La danza delle parole (elementi di psicanalisi): il piano obliquo

Illusi di vivere nella certezza non ci rendiamo conto di camminare perennemente su piani obliqui, sui quali saliamo e scivoliamo a seconda dei momenti. Siamo in un continuo movimento che però percepiamo come fissità, impauriti dalla variazione e dai cambiamenti che pure ci attraversano.
Siamo cresciuti in una società che vive spacciando fantasie di garanzie e certezze, vendendoci assicurazioni sulla vita e polizze di tutti i generi. Ogni trasformazione viene vista come dislocamento e abbandono o peggio ancora come fallimento. La nostra percezione delle cose ci condiziona in modo tale da obbligarci a ricreare continuamente del moduli conosciuti e accettati dal gruppo sociale.
La vita però non sta a questo gioco della paura e non si risparmia dal farci incontrare gli inciampi, i disguidi, gli inaspettati eventi.
Ma, come scrivo sempre, l’importante non è ciò che accade, ma la percezione di ciò che accade.
Per questo è abissale la differenza tra chi prende la variazione o i disguidi, come percorso/piano obliquo sul quale camminare e chi invece vive le variazioni inaspettate come disgrazie dalle quali doversi proteggere e quindi da vivere con un senso di frustrazione e mancanza.
I piani obliqui sono il ritmo della nostra vita, il rullare degli incontri e l’impossibilità di essere un soggetto perennemente uguale a se stesso.
Se così fosse, se fossimo sempre gli stessi ci verrebbe negata la trasformazione e l’acquisizione di nuovi elementi che la vita e l’esperienza ci offre introducendosi nelle nostre vite.
Noi siamo esperienza, non solo corpi che devono conformarsi agli altri e al sistema sociale. Siamo il frutto degli incontri di esperienze che modificano fisicamente le nostre sinapsi e la percezione conseguente delle cose.
Le cose non sono più le stesse dopo una esperienza.
Noi non siamo mai “gli stessi”.
Per questo ogni caduta e disguido sono elementi che apportano vita e stimoli, che conducono a stravolgere le fissazioni delle idee e dei conseguenti pensieri.
L’esperienza ci evita di chiuderci in un cerchio e standone dentro di fissare e bloccare le nostre vite.
Non esistono piani sui quali accasarci, dove vivere senza “scossoni”.
Questa è solo una fantasia.
Occorre smettere di alimentarsi di fantasie altrimenti ogni esperienza sarà negata.
Occorre fare uno sforzo e mettere in gioco le credenze e i luoghi comuni che vengono costruiti sulle nostre paure della novità.
La vita è una costante novità e si sprecano più energie a combatterle che a viverle e ad accettarle.
Nulla di quel che viviamo è “per sempre”, ciascuna cosa è frutto di un flusso passeggero che passa tra le nostre realtà.
Ciò che era oggi non è più ieri.
Il piano inclinato, nelle sue variazioni di inclinazioni ,impedendoci di “fissarci”, ci conduce alla scoperta del nostro romanzo, tra lacrime e risate, dolori e gioie, alti e bassi che avvengono in una danza simultanea.
La vita è stare bene e male, su e giù, contemporaneamente.
Tra questi bordi camminiamo, corriamo, danziamo.

Roberta de Jorio ©centoParole Magazine – riproduzione riservata

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