Musica 101 – 432Hz: nascita, crescita e morte della disinformazione

Sulla falsa riga di quanto scritto la scorsa settimana sulla musica 8D, si continua a dar battaglia alla disinformazione in ambito musicale. Uno dei miti più famosi in merito all’ascolto della musica è dato dalla lunghissima diatriba nei confronti delle frequenze con cui sono costruiti i brani che consumiamo. Più precisamente, questo dibattito nasce da una semplice considerazione: l’accordatura cui facciamo riferimento oggi per tutti gli strumenti musicali è costruita secondo principi matematici sbagliati, risultando così in una “percezione sonora” dannosa per il nostro organismo. Dovremmo quindi trasferire tutto quello che ascoltiamo dall’accordatura standard (440Hz) a una “nuova” accordatura più benefica e naturale (432Hz). La domanda sorge quindi spontanea: ci stiamo davvero facendo del male ascoltando la nostra musica preferita? Esiste davvero una musica che “qualcuno” ha deciso di non farci ascoltare? Mettetevi comodi perché sarà un lungo e bellissimo viaggio.

Per standard di accordatura si intende un sistema musicale in cui i suoni vengono regolati secondo specifiche equazioni e relazioni matematiche. Oggi, tale standard implica che la nota “la” dell’ottava superiore a quella centrale del pianoforte (o A5) sia a una frequenza di 440Hz e che tutte le altre note si “intonino” in relazione a questa semplice equazione. Tali relazioni vennero scoperte attraverso gli studi sul monocordo dal matematico e filosofo greco Pitagora. Egli ha scoperto che se si tende una corda singola e man mano si vanno a introdurre dei nodi (ad esempio, si dimezza la lunghezza della corda) si possono scoprire delle relazioni armoniche: dimezzando la corda si ottiene l’intervallo musicale di ottava (do – do), dividendo in la corda in tre l’intervallo di quinta giusta (do – sol), in cinque quello di quarta giusta (do – fa) e così via. Tali relazioni sono alla base delle scale musicali così come le intendiamo oggi. Su quest’ultima frase ci torneremo presto, ma prima di procedere occorre fare nuovamente un veloce e semplice ripasso di fisica. Come si diceva nell’articolo scorso, un suono è dato dalla vibrazione di un corpo in oscillazione che si propaga in un mezzo elastico come, ad esempio, l’aria. Tale vibrazione costituisce la frequenza a cui le onde si propagano in maniera identica in un dato periodo di tempo e questa viene misurata in hertz (Hz, o oscillazioni al secondo). Pertanto, maggiore sarà la frequenza, più acuta sarà la nota. Intonare gli strumenti a 432Hz significa “abbassare” la tonalità dei brani.

È possibile tuttavia che basti accordare gli strumenti in maniera diversa per ottenere dei benefici? E quali sono questi benefici? Secondo gli studi che avvalorano la teoria dei 432Hz, tale frequenza instillerebbe una maggiore armonia con la natura e le sue leggi. Senza sfociare nella superstizione di stampo olistico o religioso, dal punto di vista scientifico il numero 432 sarebbe un multiplo degli 8Hz, o risonanza Schuman, ovvero la frequenza fondamentale che emerge dal gruppo di picchi nella porzione di spettro delle basse frequenze del campo magnetico terrestre (calcolate nel 1952 analizzando il comportamento delle scariche elettriche dei fulmini nella cavità formata fra superficie terrestre e ionosfera). Tale frequenza fondamentale, secondo questa teoria, sarebbe la stessa secondo cui si sviluppa la sequenza del DNA e, conseguentemente, tutti i bioritmi. Non solo: nel momento in cui si procedesse matematicamente nel calcolo delle frequenze armoniche partendo dagli 8Hz, si scoprirebbe che uno dei suoi multipli sarebbe 432 e non 440. Di conseguenza la musica, i cui fondamenti fisici sono influenzati da tali relazioni matematiche, e i suoi protagonisti dovrebbero tener conto di questi calcoli. Fortunatamente, continuano gli studi, c’è chi si è battuto in passato per adottare tali relazioni matematiche in ambito musicale: Mozart, Verdi e i Pink Floyd, giusto per fare qualche esempio. Proprio Giuseppe Verdi, in una lettera del 1884 indirizzata alla Commissione Musicale del Governo scrive: «Fin da quando venne adottato in Francia il diapason normale, io consigliai venisse seguito l’esempio anche da noi; e domandai formalmente alle orchestre di diverse città d’Italia, fra le altre quella della Scala, di abbassare il corista uniformandosi al normale francese. Se la Commissione musicale istituita dal nostro Governo crede, per esigenze matematiche, di ridurre le 435 vibrazioni del corista francese in 432, la differenza è così piccola, quasi impercettibile all’orecchio, ch’io aderisco di buon grado. Sarebbe grave, gravissimo errore, adottare come viene da Roma proposto un diapason di 450 vibrazioni. Io pure sono d’opinione con lei che l’abbassamento del corista non toglie nulla alla sonorità ed al brio dell’esecuzione; ma dà al contrario qualche cosa di più nobile, di più pieno e maestoso che non potrebbero dare gli strilli di un corista troppo acuto. Per parte mia vorrei che un solo corista venisse adottato in tutto il mondo musicale. La lingua musicale è universale: perché dunque la nota che ha nome LA a Parigi o a Milano dovrebbe diventare un SI bemolle a Roma?». Le questioni per cui preferire i 432Hz ai 440Hz sono quindi di due tipi: da un lato di “maestosità” e “bellezza” della composizione; dall’altro, di una universalità del linguaggio musicale e di una maggiore connessione con il mondo intorno a noi.

Cominciamo a sfatare qualche bufala: no, la frequenza della risonanza Schuman non è 8Hz, bensì 7,83Hz. Qualora si dovessero calcolare matematicamente (e musicalmente) i rapporti armonici, il “la” non dovrebbe essere accordato a 432Hz ma a 430,4Hz. Tale approssimazione, nonostante i valori ottenuti siano “matematicamente piacevoli” poiché interi e non decimali, suggerisce tuttavia un altro problema, quello del temperamento. Per temperamento si intende il processo di costruzione dei valori armonici alla base di una scala musicale. Non tutti sanno che il sistema musicale cui facciamo riferimento oggi è definito come “temperamento equabile”, dove la distanza fra i singoli semitoni in un’ottava è dato dal valore radice dodicesima di due. Questo valore non è assolutamente “naturale” e non segue i principi armonici di Pitagora: giungere a tale sistema ha richiesto numerosi tentativi di risoluzione di problematiche pratiche e altrettante discussioni nel corso della storia della musica (per approfondire, si consiglia la lettura di Stuart Isacoff “Temperamento: storia di un enigma musicale”) poiché, utilizzando sistemi più “naturali”, si ottenevano suoni non piacevoli all’ascolto (come nel caso della “quinta del lupo” data dal temperamento pitagorico). E come funzionava prima? Ogni brano aveva una sua accordatura (questo almeno fino ai libri de “Il clavicembalo ben temperato” di Johann Sebastian Bach), cosa che oggi avviene esclusivamente nell’esecuzione di determinati repertori antichi. Se si abbassasse il “la” a 432Hz, la discussione dovrebbe spostarsi quindi anche sul tipo di temperamento utilizzato: usare il temperamento equabile non sarebbe altrettanto naturale, giusto? In secondo luogo ci sono i contesti storici e culturali: come insegna il musicologo Jean-Jacques Nattiez (“Il combattimento di Crono e Orfeo”), il vero problema da tenere in considerazione nell’analisi musicologica è dato dallo scorrere del tempo: ignorare questo passaggio significa cadere nell’errore della fascinazione di una realtà distorta che ha la presunzione di ignorare il “piano neutro” (nel nostro caso, la presenza di questo dibattito fra 432Hz e 440Hz) in favore di una ricerca teleologica del fenomeno. In altre parole, chi sostiene la teoria dei 432Hz ignora completamente le ragioni storiche e i contesti culturali per i quali si è giunti allo standard dei 440Hz: una su tutti, il gusto. Salire di frequenza è sinonimo di fornire una maggiore “brillantezza” al suono, tipico delle composizioni di un Richard Wagner o di una Katy Perry. Inoltre, come emerge dalla lettera di Verdi, “abbassare” la tonalità significa non far sgolare i cantanti, quindi ha un vantaggio esclusivamente dal punto di vista pratico. Pertanto: affermare che Verdi o Mozart o i Pink Floyd abbiano adottato una frequenza di accordatura diversa sia l’equivalente di aver inteso una “legge universale di natura” scomoda alla casta politica e culturale del loro tempo è un atteggiamento arrogante (poiché ha la pretesa di spiegare l’atto poietico, l’atto creativo incondizionato) e che abbonda di ignoranza.

Questo viaggio è ben lontano dall’essere portato a termine: ci sono numerosi aspetti che dovrebbero e meriterebbero di essere approfonditi. Tuttavia, se c’è una cosa che si può dedurre da questo viaggio è che è necessario diffidare dalle teorie che peccano di fonti (e, qualora ci fossero, queste devono necessariamente essere autorevoli!). Questa storia è un’ulteriore esempio di come è possibile prendere un argomento molto complicato e trasformarlo in una bufala pericolosa: esistono blog, filmati didattici, libri e articoli che propongono questa pratica come sostituto della medicina, per fare esempio agghiacciante. La diatriba fra 432Hz e 440Hz è uno degli aspetti più affascinanti della storia della musica, le cui risposte sono state già date da numerosi studi di scienziati, musicologi e compositori in maniera molto esaustiva. Tuttavia, tale dibattito rimane sul piano antropologico e culturale: non esiste nessun mastro burattinaio che nasconde la musica fatta a 432Hz. Badate bene: ascoltare musica a 432Hz non è “sbagliato” o “stupido”, ma è il mitizzare questa pratica di ascolto che è controproducente e pericoloso. Come per la musica 8D, se tale pratica permette di avvicinarsi a musiche nuove, ben venga, ma non cadiamo nel ridicolo della fascinazione. Qualora vogliate approfondire oltre ai libri proposti, uno YouTube e musicista, Adam Neely, ha pubblicato due video in merito alla faccenda con numerosi esempi musicali: se siete interessati, basta cliccare qui e qui.

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