Nonostante tutto, il soggetto amoroso afferma l’amore come valore.
Malgrado le difficoltà della mia vicenda, malgrado i disagi, i dubbi, le angosce, malgrado il desiderio di uscirne fuori, dentro di me non smetto di affermare l’amore come un valore…Ascolto tutti gli argomenti che i sistemi più disparati adoperano per demistificare, limitare, cancellare, in poche parole svilire l’amore, ma mi ostino: “sì certo, lo so, però…”
Attribuisco il discredito nei confronti dell’amore ad una sorta di morale oscurantista, a un realismo farsa, a cui oppongo il reale del valore: a tutto “ciò che non va” nell’amore, contrappongo l’affermazionedi ciò che in esso vale. Questa caparbietà è la protesta d’amore: dietro il coro delle “buone ragioni” per amare diversamente, per amare meglio, per amare senza essere innamorati, ecc…si fa udire una voce caparbia che dura un po’ più a lungo: la voce dell’Intrattabile amoroso.
Il mondo pone ogni iniziativa di fronte a un’alternativa; quella della riuscita o del fallimento, della vittoria o della sconfitta. Io affermo un’altra logica: contraddittoriamente, io sono al tempo stesso felice e infelice: per me ”riuscire” o “fallire” hanno soltanto un significato contingente, effimero(ciò che non toglie le mie pene e i miei desideri siano violenti); quello che, sordamente e ostinatamente, mi anima non è affatto calcolato: io accetto e affermo, fuori dal vero e del falso, fuori di ciò che che è riuscito e di ciò che è fallito; non mi pongo alcuna finalità, vivo secondo il caso (e riprova che le figure del mio discorso mi vengono per combinazione. Se misurato all’avventura(cosa che mi capita), non ne esco né vincitore né vinto: sono tragico.
(Mi si dice: questa specie d’amore non dà frutti. Ma come poter valutare ciò che fruttifica? Perchè ciò che dà frutti è un Bene? Perché durare è meglio che bruciare?)
Stamattina, devo scrivere con urgenza una lettera “importante”- dalla quale dipende il successo d’una certa iniziativa; scrivo invece una lettera d’amore – che non spedisco. Abbandono allegramente tristi incombenze, ragionevoli scrupoli, comportamenti reattivi imposti dal mondo, a beneficio d’un compito inutile, derivato da un Dovere luminoso: il Dovere amoroso. Quello che l’amore mette a nudo in me è l’energia. Tutto ciò che faccio ha un senso (posso perciò vivere senza lamentarmi), ma questo senso è una finalità inafferrabile: esso non è altro che la coscienza della mia forza. La inflessioni dolenti, consapevoli, tristi, tutto il reattivo della mia vita d’ogni giorno è sconvolto. Werther esalta la sua propria tensione e l’afferma di fronte alle insulsaggini di Alberto. Nato dalla letteratura, egli non può parlare se non valendosi dei suoi soliti codici; nondimeno, io sono solo con la mia forza, votato alla mia propria filosofia.
Nell’occidente cristiano, tutta la forza passa, sino ad oggi, attraverso l’Interprete come tipo(in termini nietzschiani, il Prete giudaico). Ma la forza amorosa non può spostarsi, mettersi di nuovo nelle mani d’un Interprete; essa resta dov’è, con il linguaggio, incantata, intrattabile. In questo caso,il tipo non è il Prete, ma l’Innamorato.
Vi sono due affermazioni dell’amore. Innanzitutto, quando l’innamorato incontra l’altro, c’è affermazione immediata(psicologicamente: estasi, entusiasmo, esaltazione, protezione folle d’un avvenire appagato: sono divorato dal desiderio, dall’impulso di essere felice): dico di sì a tutto (illudendomi). A tutto questo fa seguito un lungo tunnel: il mio primo sì è roso dal dubbio, il valore amoroso è continuamente minacciato dallo svilimento: è il momento della passione triste, il momento in cui vanno crescendo il risentimento e l’oblazione. Da questo tunnel, tuttavia io posso uscire; posso “sormontare”, senza liquidare; ciò che ho affermato una prima volta, posso affermarlo nuovamente, senza ripeterlo, poiché ciò che affermo è l’affermazione, non la sua contingenza: affermo il primo incontro nella sua differenza, voglio il suo ritorno, non la sua ripetizione. Io dico all’altro(vecchio e nuovo): Ricominciamo.
tratto da: Frammenti di un discorso amoroso, Roland Barthes, Einaudi