Verona: lo scenario della storia d’amore tra Romeo e Giulietta, l’Arena, le meraviglie architettoniche, ma c’è anche lei: La Divina. Maria Callas.
In occasione dell’imminente quarantesimo anniversario della morte del famosissimo soprano e del settantesimo anniversario del suo debutto internazionale, avvenuto all’Arena di Verona con “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli, l‘AMO (Arena Museo Opera) rende omaggio a questa grande donna, con una mostra che va oltre il termine stesso della parola. “Maria Callas. The Exhibition” è molto di più.
Curata da Massimiliano Cappella l’esposizione si sviluppa negli incantevoli spazi di Palazzo Forti, in quattordici sezioni. Ogni frammento, fotografia, documento, video, avvicinano il visitatore a Maria Callas, al suo mondo, agli anni in cui è vissuta. Tutto diventa concreto, ma nel contempo impalpabile. Lasciandosi trasportare dalla voce penetrante della Callas, si perde la cognizione del tempo e dello spazio. Si diventa parte di quel mondo pieno di drammi e di gioie del soprano più amato, più applaudito del Novecento.
Con la sua personalità, il suo stile, la sua voce, in poco tempo Maria Callas è diventata un mito, un’icona. Il suo nome era – e lo è tutt’ora – sulla bocca di tutti, anche su quella di chi i teatri non li frequenta assiduamente. Nonostante il passare del tempo, la Divina è ancora nel cuore della gente.
Dalla fine degli anni Quaranta la Callas inizia ad apparire, in modo sempre più spropositato, sui quotidiani e riviste di vario genere. La sua vita privata diventa pubblica. Ed ogni momento è buono per uno scoop sulla diva. La sua fama è enorme. Tutti la desiderano. Tutti la vogliono. Conquista platee di tutto il mondo con la sua voce, con il suo sguardo.
Innumerevoli sono le foto esposte in mostra che immortalano la Callas in circostanze pubbliche e private. Immagini custodite negli album di Maria e arricchite con annotazioni. Inoltre tanti sono anche i ritagli di giornali con interviste, recensioni sulle esibizioni della Divina, molti dei quali conservati da lei accuratamente.
Oltre a ciò emerge la sua passione per la moda; per l’argenteria, che amava collezionare e soprattutto lucidare personalmente; per i gioielli, molti dei quali acquistati da Faraone in via Montenapoleone a Milano, che esibiva in occasioni pubbliche e private, o quelli regalateli dal marito Meneghini.
Simpatiche pure le regole comportamentali per la servitù, e l’intervista nella quale la Callas si rifiuta di parlare della sua “voce”, mettendo invece in risalto le sue doti culinarie.
La sua trasformazione più radicale avviene nel 1952, quando decide di fare una dieta davvero notevole. Da allora il suo modo di vestire cambia. La sarta Biki sarà l’artefice del suo nuovo look. Un esempio sono gli incantevoli abiti esposti in mostra: abiti da cocktail, abiti da sera neri con pailettes o lustrini; tubini, bolerini vari, da quello in pizzo nero a quello bianco con un fiocco enorme; vestiti in chiffon, in voile in seta – come quelli che chiudono l’ultima sala. Un paradiso per gli amanti delle stoffe, del buon gusto, di quell’arte sartoriale, caratteristica di quegli anni.
Questa mostra ha la capacità di regalare emozioni fortissime, facendo conoscere la vita di una donna straordinaria: Maria Callas.
Con l’ausilio dell’audioguida, il visitatore può entrare silenziosamente nella vita di Maria, lasciandosi trasportare dalla sua voce ammaliatrice. Ogni sezione è scandita da alcune arie celebri eseguite dal soprano: “Vissi d’arte” tratta dalla “Tosca”; “Suicidio” da “La Gioconda” di Ponchielli; il finale del secondo atto di “Aida”; “Casta diva che inargenti” della “Norma” di Bellini; l’aria tratta dall’opera “Samson et Dalila”, “Mon coeur s’ouvre à ta voix” di Camille Saint-Saëns; la cavatina di Rosina da “Il Barbiere di Siviglia”, e infine “O mio babbino caro”, tratta da “Giovanni Schicchi” di Giacomo Puccini.
La prima sezione (“America-Grecia: andata e ritorno 1923-1947“) della mostra traccia l’infanzia di Maria Callas – Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulos. Maria nasce al Flower Hospital di New York, il 2 dicembre del 1923, da George Kalogeropoulos e da Evangelia Dimitriadou. Dopo la separazione dei genitori nel 1937, la ragazzina va in Grecia con la madre.
Maria, giovanissima, riesce ad ottenere un’audizione per l’ammissione al Conservatorio di Atene. Inizia così gli studi musicali con Maria Trivella, per poi passare a quelli con il soprano Elvira de Hidalgo.
Ma il suo debutto avviene il 2 aprile del 1939 al Teatro Olimpia di Atene con la “Cavalleria Rusticana” di Mascagni. Da allora Maria Callas inizia ad esibirsi frequentemente.
Per mancanza di nuovi contatti e l’accusa di collaborazionismo, Maria parte per New York il 15 settembre del 1945.
Il 3 dicembre fa la sua prima audizione al Metropolitan Theatre dove canta “Casta Diva” (dalla Norma) e “Vissi d’Arte” (dalla Tosca).
In questo periodo conosce l’agente teatrale Eddie Bagarozy, il quale la scrittura per la “Turandot”. Purtroppo questo progetto non va in porto; ma le consente di incontrare il basso Nicola Rossi Lemeni, che riesce a procurarle un’audizione con il tenore Giovanni Zenatello – direttore della stagione operistica all’Arena di Verona. La Callas viene subito scritturata come la protagonista de “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli. Maria parte così per l’Italia. È il 1947 e lei ha 23 anni.
“Il successo e l’amore. Verona, 1947-1954” è la seconda sezione che racconta il periodo veronese di Maria Callas. Arrivata in Italia il 29 giugno del 1947, prende il treno per Verona. Giunta a destinazione, viene invitata ad una cena al Pedavena dove conosce l’industriale veronese Giovanni Battista Meneghini. Tra i due nasce più di una semplice amicizia, nonostante i ventisette anni di differenza.
Il 2 agosto 1947 debutta all’Arena di Verona nel ruolo di Gioconda, diretta dal maestro Tullio Serafin.
L’amore tra Maria Callas e Giovanni Battista Meneghini viene coronato dal matrimonio che avviene il 21 aprile 1949, nella cappella dei Padri Filippini a Verona.
Nella terza sezione (“Cuore Sacro”) vi è l’olio su tavola raffigurante una Sacra Famiglia, dipinto dal pittore veronese Giambettino Cignaroli, regalatole da Meneghini, l’1 agosto, il giorno antecedente il debutto della Callas nell’opera “La Gioconda”. Da allora diventa il suo portafortuna. È il suo personale talismano – così definito dalla cantate.
Inoltre, in questa sala, vi è anche esposta l’argenteria tanto amata da Maria Callas, che lei stessa puliva. Compaiono pure i suoi gioielli – altra sua grande passione, oltre che gli argenti – acquistati a Milano da Faraone, in via Montenapoleone.
Proseguendo si arriva alla sezione dedicata ai successi (“I grandi debutti. Venezia, Firenze e Roma, 1947-1958” – sezione quattro). Con il debutto all’Arena, in Italia si inizia a parlare sempre di più della Callas. Se a Verona la Divina conquista il pubblico e i critici, alla Scala di Milano, nel settembre del 1947, durante un’audizione, Mario Labroca (direttore artistico della Scala di Milano) la critica negativamente.
Tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli anni Cinquanta, il soprano calca le scene di importanti teatri italiani, facendosi conoscere sempre di più per i suoi ruoli nella “Norma” di Bellini, nella “Lucia di Lammermoor” di Donizetti, e ne “La Traviata” di Verdi; ma se ne aggiunge un altro: il 7 maggio del 1953, per la prima volta, interpreta Medea, dell’omonima opera di Luigi Cherubini.
Si esibisce alla Fenice di Venezia con “Tristano e Isotta” di Wagner, canta poi a Udine, a Trieste (“Norma” di Bellini, 1953), Genova, Roma, nuovamente a Verona e a Firenze dove, con la “Norma”, ha un clamoroso successo. Il suo cachet ora è dalle 50 alle 100 mila lire a serata.
Tutto sembra procedere per il verso giusto, quando il 2 gennaio del 1958, al Teatro dell’Opera di Roma, dopo il primo atto della Norma, Maria Callas, raffreddata e sofferente, è costretta ad interrompere la recita.
Il 3 settembre del 1957 a Venezia incontra Aristotele Onassis.
Non solo l’Italia la vede sulle scene: pure l’America. La quinta sezione (“La conquista del Sudamerica. Argentina e Messico, 1949-1952”) infatti mette in luce le sue esibizioni all’estero come quella al Teatro Colón di Buenos Aires, quella a Città del Messico al Palacio de las Bellas Artes, e quella a San Paolo del Brasile, fino a giungere a quella a Rio de Janeiro.
Durante la tournée americana, Maria torna spesso in Italia. La sesta sezione (“Finalmente la Scala. Milano, 1950-1953”) ci riporta nella sua patria adottiva, in particolare a Milano.
La possibilità di esibirsi alla Scala arriva presto: è il 12 aprile del 1950, quando Maria Callas sostituisce Renata Tebaldi, nel ruolo di Aida.
Tra il 1950 e il 1962 è la protagonista di 181 serate in 23 opere del teatro milanese. Il suo repertorio si allarga sempre di più. Da “Machbeth” di Giuseppe Verdi alla Scala, a “I Vespri siciliani” sempre dello stesso autore – quest’ultima opera, diretta dal M° Victor De Sabata, inaugura la stagione lirica 1951-1952 dell’Arena – al trionfo nel 1953 nel ruolo di Medea a Firenze.
Lungo è il periodo della Divina alla Scala di Milano. Nella settima sezione (“La Callas-Scala. Milano, 1954-1962”) si delinea proprio il rapporto tra il teatro milanese e il soprano.
Dopo alcune esibizioni a Venezia e Genova, ritorna a Milano dove interpreta “Alceste” di Christoph Willibald Gluck, diretta da Carlo Maria Giulini, con i costumi disegnati dal pittore e scenografo Piero Zuffi.
Sempre alla Scala la si vede ne “La Vestale” di Gaspare Spontini, opera che segna l’esordio alla regia di Luchino Visconti.
Con questa opera tra la Callas e Visconti nasce un forte legame di amicizia e lavorativo: per quattro anni, dal 1954 al 1957, cinque saranno le produzioni che vedranno i due lavorare insieme – La Vestale, La Sonnambula, La Traviata, Anna Bolena e Ifigenia in Tauride.
Ad Edimburgo Maria rifiuta di interpretare la quinta recita de “La Sonnambula” di Bellini. I rapporti con Antonio Ghiringhelli (Sovrintendente del Teatro alla Scala) iniziano così ad incrinarsi. Tra alti e bassi, alla fine la Callas decide di non cantare più nel teatro milanese. È il 19 maggio 1958. Dopo due anni però ritorna a Milano con il Poliuto di Gaetano Donizetti.
Va ricordata la sua interpretazione nella “Medea” di Cherubini, che segna il suo addio al palcoscenico della Scala.
Se le critiche delle sue esibizioni sono spesso positive, ce ne sono delle altre sul suo aspetto fisico tutt’altro che buone. Con “Icona di Stile” (sezione otto) scopriamo una Callas molto attenta alla moda, al buon gusto e soprattutto alla linea.
Nel 1952, infatti, decide di cambiare. La sua icona? Audrey Hepburn. Tale scelta nasce quando Maria Callas sale per la prima volta la scala di vetro, che conduce alla sala prove dell‘Atelier della sarta Biki (nome d’arte di Elvira Leonardi Bouyeure), situato in via Sant’Andrea n.8 a Milano. Ma l’incontro tra la sarta e la cantante avviene qualche tempo prima a casa di Toscanini.
Tra il dicembre del 1952 e la primavera del 1954, la Divina si sottopone a una dieta ferrea.
Curiose sono le annotazioni delle perdite di peso ad ogni sua esibizione. Dai suoi quasi 100 chili per 1 metro e 73 di altezza, arriva a pesarne 64.
Maria Callas ormai non è solo “voce”, ma diventa anche un’icona glamour, grazie anche alla sua sarta: Biki. Nel 1957 viene riconosciuta come la donna più elegante del Mondo.
Esposti in mostra molti figurini di Biki e abiti della Divina creati dalla sua sarta milanese, Alain Reynaud, Dior, Saint-Laurant, Pierre Balmain – per citarne alcuni. La Callas è una donna da imitare. Il suo stile è unico.
Noto lo scatto in bianco e nero del 1958 di Maria Callas, realizzato da Jerry Tiffany a New York, per la casa discografica EMI, dove la silhouette del fotografo si intravede nelle pupille del soprano.
Custodito ben stretto dalla Callas, è il servizio di Milton Green, fatto nella casa Milanese della Divina, nel 1959, come regalo per il decimo anniversario di nozze con Meneghini.
“Regina alla corte di sua Maestà. Londra, 1952-1973” (sezione nove): dal debutto al Covent Garden di Londra nel 1952, con la “Norma” di Bellini, all’amore con Onassis.
Londra l’accompagna fino alla sua ultima apparizione in un’opera completa nel 1965.
In occasione della prima di “Medea” di Luigi Cherubini, al Covent Garden (17 giugno 1959), viene organizzata una festa da Aristotele Onassis, al Dorchester Hotel. Tra i presenti molti dei personaggi più in vista del jet-set internazionale.
Il mese successivo Maria Callas e suo marito sono ospiti dell’armatore greco Onassis, sul suo lussuoso panfilo “Christina”.
In seguito alla crociera, la storia d’amore sbocciata tra la Callas e Onassis diventa uno dei temi preferiti dai media. Il matrimonio con Meneghini finisce bruscamente.
Nella sezione dieci (“Il ritorno a casa. Chicago – New York – Dallas – Atene – Epidauro, 1954-1965”) Maria Callas torna negli Stati Uniti. Successivamente le esibizioni e i trionfi italiani, nel 1954 debutta sul palcoscenico della Lyric Opera di Chicago con “La Traviata” di Giuseppe Verdi e “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti. Poi, nel 1956, giunge al Metropolitan di New York, dove esegue la “Norma”, la “Tosca” e “Lucia di Lammermoor”.
La famosa rivista TIME, in seguito al successo al Metropolitan, dedica al soprano la copertina: un ritratto di Maria Callas fatto dal pittore austriaco Henry Koener.
Il rapporto con il direttore del Metropolitan, Rudolf Bing, inizia ad incrinarsi. Sono i teatri di Chicago e Dallas a riservarle le maggiori attenzioni. È proprio a Dallas che canta la sua ultima “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti (6 novembre 1959).
Nel frattempo la notizia della separazione da Meneghini è su tutti i giornali.
Non solo gli Stati Uniti accolgono la grande diva, pure la Grecia lo fa: Maria torna nella sua terra, la terra dei suoi avi, esibendosi al Teatro di Erode Attico. È il 5 agosto 1957. Agli inizi degli anni Sessanta torna a cantare, per ancora due volte, al Teatro di Epidauro.
Il suo amore per Onassis è ormai cosa certa, ma questa travolgente storia d’amore non avrà un lieto fine.
America, Grecia, Italia, ma anche Parigi segna parte della vita di Maria. “Dal trionfo più grande alla solitudine. Parigi, 1958-1977” (sezione undici): il 19 dicembre del 1958 uno dei più importanti e grandi eventi della storia della lirica la vede come protagonista. Stiamo parlando del Gran Gala organizzato in occasione del suo debutto all’Opèra di Parigi, dove le viene conferita la Legion d’Onore.
Con la separazione alle spalle dal marito, lascia la casa di Milano in via Buonarroti n. 40, trasferendosi, nel 1962, a Parigi; prima nell’appartamento in Avenue Foch n. 44 e poi in Avenue Georges Mandel n. 36, dove vivrà fino alla fine dei suoi giorni.
All’Opéra di Parigi canta nuovamente e i successi sono scontati. A dirigerla è il M° Georges Prêtre, che tra l’altro la guida in un nuovo debutto; un debutto solamente discografico nella “Carmen” di Georges Bizet.
In questi anni viene immortalata da importanti fotografi quali Christian Steiner, Philippe Le Tellier, Richard Avedon.
Significativa è l’entrata nel mondo del cinema di Maria. A parlane è la sezione dodici, riservata a Medea. A metà degli anni Sessanta la vediamo a Parigi, New York e Londra, ma la Divina sposa una decisione alquanto determinante: decide di non esibirsi più in un’opera completa.
Ormai la vita di Maria assume una piega malinconica: l’amore con Onassis si interrompe bruscamente, quando egli incontra Jacqueline Kennedy.
In questo momento così delicato, Pier Paolo Pasolini le offre la parte da protagonista nel suo film, Medea. Maria accetta.
Il film viene girato tra il maggio e l’agosto del 1969, tra Roma, Pisa, Marechiaro di Anzio, la laguna di Grado, Viterbo, la Siria e la Turchia. Le scenografie sono di Dante Ferretti e i costumi di Piero Tosi. Durante le riprese forte è il legame di amicizia tra Pasolini e la Callas, che mai svanirà.
Esposti in questa sezione troviamo il vestito indossato da Maria nel film di Pasolini; la giacca in pelle indossata dalla Divina nei momenti di libertà, fuori dalle riprese; e la collana regalatale da Pasolini.
Nella sezione successiva (Dettagli di Diva. Il guardaroba), la numero tredici, sembra di entrare nel guardaroba privato della Callas: abiti, scarpe, turbanti, cappelli, borse, e accessori vari. Raffinatezza, eleganza, semplicità.
Il guardaroba di Maria Callas era enorme e si potevano trovare i vestiti realizzati da Biki e Alain Reynaud, cuciti a puntino.
Purtroppo, con il trasferimento a Parigi, Maria brucia gran parte dei suoi capi – vediamo esposta una parte dell’abito bianco con texture a fiori, una creazione di Biki, indossato in una delle edizioni del Festival del Cinema di Venezia; al suo ritorno in Grecia nell’anfiteatro Erode Attico; e per un ritratto fatto da Silvano Caselli, da lei stessa commissionato.
Non solo la moda italiana sembra affascinare Maria: arrivata nella capitale parigina, il suo armadio si riempie di Saint Laurent, Dior, Pierre Cardin, fino ad Hermès e Alexander – per le parrucche. La sua sarta Biki e Alain continuano a vestirla.
L’ultima sala si chiude con un gran finale. Nel marzo del 1974 nella sala della Carnegie Hall di New York, Maria Callas viene accolta da un numeroso pubblico – tra i presenti Andy Warhol, Josephine Baker, Paulette Goddard. Si sente esclamate: “You are Opera!”
Convinta da Giuseppe Di Stefano inizia una lunga tournée in giro per il mondo. La Callas è nuovamente sulle scene. Nel novembre del 1975 al NHK di Yokohama, diretta da Giuseppe Di Stefano, la Callas sta per esibirsi di nuovo in un’opera unica (“Tosca” di Puccini), ma, all’ultimo momento, rinuncia, venendo sostituita da Montserrat Caballé.
A toccare il cuore di Maria sono le perdite di alcuni suoi cari: Onassis, Pasolini, Visconti. Da allora si ritrova a vivere sempre più in solitudine, nel suo appartamento parigino.
Maria Callas muore per un arresto cardiaco a Parigi, il 16 settembre 1977, a soli 53 anni.
Il 20 settembre viene celebrato il funerale nella chiesa greca ortodossa di Parigi, e il 3 giugno del 1979 le sue ceneri vengono disperse nel mare Egeo.
“La morte non esiste; esiste solo la vita. E io non morirò mai” – queste sono le parole di Maria Callas, che chiudono la mostra a lei dedicata.
La mostra, con il Patrocinio del Comune di Verona, è promossa da Fondazione Arena di Verona ed è prodotta e organizzata da Arthemisia Group con il contributo del Gruppo AGSM.
Il biglietto della mostra su Maria Callas dà la possibilità di vedere anche quella del fotografo inglese Terry O’Neill.
Entrambe le esposizioni sono visitabili fino al 18 settembre, con il seguente orario: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì-domenica dalle 9.30 alle 19.30.
Qui le foto degli abiti esposti in mostra sui manichini firmati Bonaveri.
Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.