La danza delle parole (elementi di psicanalisi): partire da sé

Fin dalla fase dello specchio, nel quale ci ritroviamo riflessi e improvvisamente ci vediamo in un corpo, lontano da noi, altro da noi, in uno sguardo che ci appartiene anche se opposto al nostro, creiamo l’idea che vi sia sempre un altro dal quale subire l’osservazione e poi anche un conseguente giudizio.
Questo altro da sé condiziona spesso la nostra vita, attribuendo agli altri il ruolo di osservatori silenziosi e giudicanti rispetto ai quali modificare le nostre scelte o rispetto ai quali ribellarsi.
Una sorta di specchio perenne che non riesce a sottrarsi all’inganno dell’immagine, nel quale poter sapere e vedere tutte le nostre fantasie ma intese solo attraverso l’attribuzione all’altro.
Ciò che pensiamo venga limitato dall’altro è limitato da noi, il giudizio che pensiamo venga dall’altro è il giudizio che noi diamo a noi stessi. Quando temiamo che l’altro non possa capire siamo noi che non sappiamo spiegare bene a noi stessi.
Gli altri siamo noi. Le paure sono le nostre, i limiti le nostre fantasie, il giudizio il nostro. Occorre sempre partire da sé, per procedere. Lavorando su di sé.
Cogliendo nelle questioni che l’altro ci provoca la questione che ci attraversa: la nostra questione.
Solo quando sapremo ascoltare senza esserne coinvolti capiremo che la questione dell’altro non è la nostra.
Allora saremo in grado di ascoltare l’altro, non più schermo o riflesso del nostro inconscio.
Procedere significa partire da sé, un “Sé “ che, però, non è mai lo stesso, essendo noi effettuati dal tempo e dalla esperienza che ci trasforma di attimo in attimo, se ci mettiamo “in gioco”, se non ci abbarbichiamo su certezze e pre giudizi, sui luoghi comuni, su modelli e mentalità.
Quando parliamo dell’altro parliamo di noi. Occorre ascoltarsi.
Autorizzarsi è partire da sé, senza attendere che sia l’altro a farlo. Solo autorizzandoci mandiamo il messaggio ai nostri interlocutori che siamo responsabili e non abbiamo bisogno che sia l’altro ad autorizzarci.
Aspettare che l’altro ci “accolga”, che “accolga” i nostri desideri, le nostre richieste è come delegare il percorso all’altro, facendoci “incapaci” rispetto all’altro.
Generosità è partire da sé. Dare senza aspettarsi nulla dall’altro.

Occorre sapersi esporre senza temere il giudizio dell’altro; senza chiedersi cosa pensa l’altro.
Nessuno è l’esperto di turno. Nessuno “sa”.
La conoscenza avviene nell’esperienza, unica e irripetibile.
Per questo i limiti si incontrano solo facendo e non prima di fare. I limiti prima del fare sono solo fantasie di limite.
Tutta una specie di burocrazia e di sistema avvalla questo modo di procedere, dove non si può fare se non con l’autorizzazione degli “esperti”.
Questa società interviene sulle paure inconsce e costruisce su di esse il suo potere.
Essere “liberi” è autorizzarsi, è decidere, è cogliere la divisione che esiste tra noi e l’altro.
Solo nella divisione vi sarà occasione di ascolto e di autentica relazione.
Partendo da se’, dalle proprie responsabilità , senza attribuire la causa della nostra gioia o dolore , felicità o infelicità all’altro, senza aguzzini o vittime.
Partendo da sé è la via per divenire Altro da sé, ovvero divenire tutta la potenzialità che vive e scalpita in noi.

Roberta de Jorio ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.

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