Immergere la propria anima in luoghi fiabeschi dall’atmosfera romantica? È possibile, grazie a John William Waterhouse. L’artista inglese nacque a Roma nel 1849 da genitori entrambi pittori e crebbe a Londra con l’amore per la letteratura; in quel periodo vennero rivalutate le opere di Shakespeare e per lui, come per tanti altri “colleghi”, diventarono una delle principali fonti di ispirazione. Il tema più ricorrente nei suoi dipinti è quello della donna che soffre per amore: Psiche, Giulietta, Ofelia, la dama di Shalott, Danae e molte altre.
La corrente a cui questo artista appartiene, anche se tardivamente, è quella simbolista e decadentista dei Preraffaelliti, che si opponevano al rigido accademismo vittoriano e volevano quindi recuperare un’arte più spontanea. Il nome deriva da Raffaello Sanzio, che secondo questo movimento aveva inquinato l’arte e dato vita all’accademismo.
“Miranda” è uno dei primi dipinti (olio su tela) di Waterhouse e risale al 1875. Vediamo già presente il tema dell’acqua e dei lidi in cui le protagoniste dei suoi quadri riflettono il loro stato d’animo. La ragazza raffigurata è appunto Miranda, figlia dell’esiliato duca di Milano Prospero, un personaggio dell’ultima commedia di Shakespeare “La Tempesta” (1610). Come in tutte le opere di questo artista, vediamo colori fortemente tonali e cupi, molto ‘mescolati fra loro’ e quindi lontani dalla tecnica impressionista che stava sorgendo in Francia. Il chiaroscuro è plastico e lo si nota specialmente sulle vesti della ragazza. Lo sguardo verso l’orizzonte aggiunge profondità allo sfondo.
Uno dei dipinti, a mio parere, più belli di Waterhouse si chiama “Ophelia” e risale al 1889. La ragazza che giace distesa sull’erba è uno dei principali personaggi femminili della tragedia “Amleto”, e con una mano tiene i suoi capelli e con l’altra dei fiori. Il chiaroscuro è essenzialmente diverso dal dipinto precedente che apparteneva agli anni ‘70, in quanto non vediamo drappeggi delle vesti e rilievi particolari, ma invece notiamo un tratto più corto delle pennellate, più pittorico. Il paesaggio benché molto bello non è idealizzato, ma si attiene ad un certo realismo.
Lo splendido dipinto “The Lady of Shalott” è ispirato all’omonimo poema romantico dello scrittore inglese Alfred Tennyson e raffigura la dama che si innamorò dell’eroe del ciclo arturiano Lancillotto; qui lei si trova alla deriva nella sua imbarcazione funebre; infatti, secondo la maledizione che la colpì, era destinata a morire se si fosse girata a guardare verso Camelot.
Tante sono le sirene (sia mezze pesce, sia mezze uccello) dipinte da questo artista; questa risale al 1900 e viene ritratta mentre guarda il povero marinaio che è stato attirato dal suo dolce canto e ora sta annegando. Sebbene le figure siano senza vestiti, non si vede mai nessuna completa nudità nei quadri di Waterhouse.
“Psiche apre la porta del giardino di Cupido” è un quadro a cui sembra sia stato applicato un filtro rosa. Infatti i colori si intonano tutti ai capelli e alla veste di Psiche, principessa della mitologia greca; era così bella da essere considerata migliore di Afrodite, che, gelosa, inviò suo figlio Eros (chiamato anche Amore, o dai latini Cupido) perché lei si innamori del più brutto uomo sulla Terra. Quando lui la vide, però, dimenticò l’ordine di sua madre e diventarono amanti; dopo mille peripezie, i due grazie a Zeus riuscirono a restare uniti e nacque una bambina, che chiamarono Voluttà.
Waterhouse fu molto famoso in vita, ma venne dimenticato fino a pochi decenni fa, quando venne rivalutata l’arte d’epoca vittoriana. Morì di cancro nel 1917, lasciando a metà numerosi suoi quadri.
Giulia Ambrosini © centoParole Magazine – riproduzione riservata