Oscar Niemeyer: curve pericolose

“Se si fanno opere in serie, non si è architetti ma operai: e questo perché dal mio punto di vista, l’architettura è invenzione, e in quanto invenzione è arte.”
È il pensiero di Oscar Niemeyer, uno dei più noti e importanti architetti a livello internazionale del XX secolo.
Tra i pionieri nell’esplorazione delle possibilità costruttive ed espressive del cemento armato, i suoi progetti riflettono l’uso di forme dinamiche e curvilinee così sensuali che molti appassionati di quest’ arte hanno visto in lui uno scultore di monumenti più che un architetto vero e proprio.

“Non è l’angolo retto ciò che mi affascina. Non la linea retta. Dura, inflessibile, creata dall’uomo. Ciò che mi affascina è la curva libera e sensuale. La curva che trovo nelle montagne del mio Paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle nuvole del cielo, nel corpo della donna. Di curva è fatto tutto l’Universo.”

Nato a Rio de Janeiro nel 1907, vissuto per quasi 105 anni, è stato uno dei più produttivi progettisti del secolo passato.
Non solo architetto ma anche ingegnere e ultimo grande maestro del Novecento, aveva ricevuto tra vari riconoscimenti anche il Premio Pritzker nel 1988 e il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1996.
Per quanto riguarda il periodo della giovinezza, per far fronte ad alcune difficoltà economiche e in seguito al senso di responsabilità derivato dal matrimonio con Annita Baldo, cominciò a lavorare nella tipografia del padre e si iscrisse all’ Escola de Belas Artes della sua città dalla quale uscì come ingegnere architetto nel 1934.
Alla fine della sua carriera universitaria iniziò a lavorare nello studio degli architetti Lucio Costa e Carlos Leao, i suoi primi lavori importanti invece risalgono al periodo relativo agli anni Trenta. Nel 1939 disegnò il padiglione brasiliano alla Fiera Internazionale di New York, attirando l’attenzione del sindaco di allora Fiorello La Guardia che lo premiò con le chiavi della città.
La svolta nella sua carriera arrivò solo nel 1956, in quest’anno infatti Juscelino Kubitschek venne eletto presidente del Brasile e convocò Niemeyer per il progetto di una nuova capitale, Brasilia.

«Fu a Brasilia che la mia architettura si fece più libera e rigorosa. Libera, nel senso della forma plastica; rigorosa per la preoccupazione di mantenerla entro limiti regolari e definiti. E, senza dubbio, divenne più importante perché si trattava dell’architettura di una capitale. La mia preoccupazione fu di caratterizzarla con le sue proprie strutture, alleggerendo gli appoggi con l’intento di rendere i palazzi più lievi, come se toccassero semplicemente il suolo, e incorporare l’architettura nel sistema strutturale» 

Avere l’opportunità di progettare e costruire una città di fondazione era il sogno di tutti gli architetti del movimento moderno ma solo pochissimi ci riuscirono.
Niemeyer venne in seguito nominato capo responsabile del collegio di architettura dell’Università di Brasilia.
Per quanto riguarda invece la filosofia architettonica che si cela nelle fessure e nelle sinuose curve delle opere di questo maestro, “quello che conta non è solo l’architettura ma sopratutto la vita”.
Fermamente convinto dell’idea secondo la quale l’architettura deve adattarsi alla natura senza modificarla, troviamo riscontro nella Casa das Canoas, progettata rimanendo adagiata sul naturale dislivello del terreno. In questo progetto la casa si fonde con il paesaggio circostante poiché “l’abitazione non è solo una macchina solida per proteggere l’uomo ma deve donare giustizia, bellezza e stimolo”.
Possiamo quindi dire che per Oscar Niemeyer l’architettura diventa un vero e proprio atto di bellezza, affermando che per lui “la fantasia è la ricerca di un mondo migliore”.

Valeria Morterra © centoParole Magazine – riproduzione riservata

 

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