L’alfabeto essenziale di Ugo Guarino: la mostra tanto attesa a Trieste

11403149_1594950670759029_1075060400501461065_nNel febbraio dello scorso anno, presso l’Auditorium del Museo Revoltella di Trieste, si era tenuta una conferenza dal titolo Chi è Ugo Guarino?”, dove sono intervenuti gli amici di Ugo, Michele Zanetti, Guido Botteri, Peppe Dell’Acqua, Franco Rotelli, Claudio Ernè, che hanno ricordato l’artista triestino. Mentre Francesca Tramma – curatrice dell’Archivio storico del Corriere della Sera – e Silvia Magistrali hanno esposto al pubblico l’idea di realizzare una mostra di Guarino nella sua città natale, Trieste.
Dopo una lunga e fremente attesa, mercoledì 24 giugno, il mondo vignettistico – e non solo – di Ugo Guarino ha preso vita, aprendosi al pubblico, nei meravigliosi spazi del Museo Revoltella.
L’alfabeto essenziale” – è questo il nome della mostra – ha visto presenti al vernissage tantissimi concittadini di Guarino, i suoi amici di un tempo, giovani curiosi, le autorità, le curatrici della mostra Francesca Tramma e Silvia Magistrali, e…l’artista in persona.
A dare il via, a questo importante giorno per la città di Trieste, è stato l‘Assessore alla Cultura Paolo Tassinari, che ha accolto con un sentito saluto Ugo Guarino.
“Questa è una mostra sicuramente attesa da molto tempo – ha esordito Tassinari. È una mostra importante e anche, in qualche modo, difficile, perché racconta l’opera di un artista, racconta la città e la sua storia. È una mostra che ha un padre, una madre e dei parenti. Il Comune di Trieste è il padre, la Fondazione Rizzoli-Corriere della Sera è la madre e poi ci sono gli amici, i testimoni, coloro che hanno portato avanti, fino ad oggi, l’opera di Ugo, che sono i parenti”.
Questa mostra – finalmente – è potuta venire alla luce “per la buona volontà di tante persone e anche per l’affetto che circonda Guerino” – ha sottolineato la Direttrice del Museo Revoltella, Maria Masau Dan.

Le opere presenti ne “L’alfabeto essenziale” sono state gentilmente concesse da alcuni privati e dalla Fondazione Corriere della Sera, “uno dei compiti istituzionali di quest’ultima – come ha ricordato Roberto Stringa, il Direttore della Fondazione Corriere della Sera – è quello di salvaguardare la memoria, ma anche il patrimonio e i valori della storia del giornale e, fra questo patrimonio e questi valori, c’è Ugo Guarino, che ha lavorato al Corriere dal 1952 al 2014. Si sono raccolte, sia dal Fondo del giornale che da quello depositato da Ugo Guarino, 13mila sue opere. È stato un lavoro quotidiano di scoperta di un grande personaggio, il quale non è stato soltanto un vignettista, bensì è stato anche un vero e proprio artista poliedrico, capace di spaziare dall’arte figurativa, alla scultura, al disegno”.

Ed è proprio negli spazi espositivi di questa mostra che si possono ammirare circa duecento lavori di Guarino, che si concretizzano nella scultura, nei dipinti, e soprattutto nel disegno vignettistico. Attraverso questo percorso emerge la personalità poliedrica dell’artista triestino, il quale, con i suoi elaborati, riesce a creare un linguaggio giocoso e condiviso, capace di attirare l’attenzione anche – e forse soprattutto – dei più giovani.

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L’arte prima di tutto è generatrice di una grande emozione che può essere sicuramente descritta, raccontata, interpretata, ma alla fine l’emozione va vissuta. Con queste parole il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha invitato, il numeroso pubblico presente in sala, a visitare la mostra per andare a vivere l’emozione; quella particolare e insolita emozione che solo Ugo Guarino, con il suo vissuto, i suoi lavori, riesce a trasmettere.

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Il percorso espositivo inizia con una sostanziale raccolta di immagini in bianco e nero, legate al periodo triestino del secondo dopo guerra, dove emerge chiaramente la voglia di rinascita di una città distrutta dal conflitto mondiale, per poi passare alla Milano degli anni ’50, a un’Italia in trasformazione, che Ugo illustra con le parole di Buzzati. È questa la seconda tappa della mostra che prende il nome di “Inconscio urbano”; inconscio evidenziato dalle vignette ironiche di Guarino, che riguardano la vita cittadina e che possiamo trovare ne “La Cittadella” (di Lino Carpinteri e Mariano Faraguna) e ne “La Domenica del Corriere”. Il segno di Ugo si evolve, cambia, diventa più marcato e deciso: siamo negli anni ’60, gli anni della Pop Art, dei suoi viaggi a Parigi e a New York, gli anni lunari, quelli in cui emerge una delle utopie dei sogni di Ugo: la proiezione nel cosmo, nell’infinito.
Dopo l’utopia spaziale, l’artista entra in contatto con un’utopia concreta, del presente, legata all’incontro con l’equipe di Basaglia (riformatore della disciplina psichiatrica in Italia). Ancora una volta il suo stile muta: i suoi disegni acquisiscono una certa sintesi, in modo tale da essere condivisi e compresi da tutti. Oggi, Ugo mi ha confermato di amare la propria definizione di “basagliano rotellista” – ha ricordato l’amico Michele Zanetti.
Si passa poi agli anni Novanta legati alle vignette per “La Stanza di Montanelli” sul Corriere della Sera.
Va ricordato che, sempre in questo periodo, Ugo Guarino realizza a Trieste, in via Tor Bandena, il murales “Da Trieste per i porti del mondo”, raffigurante una nave portacontainer – che dovrebbe essere restaurato a breve.

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Alla fine dell’inaugurazione Ugo Guarino ha gentilmente firmato alcuni autografi, confermando quanto già di lui aveva detto Dino Buzzati“Guarino è una delle creature più dolci che io abbia mai incontrato”.

Nadia Pastorcich ©centoParole – riproduzione riservata

Foto di Nadia Pastorcich

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