Il Cantastorie a disagio: la festa.

Mi ricordo ancora quando mi arrivò l’invito al Gran Ballo Mascherato.
Non seppi esattamente come reagire, non sono mai stato un tipo da balli ma l’aggiunta del mascherato era particolarmente allettante.
Avevo una settimana di tempo per decidere ma non mi organizzai.
Contattai un amico, che sapevo essere anche lui tra gli invitati, il giorno stesso e decidemmo di andarci assieme.

Fu chiaro fin da subito che sarebbe stata una serata totalmente fuori dall’ordinario. L’indizio decisivo si trovava proprio davanti all’ingresso, dove delle bellissime-ragazzo accoglievano gli invitati.
Il mio amico ed io eravamo piuttosto indecisi su quale fosse il modo di proseguire. Dovevamo farci registrare ma non sapevamo come funzionasse e l’organizzatore del ballo era piuttosto indaffarato con il suo lavoro. Ci vennero in soccorso due ragazze, che sembravano sapere come ci si muovesse in quel mondo.
Superata la security scendemmo le scale fino al Gran Salone.
Dentro era caos, un tripudio di persone, personalità, colori e odori.
La musica impediva qualsiasi possibilità di comunicazione verbale duratura, quindi i dialoghi erano ridotti a poche semplici parole utilizzate da noi quattro per informazioni di servizio.
Improvvisamente il vocabolario si era ridotto a “Vado a prendere da bere”, “Esco a fumare” e “Vado in bagno”. Non potendo quindi dialogare e non essendo interessato a cimentarmi né nell’arte del ballo né tanto meno in quella ancora più ardua del ‘rimorchio’ decisi di osservare chi invece si dilettava in queste attività.
Essendo un luogo che definirei ‘libero’ bisognava stare molto attenti a non cadere nei pregiudizi.
Decidere se due ragazzi o due ragazze stessero ballando o flirtando era complicato quanto tra un ragazzo e una ragazza.
Le poche feste a cui avevo partecipato erano popolate da eterosessuali e anche nel caso dovessero esserci persone di orientamento differente non erano solite a farsi notare (salvo qualche ragazza che, inebriata dell’alcol, baciava una sua amica).
Ora improvvisamente mi trovavo in un luogo in cui, apparentemente, a nessuno importava la definizione che si volesse dare di lui. Eterosessuali, omosessuali, transessuali, lesbiche, bisessuali e forse ancora altre categorie di cui nemmeno conosco il nome o la definizione erano lì.
Ero totalmente impreparato ad analizzare e definire quindi chi fosse cosa (salvo i transessuali, ma erano facilmente riconoscibili solo perché non c’erano delle altre modelle in giro) questo mise totalmente in crisi i miei bellissimi cassetti ordinati che per ogni parola avevano un’immagine corrispondente.
Dei presenti solo una piccola porzione rispondeva ai miei stereotipi, tutti gli altri erano semplicemente persone di cui non conoscevo l’orientamento sessuale e l’unico modo in cui avrei potuto scoprirlo era domandarglielo, oppure spiarli per vedere con chi si sarebbero appartati.
Dovetti ben presto arrendermi all’impossibilità di poter capire qualcosa di quel mondo con un approccio simile; dovevo cambiare sistema oppure desistere.

La mia occasione si presentò subito dopo il Gran Discorso; era stato accompagnato da ipnotizzanti balli di modelle-uomo e fu concluso con la sirenica voce di una coppia di giovani cantanti.
Riuscii ad accodarmi all’organizzatore, cosa che mi permise di capire meglio dove mi trovassi, ero nella terra di Nessuno. Vigeva un semplice accordo: non giudicare.
Mi accorsi che era questo, forse ancor più della security, ad aver scremato la partecipazione. Chiunque fosse là dentro non aveva intenzione né di essere giudicato né di giudicare e questo rendeva automaticamente quel caos confortevole. Spiegava perché, nonostante non avessi incontrato molti sobri, non avessi assistito a scene di violenza o aggressività discriminatoria (neppure di altro genere in realtà).
L’enorme differenza di gusti e vite personali richiedeva che fosse proprio l’accordo di non-belligeranza reciproca (per lo meno per futili motivi) ad accomunare i presenti. Questo permetteva a tutti di partecipare al Grande Show.
Mi presentarono un ballerino ed ebbi l’occasione di parlarci per qualche momento. Mi mostrò un video delle sue prove di ballo e rimasi molto sorpreso, non avevo mai visto un uomo come lui (alto e muscoloso) muoversi così disinvoltamente e sensualmente con dei tacchi a spillo addosso. Tra l’altro non pretendeva di assomigliare ad una donna e questo mi confuse ulteriormente, avevo sempre associato i tacchi a donne o per lo meno al tentativo di sembrare tali.
Un altro dei miei ordinatissimi cassetti era stato profanato.
Ritenni che, per il momento, avessi sufficientemente messo in crisi i miei preconcetti e terminai la serata dialogando piacevolmente con una ragazza che collaborava da tempo nella realizzazione di queste feste.
Intorno a me il mondo era ancora bizzarro eppure non lo ritenevo più caotico come prima, anzi sembrava avere un suo senso e un suo ordine adesso.

Abbandonare ciò che si pensa di qualcosa, rinunciare ai propri pregiudizi e accettare che gli altri possano non combaciare con la nostra schematizzazione del mondo è un lavoro difficile ma permette di scoprire molte realtà diverse dalla nostra.
Come in un puzzle se ci rendiamo conto che un tassello non combacia dove lo stiamo mettendo non dobbiamo infilarcelo a forza, basta semplicemente trovare la sua collocazione adeguata, se esiste.

Esubalew de Gironcoli

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