La storia di Danilo

James Ensor, Autoritratto con maschere, 1899

Danilo è un ragazzo poco più che ventenne. Viene dal Sud, dalla Puglia. Ha un amore sconfinato per la letteratura, tanto che sta scrivendo un libro, un’autobiografia in cui racconta, ovviamente, se stesso e, come direbbero alcuni, il suo essere “diverso”. Danilo ha iniziato ad avvicinarsi veramente alla letteratura in terza liceo, maturando poi, con il trascorrere degli anni, un sua concezione letteraria che lo ha portato ad approcciarsi alla scrittura. Inizialmente scriveva di cacciabombardieri, che erano la sua grande passione, e, così facendo, ricordava suo nonno. “E’ morto di cancro al pancreas. Glielo diagnosticai io dopo aver visto un documentario che trattava di varie malattie e dei rispettivi sintomi. Aveva gli occhi gialli… era un sintomo. Il giorno del suo funerale, mentre tutti stavano piangendo, io gli strinsi la mano. In quell’esatto istante un caccia ha attraversato il cielo”. Danilo ha iniziato così. Prima scriveva di aeroplani, poi è passato a parlare di Shoah, partecipando ad un concorso letterario e facendo così la sua prima esperienza editoriale, ed infine è approdato a se stesso. Il racconto di se e della sua omosessualità sono, infatti, il soggetto del romanzo che sta scrivendo.
Danilo è gay. E’ gay e parla molto velocemente; si anima quando discute di qualcosa che gli sta a cuore. E’ un pugliese trasferitosi, fuggito, a Trieste. La sua famiglia è molto credente, in particolar modo suo padre, che, ogni domenica, lo “perseguitava” per andare a messa: lo buttava giù dal letto e lo inseguiva per strada. Il loro rapporto non è mai stato troppo facile. Danilo è una persona aperta e democratica, suo padre non troppo. Certi argomenti in casa erano assolutamente tabù e l’omosessualità era uno di questi. Non vi si poteva nemmeno accennare. Nessun dialogo, nessun confronto… solo un muro. Il padre evitava il confronto. Si alzava, voltava le spalle al figlio e usciva dalla stanza; tutto questo con la voce di Danilo che gli risuonava nelle orecchie: “Stiamo parafrasando un libro scritto migliaia e migliaia di anni fa!!”. Così diceva riferendosi alla Bibbia. E lo diceva spesso, durante il pranzo della domenica, quello di Natale e quello di Pasqua. Ogni volta era una discussione, uno scornarsi. Per fortuna Danilo non doveva confrontarsi solo con le (deluse) aspettative del padre e con la sua autorità, ma aveva anche la mamma, sicuramente più aperta e, soprattutto, la nonna. La mitica nonna che si definiva “un’anziana bambina”, che vedeva le cose con semplicità, con disarmante semplicità. Parlare con lei era più facile, era possibile, ma si trattava comunque di un dialogo che nascondeva un segreto. Danilo non ha ancora fatto coming out. Lo farà quando avrà un lavoro, un compagno, insomma, una vita diversa e con più certezze. La sua famiglia non sa nulla. A casa sua nessuno sa nulla, solo alcuni amici, pochissimi amici. Qui a Trieste la storia, però, è diversa. Appena arrivato all’università Danilo ha deciso di non nascondersi più: città nuova, vita nuova. Si è mostrato. “Qui sono meno bigotti. La religione ha un peso minore e questo, secondo il mio punto di vista, cambia molto le cose, cambia molto il modo in cui gli altri vedono le cose. Qui, in linea di massima, ci sono meno ragazzetti che ti denigrano, che ti danno del frocio, meno persone che ti considerano un malato da curare. C’è una mentalità più aperta, non da paesino. C’è più cultura e la differenza, ahimè, si sente.” Per Danilo è così: al sud la mentalità è più chiusa e di certe cose o si ha una visione distorta o non si parla. I gay vengono associati ai idee come quelle di travestito, gay pride ed improvvisi cambiamenti di sesso. Di amore ed affetto non si parla. Di diritti tanto meno. Dicendo ciò non si vuole fare, come si suol dire, di tutta l’erba un fascio, assolutamente no. Non è giusto vedere tutto o bianco o nero, e Danilo questo lo sa, anzi, è il primo a sottolineare le “pecche nel mondo dei gay”. “Molti cercano solo il divertimento. E’ difficile trovare qualcuno con la testa sulle spalle, ed è ancora più complicato trovare il cosiddetto vero amore. Estremamente complicato.”
Danilo, quando si racconta, ti parla un po’ di tutto. Nomina le “sbronze eterosessuali”, che sono le serate passate con gli amici del liceo fingendo che ti piacciano le donne. Parla di una natura maligna e della sua condivisione del pensiero leopardiano. Nomina Freud, lo stato di natura (argomento che gli sta molto a cuore) ed accenna anche alle sentinelle in piedi. Argomenta ogni punto. Attacca, senza mezzi termini, la Chiesa e le sue contraddizioni. “Sono nato da un unione naturale fra i miei genitori. Perché devo essere considerato come innaturale? Perché devo essere considerato un malato? Perché i miei sentimenti, l’affetto e l’amore che provo, devono essere curati come se fossero qualcosa di obbrobrioso e contro natura?” Danilo si interroga. Inveisce contro la Chiesa e poi contro lo Stato. “Non mi sento protetto e nemmeno tutelato. Se rimanessi senza famiglia, se avessi solamente il mio compagno, e stessi per morire, mi lascerebbero crepare solo, e tutto questo perché il mio ragazzo, per la legge, non è, e non potrebbe essere, assolutamente nessuno. Non potrei avere al mio fianco la persona che amo. E non sto parlando di argomenti estremamente delicati come il lasciar crescere a una coppia gay dei bambini, sto parlando dell’avere dei diritti, delle tanto discusse unioni di fatto”
Danilo pensa di partire, di andare a vivere all’estero. Quando racconta ciò lo fa con rabbia ed amarezza. Non vorrebbe lasciare la sua amata Italia, la sua terra, ma se per vedersi riconosciuto il suo amore, i suoi diritti, dovrà andare all’estero, lo farà. Fuggirà da questo paese pieno di contraddizioni ed intolleranza. Fuggirà dal suo mare perché qui non vede un possibile futuro. “I gay sono persone che lasciano impronte sulla spiaggia ma le loro orme vengono cancellate dalle onde. Dovremmo essere, invece, segni indelebili sull’asfalto, impronte che si riempiono d’acqua e che vanno, così, completandosi colmando uno spazio vuoto. Gay ed etero, gay e Chiesa, gay e Stato. Non bisognerebbe lavorare indistintamente l’uno contro l’altro, bisognerebbe farlo assieme. Ciò, purtroppo, in Italia non è possibile”.
“O quam contempta res est homo, nisi supra humana surrexerit”. “Che cosa misera è l’uomo se non si sa elevare oltre l’umano”. Danilo si auspica un cambiamento e, mentre prova ad immaginarselo, finisce per volare con la mente a questa frase di Seneca. Da buon studente di lettere sogna un paese di progressisti, romantici e scapigliati ma, per adesso, resta appunto un sogno.

Francesca Forno © centoParole Magazine – riproduzione riservata

1 commento su “La storia di Danilo”

  1. L’Italia non è ancora pronta. Danilo purtroppo vede la soluzione del suo caso nella prospettiva di andare all’estero. C’è chi espatria per trovare lavoro e chi per altri motivi. Qualcosa qui da noi, evidentemente, non funziona su diversi fronti, che a volte addirittura si sommano.
    Danilo dovrà andare all’estero per raggiungere se stesso.

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