OBEY: non solo streetwear

“I punti classici sono i pali della luce e la segnaletica pedonale all’altezza degli occhi, ma questi sono anche i primi posti a essere ripuliti. Se alzi il tiro, l’ideale è portarsi degli adesivi leggermente più grandi. Del resto, bisogna pur fare di necessità virtù, giusto?”

  shepardFairey_obeyGiantFrank Shepard Fairey, classe 1970, in arte noto come Obey è un artista e illustratore statunitense nonché uno dei principali esponenti della street art.
OBEY non è SOLO una marca bensì un’ esperimento di Street Art di un allora giovane studente di design, esso è un’operazione di riflessione sulla forza  della semantica, dei segni, dei significati e dei significanti.

All’inizio la gente non lo vedeva neanche” dichiara Fairey, si calcola infatti che dal 1989 al 1996 abbia stampato e ritagliato più di un milione di adesivi di tasca  propria. Che sia attaccato a un palo della luce, su un muro o sopra una telecamera di sorveglianza ciò che si vede è solo un volto dall’espressione immutabile che  guarda nel nulla, ma quando capisci che è una campagna di Sticker Art pervasiva inizi a notarlo dappertutto: nelle strade o tra i graffiti di un quartiere, appiccicati  in ogni angolo libero sulla superficie del tessuto urbano di Providence, Los Angeles, Boston, New York.

 “Viviamo in un mondo sovraccarico di pubblicità. Non c’è modo di evitarle quando cammini per strada. Obey Giant ti dice di comprare e obbedire, ma non sai  che cosa comprare o a chi obbedire. Funziona al livello elementare di catturare l’attenzione delle persone e fargli chiedere cosa sia un segno. Una volta che inizi a chiederti cosa sia quel segno, allora forse puoi iniziare a mettere in discussione tutti i segni.”

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Ma allora chi é OBEY GIANT?

All’epoca il giovane Fairey aveva solo 18 anni e frequentava la Rhode Island School of Design a Providence, follemente innamorato di un’allora nuova forma di arte, disegnava loghi e grafiche per stickers e magliette nel miglior negozio di skateboard della città finchè non gli capitò tra mani una fotografia di André René Roussimoff: lottatore di wrestling di origini francesi soprannominato “André The Giant.”

obey_logoColto da un’ intuizione creativa realizza subito un ritratto stilizzato, e lo converte in un adesivo accompagnato dalla scritta : “Andrè The Giant Has a Posse”. Ipnotizzato dal magnetismo della sagoma corre ad appiccicarlo su tutti i lampioni, cassonetti, muri, autobus e cestini della città. L’adesivo si diffonde come un virus, divenendo un simbolo della propaganda politica, del marketing, dell’ingiunzione insensata di ogni potere ad obbedire:

Quell’adesivo ti cattura perché sei tu stesso a definirne il senso e il contenuto.”

Tuttavia, come spiega Fairey, Obey Giant di per se non vuol dire nulla,  l’adesivo non ha un significato monotematico ma esiste perché le persone reagiscano, e vi cerchino qualcosa di proprio. Poiché Obey non ha un significato specifico, le varie reazioni e le interpretazioni di coloro che lo vedono riflettono le loro personalità e lo loro sensibilità.
Fairey nasce e cresce a Charleston, una città popolata da mezzo milione di abitanti del South Carolina. Dalle scuole superiori, comincia a disegnare i primi stencil punk per skateboard ma solo nel 1988, quando si trasferisce a Providence per frequentare la Rhode Island School of Design fa il grande salto.

“Providence aveva una scena artistica pazzesca rispetto a quello cui ero abituato” – ricorda – “C’erano migliaia di adesivi politici e musicali. Poi, cosa che mi interessava molto, trovai anche alcuni sticker artistici con la targhetta ‘hello my name is…’. Da quel momento iniziai a pensare all’adesivo come mezzo di espressione personale anziché come modo di rappresentare una band, un’azienda o un movimento.”

obey-giant-22-obama-hopeOggi il nome di Obey viene accostato a mostri della Street Art quali Banksy, Swoon e il californiano Twist. Prendendo spunto dalle opere Pop di Andy Warhol Fairey ha diversificato le sue creazioni applicando lo stile Obey Giant ai faccioni di politici, celebrità e icone punk. Uno degli ultimi suoi lavori ritrae Barack Obama in un manifesto dai toni del rosso e del blu, con scritte quali “Hope”, “Vote” e “Change”, durante la campagna elettorale del 2008.

 

Valeria Morterra © centoParole Magazine – riproduzione riservata

 

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