Il Cantastorie: La Strega Della Porta Bianca III (finale)

prima parte Il Cantastorie: La Strega Della Porta Bianca
seconda parte Il Cantastorie: La Strega Della Porta Bianca II

terza parte (finale)

La strega guardò curiosa l’uomo. Cercò nel corpo i segni del crollo emotivo che sperava di avergli inflitto.
Lui era pietrificato. D’un tratto un fremito lo scosse da capo a piedi, seguì un singhiozzo lieve e d’improvviso, come accade al crollo d’una diga, le lacrime gli inondarono il viso. Ivy lo guardò rannicchiarsi al suolo scosso dai singulti, sembrava quasi provare pena per lui o forse era semplicemente pietà. Restarono così per un po’, finché la strega non gli si accostò, lo sollevò come non avesse peso rimettendolo sulla sedia e scomparve nel retrobottega a prendergli l’ “Acqua della Vita”.
Nathan, che era crollato in uno stato di catalessi, la sentì mormorare qualcosa mentre il liquido gli scendeva per la gola, appena riconobbe il gusto del whisky afferrò la bottiglia e bevve avidamente fino a perdere i sensi.

Era il nove novembre quando si svegliò.
Ci mise qualche minuto a capire chi fosse. Stranamente l’episodio della strega non era il suo ultimo ricordo. Nell’ultimo giorno e mezzo solo il suo corpo aveva dormito, la sua mente invece era stata sballottata tra innumerevoli sogni di cui lui aveva qualche ricordo confuso. Si ricordava di aver partecipato alla creazione di un uomo, egli era stato creatore, creato e spettatore. Si ricordava di essere stato un regno intero, dal mendicante al sovrano, dallo scienziato al sacerdote, dal cittadino al soldato. Si ricordava di aver vissuto l’Amore, di essere stato figlio, marito, padre ma anche figlia, moglie, madre. Di essere stato amato e di aver amato in tutti i modi in cui si può amare, gioendo e soffrendo nel modo più puro ed intenso. Si ricordava di aver vissuto in tutti i continenti, in tutti gli stati, in tutte le città, in tutti i paesi e persino isolato dal mondo intero. Non erano altro che frammenti di memoria, pochi secondi per ogni vita, troppo poco per descrivergli l’eternità ma per i suoi sentimenti erano ben scanditi, sapeva cosa gli aveva lasciato ogni vita e cosa ben più importante sapeva che ogni vita, anche la più atroce era stato un dono, certamente aspro e amaro ma anche quelle gli avevano lasciato qualcosa.
Si sentiva strano, un nuovo senso di pienezza gli gonfiava il torace ad ogni respiro. Assaporò questo nuovo senso di benessere mentre si rendeva conto di non essere più Nathan Moor e di non poterlo essere mai più.
Egli non poteva più giocare ai giochi degli uomini, perché sentiva di averlo già fatto innumerevoli volte. Non poteva essere solo un uomo visto che in sé racchiudeva l’umanità intera.
Quando aprì gli occhi non si stupì di essere nel suo letto, né si stupì di vedere l’opale sul suo comodino. Accanto c’era un biglietto, lo lesse:

“All’uomo che fu Nathan Moor,

Solo chi sopravvive al Sonno diventa un Rinato.
Ora che non siete più il vostro nome e la vostra storia le catene sono rotte.
Ora siete libero di essere chiunque voi siate, che la pietra vi conduca sul vostro cammino.

Che gli astri vi sorridano,
Ivy”.

L’uomo sorrise, si alzò, si vestì e, presa la pietra in mano, uscì di casa per non farvi mai più ritorno.

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