Emily - Lorenzo Invernici

Lorenzo Invernici: il lato più oscuro

Lorenzo InverniciAvere la possibilità di esplorare uno studio fotografico è una fortuna non da poco, soprattutto per chi, appassionato di fotografia, può anche scambiare due chiacchiere con il fotografo: Lorenzo Invernici , giovane fotografo ritrattista di Brescia, ha condiviso con me i suoi pensieri e le sue esperienze, in un’atmosfera amichevole, coinvolgente e carica d’empatia.

Lorenzo parlami di te, delle tue esperienza e della tua storia.

Sono arrivato fino a qui come fotografo tramite un percorso che nasce con mio padre: lui è un fotografo naturalista, mi portava con sé durante le sue uscite dandomi in mano una macchina fotografica analogica con tele. Da queste esperienza ho cominciato ad impratichirmi, imparando le basi e tutti i tecnicismi propri della macchina fotografica.

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Lorenzo Invernici - fotografoChe tipo di fotografia prediligi, quindi?

La fotografia di tipo naturalistico non mi interessava, ho bensì cominciato ad accostarmi alla fotografia ritrattistica al primo anno d’Accademia di Belle Arti, ove ho seguito un corso riguardante la fotografia digitale e da qui ho approfondito le lezioni sul ritratto e sulla gestione dello scatto in post-produzione. Da qui il desiderio di avere una Reflex digitale, a ciò si è accostato anche il mio interesse verso i programmi di post- produzione e verso la musica elettronica.
È proprio in quest’ambito che ho conosciuto i miei primi clienti, conciliando così l’ interesse verso il mondo della fotografia e quello musicale.

Qual è stato il percorso di evoluzione verso la fotografia ritrattistica?

Dopo essermici avvicinato finito il primo anno di università, ho cominciato a seguire Blog fotografici di fotografi emergenti: di grande ispirazione è stato per me Joey Lawrence, il quale costruiva una scena come una ambientazione di un film, stile che io prediligo, con mezzi non professionali.
In quel periodo mi ero quindi cimentato nel “Compositing”, cioè fotografare in studio su di uno sfondo uniforme e costruirne una scena in post-produzione.

Come ti approcci ai tuoi soggetti?

Evito di “piazzare” il soggetto direttamente nella scena: nella fotografia di ritratto penso si debba entrare in sintonia con una persona e parlarci per metterla a proprio agio, come se si fosse amici da una vita. Ci vuole empatia per poter capire come relazionarsi, è per questo motivo che solitamente non utilizzo la macchina fotografica almeno nei primi quaranta minuti.
Per esempio, talvolta interagisco con la modella quando quest’ultima si trova al make-up: ciò mi da’ la possibilità inoltre di osservarla e di studiarne il profilo sotto diverse luci.

Lorenzo Invernici - fotografoChe messaggio vuoi comunicare nelle tue foto?

Voglio far emergere il lato più oscuro e disturbato delle persone: quando un fruitore guarda l’immagine, se riesce ad apprezzare il lato peggiore del soggetto, allora sarà in grado di coglierne anche le doti positive. Desidero che i mie soggetti manifestino nella fotografia i loro segni del passato, i loro ricordi: in base a quelli che sono i ricordi evocati, le loro espressioni mutano.
Quando interagisco con loro cerco di parlare passando dalle loro esperienza di vita ai momenti della vita comune: penso che entrambi gli aspetti siano da tenere in conto in maniera uguale.

È proprio durante queste chiacchierate che emerge spontaneamente il percorso di vita delle persone.

Lorenzo InverniciA chi consiglieresti la professione di fotografo?

Consiglio di fare ciò che ci si sente a prescindere da quelli che possano essere i guadagni: ciò che conta è che porti ad una crescita interiore. Io stesso mi ritrovo ad affrontare progetti fotografici personali a budget zero: un progetto infatti può partire da un’idea e trasformarsi in qualcosa di diverso e così penso sia il cimentarsi in quest’ambito, seguendo quindi l’evoluzione delle cose.

Il consiglio che mi sento di dare a chi è appassionato di fotografia e vuole rendere ciò una realtà concreta è di essere onesti con se stessi, conoscere i propri limiti e lavorarci sopra per poterli superare.
Essere professionali ed onesti è importante, qualsiasi sia poi la retribuzione: il passaparola funziona ancora molto ed è quindi importante il rapporto che si riesce a costruire.

Cosa vedi riguardando il tuo percorso dall’inizio fino ad oggi? Come è mutato?

Riguardo i miei primi scatti e quelli più recenti e osservo l’evoluzione del mio pensiero e anche l’evoluzione tecnica.
Ho ripreso i miei primi scatti e li ho rifatti con una nuova tecnica e una nuova visione d’insieme: quello che ho ottenuto in questo caso (allega foto) è una foto più pulita, più incentrata sul soggetto e anche più “dark”.

_MG_3657bisCos’è che più ti piace e ciò che invece meno gradisci della fotografia?

Ciò che assaporo maggiormente è la sera prima di un servizio fotografico: è quel momento in cui raduni idee, pensieri, fai ricerca e studi come poter superare i limiti tecnici. È importante partire da un concetto di base da far in seguito evolvere.
L’aspetto che meno mi piace è invece la maniera maniacale su cui ci si riversa sull’attrezzatura affinché sia sempre all’avanguardia, alla pari di una tendenza dell’ultimo momento.

Hai cominciato il tuo percorso fotografico con una macchina fotografica analogica e adesso lavori con corpi macchina digitali: qual è il tuo pensiero nel divario analogico- digitale?

La macchina fotografica digitale ha l’indubbio vantaggio di avere un feedback immediato, ma allo stesso tempo toglie il pensiero che ci sta dietro. La pellicola porta con sé l’obbligo di pensare, riflettere, ma soprattutto l’ansia, l’attesa e il saper cogliere l’attimo giusto per poter premere il pulsante ed immortalare il soggetto in uno scatto.

L’intervista si conclude con il montaggio di un set, durante il quale il fotografo mi spiega con pacatezza il funzionamento delle luci e la scelta da farsi per i vari tipi di immagine, assistendo infine, a qualche scatto di prova, osservando il fotografo all’opera.

Letizia Bevilacqua © centoParole Magazine – riproduzione riservata

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1 commento su “Lorenzo Invernici: il lato più oscuro”

  1. La fotografia va oltre lo scatto che richiede. E’ una confessione del soggetto ritratto, un mettersi a nudo davanti all’obiettivo, il raccontarsi al fotografo prima ancora di essere fissato in una posa. La fotografia è un messaggio, è un’emozione che coinvolge tutti, da chi esercita la professione al soggetto ritratto, a chi lo guarda e ne scopre i tratti, leggendo negli occhi della persona, o nella sua posa, quello che quella persona magari non saprebbe dire del tutto a voce, ma comunica e trasmette col gesto.
    Lorenzo Invernici (per giunta mio concittadino per nascita) nella sua intervista a Letizia Bevilacqiua ci insegna una grande virtù, molto rara, ma tanto preziosa ai nostri giorni, quella della modestia. Mi sembra l’atteggiamento più giusto al fine di porsi di fronte ad ogni cosa nella vita, sapendo trarre sempre quel tanto di nuovo per arricchire la propria esperienza e, nel caso della fotografia di cui si parla, l’arte di chi la pratica.

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