su Internet. Per l’azienda è importantissimo. Con Facebook abbiamo avuto ottimi risultati.
Creare una comunità effettivamente interessata al prodotto, sui Social Network, è possibile?
Si. Richiede molto lavoro, però è possibile e ci sono buoni risultati. A livello italiano. Su un piano internazionale non abbiamo ottenuto obiettivi altrettanto buoni, il riscontro è stato molto diverso.
Roberto, com’era l’azienda di una volta?
Completamente diversa, così diversa da non poterla neppure immaginare – ti viene quasi nostalgia al solo vedere le vecchie foto, le stampe romantiche. Pensi a com’erano loro, ma sai bene che non potrebbe essere più così. Si pigiava coi piedi, si viveva la raccolta, la vita di ogni giorno era scandita da ritmi altrettanto serrati di quelli di oggi ma molto molto diversi. Ad esempio, non si sarebbe mai pensato di fare un prodotto destinato all’estero: c’era un vino che nasceva a Modena, e che era destinato a Modena o quasi, ed era un prodotto chiuso. Solo le aziende veramente grandi vendevano un po’ fuori dall’Italia.
Noi abbiamo innovato il nostro modo di fare vino applicando tecnologie avanzate, ma mantenendo la nostra tradizione di sempre. La nostra pratica, nel produrre il vino, è ancora quella di una volta – e la tecnologia ci aiuta un po’, ci permette di raggiungere la perfezione senza utilizzare prodotti chimici. Anche il nostro uso di fitofarmaci è limitato al minimo. E la tecnologia aiuta nella meccanizzazione delle fasi più ripetitive, come ad esempio l’imbottigliamento.
Roberta, era più un mondo di uomini, quello del vino?
Forse. Non più. Io ci vedo e incontro molte donne, è diventato un ambiente molto femminile.
Che cosa ricordi di più, del passato?
Già da piccolissima ero in azienda, e il momento più bello era quello della pigiatura dell’uva. Il profumo, lo star fuori la sera. Fino agli anni Settanta, tutto si faceva manualmente; sono ricordi che rimangono, che ci accompagnano sempre.
Roberto, qual’è l’aspetto del vostro lavoro sul quale la tecnologia moderna si è riflessa di più? La raccolta?
Nella nostra azienda c’è ancora una parte di raccolta manuale – non tutti i nostri vigneti sono predisposti alla raccolta meccanica, che certamente è di grande aiuto. La parte più manuale, tradizionale, è quella della lavorazione dei tagli di vino; per il resto, abbiamo automatizzato molto, e la macchina, l’elettronica hanno certamente sostituito la mano umana. Come un po’ in tutti i campi. Per farti un esempio d’innovazione tecnologica utilizziamo un filtro tangenziale della Permeare, molto all’avanguardia, che lavora senza scaldare il prodotto e senza alterarne il sapore, e il risultato è un vino brillantissimo. Con la nostra catena, imbottigliamo seimila bottiglie l’ora. È in questo che si vede la tecnologia.
Senza l’uomo, però, il vino buono non si fa. Anzi. Il cuore è quello dell’uomo, e senza la radice della tradizione non si raggiungerebbe il risultato che vogliamo. Il favore dimostrato nei confronti del vino italiano, negli Stati Uniti ad esempio, è cresciuto tantissimo. C’è stata un’esplosione di richiesta, e così anche negli altri stati verso i quali ci stiamo aprendo.
Come mai? A tuo parere, si tratta di marketing e moda, più che di qualità?
No, io credo il contrario. Credo che sia la qualità di quello che facciamo a farci amare – senza voler sminuire l’importanza di una buona promozione del prodotto. L’italiano, nei suoi prodotti, ci mette il cuore. E l’italiano, se vogliamo per una volta lasciar da parte i luoghi comuni, non è un sofisticatore. L’italiano su questi aspetti non t’imbroglia: non ti aggiunge delle cose, degli aromi – il prodotto, così come nasce, arriva alla fine della catena, a chi lo consuma. E questa è una cosa importantissima.
Oltre al vino, qual’è la tua più grande passione? Siamo vicini a Modena, penso di immaginarla …
I motori, i motori. Li amo tantissimo. Vino e motori, l’eccellenza. Ho partecipato a tre Rally automobilistici. Questa è una zona in cui iniziamo da piccoli: usavamo già le macchine, a quattro, cinque anni, e poi il motorino, l’elaborazione … prendevo la macchina a mio padre, e andavo in giro con mia nonna, in campagna. Forse è la passione per l’automazione, è qualcosa che abbiamo dentro. Ero sempre a vedere i motori in prova, andavo al museo Ferrari … le auto d’epoca … le mie automobili sono tutte elaborate, hanno tutte qualcosa di particolare, non ce n’è una normale, e non so neanche perché – è proprio una passione.
Anche la velocità?
Soprattutto. Corriamo tanto. È vero, è vero. Siamo nati così.
Il motore lo pensavate e sviluppavate quasi d’istinto, prima che diventasse grande ingegneria e produzione industriale.
Ci veniva naturale. Era quasi arte, anche quella; o forse – arte. Passione per l’unicità, nella meccanica di precisione, nei motori. Maranello, Fiorano, Sassuolo. Lamborghini, Pagani … Pagani produce bulloni ed elementi di fissaggio timbrati uno per uno – firmati dall’azienda, fatti e lucidati dall’operaio. Uno per uno. Anche in titanio, e alcune cose vengono prodotte solo qui a Modena: il disco, la morsettiera dei freni, le manigliette. I sedili in cuoio particolare. E il titolare, che è italo-argentino, segue tutte le fasi della lavorazione, le supervisiona. Producono pezzi unici, quasi unici al mondo.
Non occorre che ti chieda qual’è la tua auto preferita?
La Ferrari è il massimo. La GTO. La mia passione.
Qual’è il pubblico del vostro vino?
Abbiamo prodotti per tutte le fasce di pubblico, normalmente medio-alti. Negli ultimi tempi abbiamo riscontrato una crescita di domanda da parte della ristorazione di alta qualità, eventi museali, e anche la parte di grande distribuzione più attenta ai prodotti di qualità. Non il prodotto di massa, quindi. Ora ci rivolgiamo verso l’Asia, e io credo che funzionerà. Il prodotto Casolari piace.
Le dimensioni del potenziale mercato asiatico vi spaventano?
No, perché abbiamo, già da adesso, la possibilità di triplicare quasi subito la nostra produzione normale, e grazie alla nostra organizzazione di imbottigliarla rapidamente.
Cosa consiglieresti a un giovane che voglia avvicinarsi all’azienda agricola vista come impresa? È ancora possibile iniziare, oggi?
Un giovane che ha voglia di fare, che non si fa spaventare dalle difficoltà e che non ha subito grosse pretese – si, può iniziare. Si può. Non si deve aspirare al successo immediato, bisogna mantenere un’ottima qualità in quello che fai e andare avanti, con impegno e con costanza. Con onestà.
Roberto, cos’è, per te, l’onestà?
Niente di difficile. Fare quello che fai, con il cuore, farlo bene. Non mentire e non ingannare gli altri. Se lo fai, sei finito: basta una volta, due, e poi non ce la fai più.
Non sei pessimista.
No, non lo sono – e non lo sono mai stato. E non lo sarò mai. Sicuramente, e lo dico sempre, il periodo del consumismo è finito.
E la crisi?
Sai, eravamo abituati a comprare, a sprecare e a buttare – in qualsiasi aspetto della nostra vita. E questo non ci sarà più. Adesso ci siamo accorti che è sbagliato, e ci stiamo guardando attorno, cercando di fare le cose giuste, quelle essenziali. Ci vorrà un po’ di tempo, avremo ancora qualche anno non facile, ma abbiamo capito. Il sentore della ripresa c’è, però si ha paura, si deve riacquistare fiducia. Noi abbiamo continuato a lavorare, tenendo duro, e l’anno scorso abbiamo avuto un venti per cento in più nelle nostre vendite. E anche quest’anno inizia molto bene. Io sono ottimista.
Roberto Srelz © centoParole Magazine – riproduzione riservata
Vini Casolari fa parte del Consorzio Tutela del Lambrusco.
centoParole, con le sue fotografie, seguirà Vini Casolari durante la maturazione e la vendemmia del 2015.