Il mio primo impatto con gli XYQuartet risale all’ultima edizione del “Blue Note Festival” di Gorizia, un evento che con caparbietà e un saper muoversi nell’ambito del Jazz e del Blues porta realtà davvero interessanti nella nostra regione, italiane e no. Gli XY lo sono.
Confesso che la mia competenza del jazz è debole. E’ un genere che amo, ma essendo musicalmente onnivoro sono poche le cose che riesco a seguire con l’interesse che vorrei, soprattutto uno come il jazz che pare più di ogni altro aprirsi in questi ultimi anni a contaminazioni e sperimentazioni che implicano non solo talento ma anche una preparazione tecnica notevole. Credo che oramai il jazz sia l’unico genere musicale che ha pareggiato la dignità “colta” (non mi piace questo termine ma ci sta) della musica classica tradizionale.
E quando parlo di preparazione tecnica quella la so riconoscere da subito, e loro subito dal vivo mi colpiscono. Tecnica personale, impasto sonoro e capacità di rimanere in equilibro fra loro sono davvero notevoli. In soldoni musicisti tosti. Ad ascoltarli pare a tratti di sentirsi persi come ad un primo ascolto di qualcosa di Penderecki, però poi il filo lo si trova quasi ad istinto in questo loro apparente caos calmo che improvvisamente si infiamma, sempre e comunque con la precisa idea di un ordine che non sia banalmente percettibile come le lancette di un orologio.
Così, quando a seguito di un approfondimento su di loro presente sulle nostre pagine (e da poco pubblicato) si dà la possibilità di raccogliere qualche loro parola non mi tiro certamente indietro.
Ecco il risultato di uno scambio di battute con loro.
Ad ascoltarvi ho l’impressione che amiate cogliere di sorpresa l’ascoltatore, con traiettorie ben calcolate che però al pubblico appaiono come improvvisi colpi di testa. Mi viene in testa il testo de “gli uccelli” di Battiato:
“scendono in picchiata atterrano meglio di aeroplani cambiano le prospettive al mondo voli imprevedibili ed ascese velocissime
traiettorie impercettibili codici di geometria esistenziale.”
Vi risuona un po’?
Alessandro: Mi piacciono molto questi versi, perché credo che nella nostra musica ci sia molta geometria, e la necessità di definire una nostra prospettiva nella musica. Venendo alla prima parte della tua domanda penso anche che la narrazione sia uno degli elementi a cui teniamo di più. In questo senso la ricerca di mantenere viva l’attenzione con dei “colpi di scena” o come dici tu “colpi di testa” è sicuramente uno degli elementi che caratterizzano la nostra scrittura.
Domanda un pelino oziosa… Nella scelta di strumenti per il vostro ensemble, c’è un ragionamento specifico come sospetto? Un equilibrio che ha uno studio preciso?
Nicola: sicuramente Alessandro suona uno strumento frutto di una particolare e originale scelta personale, il basso acustico, di cui è uno dei pochi e migliori interpreti in Italia. A parte questo nel sound d’insieme di XY sicuramente il vibrafono svolge un ruolo chiave, credo che la nostra musica suonerebbe molto diversamente con un altro strumento armonico più tradizionale come il piano o la chitarra. Come anche il modo batteristico di Luca Colussi ha influenzato il nostro lavoro. Potrei dire che in qualche modo la nostra scrittura è una sorta di orchestrazione, cioè le composizioni sono strettamente legate ai timbri degli strumenti e ai musicisti che le eseguono.
Volendo per forza trovare dei riferimenti… Quantomeno degli ascolti di gioventù di quelli che ti restano addosso come un certo tipo di educazione di quali musicisti avete l’impressione vi sia rimasto qualcosa nel dna artistico?
Alessandro: Credo che Nicola ed io abbiamo ascoltato veramente di tutto, il rock, il jazz ovviamente, ma anche l’elettronica e la contemporanea del Novecento. Se dovessi citare alcuni dei musicisti che sono importanti per me direi assolutamente Miles Davis, i Weather Report, e Bill Frisell ma poi Zappa, Aphex Twin o Edgard Varese, Stravinsky.
Quant’è difficile fare jazz in Italia? E soprattutto quant’è difficile fare un certo tipo di jazz nel panorama jazzistico Italiano?
Nicola: Una domanda complessa. Io posso parlare della nostra esperienza e vedo un percorso sicuramente difficile, ma che ci sta dando molte soddisfazioni. Nel complesso abbiamo trovato difficoltà non tanto legate allo specifico della nostra proposta artistica, questa mi sembra la nostra forza, il nostro essere unici, quanto legate a quelle generali che incontrano tutti quelli che propongono una forma di “musica d’arte” non strettamente commerciale in un paese che tra Siae, enpals, permessi vari sembra far di tutto per non incentivare questa musica dal vivo. Secondo me tutto gira intorno al live, anche l’editoria musicale, la didattica non hanno significato e futuro senza concerti in teatri, auditorium ma anche in club, locali, trattorie.. Ovunque.. Avremmo bisogno di una deregulation del settore.
Come è nata l’idea del crowdfunding?
Alessandro: nusica.org, l’etichetta discografica di cui siamo i fondatori è anche un associazione che ha come fine il fatto di diffondere la musica, infatti sul sito si trovano i pezzi in formato mp3, le partiture, alcuni video che spiegano il nostro lavoro. Il concetto è quello di cambiare le dinamiche di “produzione” e “diffusione” della musica. Ci è sembrato naturale coinvolgere alcuni, amici, gli ascoltatori e alcuni colleghi nel processo di finanziamento del nostro cd. È stato molto bello verificare in modo tangibile che molte persone erano interessate al nostro lavoro e hanno voluto contribuire a realizzarlo.
Come vi raffrontate con sperimentazioni più o meno vicine al jazz?
Nicola: Io e Alessandro condividiamo l’interesse per l’idea di ricerca in generale, non solo in campo musicale. Architettura, musica contemporanea ma anche matematica e logica; io recentemente mi sto riavvicinando a una mia passione di gioventù: la filosofia.
La nostra musica è inoltre influenzata dalla ricerca che noi facciamo con nusica.org nel quotidiano, attraverso quest’associazione produciamo i nostri lavori discografici, ma organizziamo anche rassegne musicali, grazia a una piccola ma caparbia ed efficace squadra di lavoro che si occupa di molti e diversi aspetti organizzativi. E questa è una gran scuola di vita e sperimentazione per noi.
Ritenete il vostro stile consolidato o pensate di avventurarvi in nuove direzioni?
Alessandro: Ma forse la ricerca di nuove direzioni fa parte del nostro “stile”, la cosa che mi sento di auspicare per XYQuartet è che la nostra musica continui ad evolvere e a rinnovarsi. Una cosa certa è che XYQuartet è anche una sorta di laboratorio dove Nicola ed io possiamo sperimentare alcuni concetti musicali che ci stanno a cuore. E quello che posso dire per ora è che abbiamo solamente iniziato ad esplorare alcune nuove forme e materiali musicali.
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