Ugo Borsatti: cinquant’anni di giornalismo

Ugo Borsatti. Foto di Nadia PastorcichUgo Borsatti [Ugo Borsatti: per prima cosa, la passione, 2011] nasce a Trieste nel 1927; frequenta la sezione geometri del Da Vinci, con la speranza di iscriversi poi ad architettura. Dopo essersi diplomato svolge molteplici tipi di mestieri e lavora a qualche progetto in veste di geometra. Grazie ad alcune foto fatte dopo l’otto settembre del 1943, che ottengono notevole successo, decide di aprire uno studio nella casa in cui è nato. Dopo nove anni si sposta in via Gatteri, dove tuttora lavora.

Nel 1964 la sua foto “Morte di un carrettiere nella galleria di piazza Foraggi” viene esposta al Museo d’Arte Moderna di New York (MOMA). Nel 1995, il Ministero dei Beni Culturali dichiara l’archivio fotografico – di circa 350mila negativi – di Borsatti un bene d’interesse storico. Nel 1997 questo archivio viene acquistato dalla fondazione CRTrieste.
Nel 2012 Ugo Borsatti festeggia i sessant’anni di attività e nel 2013 esce il suo libro di fotografie “Ugo e Noi”; inoltre nel giugno dello stesso anno riceve il “Sigillo Trecentesco” della città di Trieste.

Quest’anno a Ugo Borsatti, durante l’Assemblea annuale dell’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia, tenutasi martedì 31 marzo, viene conferito un riconoscimento per i cinquant’anni di iscrizione all’Albo dei Giornalisti.

Ugo Borsatti, che emozione ha provato quando le hanno consegnato questo riconoscimento per i cinquant’anni di iscrizione all’Albo dei Giornalisti?

È sempre una soddisfazione ricevere un riconoscimento. Come ho detto al presidente, Cristiano Degano, durante la premiazione: “Avrei avuto il diritto a questo riconoscimento già dodici anni fa”. Quando nel 1952 ho iniziato a lavorare, per essere iscritti all’albo, c’era l’obbligo di scrivere per i giornali: non si poteva solo fotografare. I fotoreporter da qualche anno sono ammessi, allora non lo erano. Infatti ho dovuto cominciare a scrivere per i giornali e solo nel 1965 mi sono potuto iscrivere all’Ordine – perdendo però dodici anni. La mia voleva essere soltanto una precisazione, non certamente un rimprovero (sorride).

Ugo e NoiCom’era il lavoro del fotoreporter di una volta? Adesso con i mezzi digitali è tutto più semplice; un tempo immagino che fosse più difficile…

In genere era tutto molto difficoltoso e per il reportage lo era ancora di più: c’era sempre l’urgenza di fare presto, correre per portare in tempo le foto. Oggi è tutto agevolato, invece allora bisognava fare il servizio, tornare indietro, sviluppare, portare le foto; insomma erano tempi lunghissimi, e anche il modo di fotografare in condizioni difficili, non era assolutamente semplice: si doveva girare con un pesantissimo flash – mi ricordo che il mio pesava sette chili, solo la cassetta – poi c’era una torcia enorme che serviva per avere luce sufficiente in condizioni in cui oggi si può benissimo fare senza. Quindi c’erano immense difficoltà rispetto ai giorni nostri.

Per quali giornali ha lavorato?

Ho lavorato per circa vent’anni principalmente per le edizioni di Trieste del Messaggero Veneto e de Il Gazzettino, e per il Messaggero di Udine e Il Gazzettino di Venezia che aveva fatto un’edizione per Trieste, sperando di potersi affermare; ma a Trieste era da sempre radicato Il Piccolo, per cui non era semplice inserirsi. Poi sono stato corrispondente del Corriere della Sera, e ho lavorato per altri giornali e per varie agenzie tra cui la Roto Foto di Milano che era del padre di Oliviero Toscani, Fedele Toscani – un grandissimo fotografo –, la Publifoto di Vincenzo Carrese e per l’agenzia di Tullio Farabola. Questi tre nomi erano quelli dei più grandi fotografi del dopo guerra.

Qual è stata la prima foto che ha scattato per un giornale?

Le prime foto riguardavano un’intervista fatta ad Irene Camber, che era la campionessa di fioretto della Società Ginnastica Triestina. Sono stato io a farle una piccola intervista. Mi ricordo che ero abbastanza emozionato.

Ugo Borsatti - 14 Settembre 1943E invece la foto che l’ha fatta più conoscere è stata quella successiva all’otto settembre del 1943?

Sì, era esattamente il quattordici settembre, quindi successiva all’otto settembre quando c’era stato il proclama di Badoglio. L’avevo fatta da casa, dove abitavo – in via Ginnastica – mentre stavano passando dei prigionieri italiani, scortati da alcuni soldati tedeschi. Era una cosa molto triste, ma ho scattato questa foto: avevo l’occasione di avere a disposizione una macchinetta di mio fratello con la pellicola, cosa che allora non era semplice: le pellicole si stentava a trovarle e costavano molto. Perciò, ho approfittato dei tre scatti che avevo e ho fatto questa foto che è diventata col tempo – quella volta andavo ancora a scuola – una delle foto più importanti, probabilmente perché era l’unica, o comunque rara, foto di quei giorni.

Concludo chiedendole: “Che cos’è per lei la fotografia?”

È tutto. Risposta secca (sorride).

 

Ringrazio Ugo Borsatti per la sua disponibilità e gentilezza.

Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata

2 commenti su “Ugo Borsatti: cinquant’anni di giornalismo”

  1. Il tempo passa per tutti, legge inesorabile, ma certe persone sembrano vincere il tempo, entusiaste ed attive come ancora sono per la loro professione. Questo si verifica principalmente nel campo artistico. Indubbiamente l’arte, che è innata, non può affievolirsi nell’ uomo, ma si rinnova continuamente, riuscendo, nell’interesse, a mantenere sempre giovane chi opera e produce. Così è per Ugo Borsatti, fotografo, qui intervisato brevemente , ma compiutamente, da Nadia Pastorcich, per il cinquantesimo della sua attività.

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