Ma i giochi che si giocano a ‘Fumetti per Gioco’ sono dei videogiochi?
Tutto parte da lontanissimo – inizia nella metà degli anni Settanta, periodo in cui Gary Gygax, il creatore di ‘Dungeons and Dragons’, ha l’idea di trasformare le regole e la meccanica dei giochi da tavolo allora in voga (i video giochi erano ancora di là da venire – muovevano appena i loro primi passi, o le loro prime palline da Ping Pong), ipotizzando che gli amici che egli impegnava, la sera, nell’esplorazione di un fantastico sotterraneo e nella ricerca di un tesoro custodito da un drago potessero avere la libertà di creare il loro personaggio preferito (il Mago, l’Elfo, il Guerriero), seguendo i dettami di un manuale di regole, e impersonandolo mentre muovevano la pedina sulla mappa, che Gygax disegnava di fronte a loro tenendo nascosti dietro uno schermo (lo ‘schermo del Master’) i suoi appunti. Le azioni venivano simulate attraverso il tiro di … dadi poliedrici altrettanto fantasiosi, fra i quali il dado a venti facce – che ritroviamo nel logo degli organizzatori.
In un gioco di ruolo vieni chiamato a interpretare, appunto, un ruolo in una storia: si potrebbe pensare a un attore e a una sceneggiatura, ma non è così, perché il ruolo non è imposto (al di là di determinati esperimenti teatrali l’attore si trova un copione, si cala in una scenografia e e segue le indicazioni del regista) e la sceneggiatura è aperta. Il Narratore (il Master) è un’entità che fa parte del gioco e che racconta e impersona tutti i personaggi che non siano quelli dei giocatori – non è quindi un regista che dirige stando fuori dalla storia, ma è parte di essa.
Il gioco di ruolo è anche recitare, ma non è principalmente quello: è impersonare – entrare in un personaggio che ci si è creati e che si vuole far vivere, interagendo con gli altri. Si forma un gruppo. Quel gruppo è il gruppo che definisce l’armonia, che determina e convalida la coerenza di quello che il singolo personaggio fa. La libertà è totale proprio perché costruita da un gruppo dove ciascuno dà un contributo allo stesso livello degli altri. Non sempre il pubblico è spettatore passivo: nel gioco di ruolo teatrale classico, ad esempio – che è bidimensionale, giocato attorno al tavolo e non su un palcoscenico – gli autori ‘recitano’ con, però, la presenza del pubblico, che può essere chiamato a giudicare e può influenzare la storia.
I giochi di simulazione, predecessori di ‘Dungeons and Dragons’, o ‘giochi intelligenti’ (anche se la definizione suona un po’ fuori luogo – perché tutti i giochi, in fin dei conti, sono intelligenti), definizione qualche volta usata quasi per giustificare che i giocatori fossero degli adulti, come se di quella giustificazione ci fosse bisogno, traevano origine dal Wargame (e quindi, storicamente, anche se la loro nascita ufficiale coincide con il periodo Napoleonico – ‘Kriegspiel’, ‘gioco di guerra’ – possiamo andare indietro fino a Sun Tzu). Realismo, e complessità, erano le loro caratteristiche principali: dotati di sistemi di calcolo manuale e di riproduzione fedelissima su scala bidimensionale e temporale dei movimenti, furono molto popolari negli anni Settanta e contano ancora oggi un piccolo ma agguerrito e preparatissimo gruppo di estimatori.
Giocare è stare con gli altri, ma giocare con gli altri non è solo confrontarsi ma è condividere qualcosa di te stesso, anche con persone che prima non avevi mai incontrato. Il gioco è anche strumento che permette di fare moltissime cose. Il gioco è alla base di moltissimi meccanismi di apprendimento. Il gioco come esperienza nelle scuole. Il gioco permette di imparare. Permette di scrivere (scrittura creativa e scrittura collettiva divengono più facili attraverso il gioco), permette di disegnare. Permette di approfondire esperienze utilizzando il contesto virtuale in cui si opera – un contesto in cui puoi fare tutto proprio perché non è realtà; permette di analizzare situazioni (citare il gioco di ruolo in azienda è la cosa che per prima viene in mente; esistono applicazioni in campo medico e psicologico).
Giocare è creare. È anche ritrovare – o continuare a trovare – delle cose dentro di se, scoprire sempre qualcosa di nuovo. Riscoprire la propria creatività, in un ambiente che non ha schemi fissi ma regole e contesti costruiti da quelli che sono assieme a te.
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I fumetti. Presente nelle nostra vita e cultura già da due secoli, e risalente, come concetto, a epoche molto più antiche (basti pensare alle illustrazioni delle vite dei santi e dei padri della Chiesa), per qualche motivo il fumetto è sempre stato considerato parte delle ‘arti minori’.
Eppure, si tratta di un qualcosa di estremamente complesso e articolato: si tratta di un linguaggio che permette di raccontare una storia attraverso una sequenza di immagini anziché di parole (questa sequenza si è poi evoluta con l’aggiunta di testo – il ‘fumetto’, in inglese ‘balloon‘, solitamente messo sopra o accanto ai personaggi come elemento di comunicazione aggiuntivo e non esclusivo, con l’intenzione di evidenziarne il dialogo e la parlata).
Un fumetto necessita di una storia, che si trasforma poi in sceneggiatura, passa attraverso la mano del disegnatore, viene eventualmente colorata e successivamente stampata: un vero e proprio lavoro d’artista e molto più spesso d’equipe d’artisti che contribuiscono ciascuno per la loro parte alla realizzazione dell’opera finale.
Il fumetto è letteratura disegnata, quindi (Hugo Pratt), arte sequenziale (Will Eisner); dopo la Pop Art americana (Andy Warhol; Steve Kaufman) in questo nuovo secolo di comunicazione a trecentosessanta gradi iniziato dopo il 2000, si è finalmente scrollato di dosso quel termine ‘minore’ ed è diventato arte a pieno titolo: arte nata per gli adulti come ‘divertente’ (‘Comics’), arte diventata poi per tutti, arte che trasmette cultura, che appassiona, che emoziona immediatamente.
L’ Accademia di Fumetto di Trieste, con Mario Cerne e tutti i suoi collaboratori, è da sempre protagonista di ‘Fumetti per Gioco’: presenta i suoi corsi, anima i momenti d’incontro con gli ospiti (anche quest’anno prestigiosi: Fabio Celoni , Matteo Alemanno , Alessandro Micelli , Simone Paoloni, Davide Pascutti, Marco Pugliese), continua con passione ad avvicinare anche con opere auto prodotte i ragazzi più giovani e il grande pubblico all’arte; un’arte che richiede passione, dedizione, costanza – certo – come tutte le arti, ma che è, nella sua intrinseca e straordinaria capacità di comunicare anche senza l’uso di parole (il ‘balloon’ non è obbligatorio), unica.
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I Cosplayer. Del fenomeno del Cosplay , l’arte di trasformare un personaggio fantastico in realtà, abbiamo già parlato estesamente in occasione dell’evento ‘Cosplay & Comics Summer Day‘.
Si tratta di vestire un costume e muoversi fra gli altri rappresentando un personaggio.
Deriva dalla cultura giapponese e anche l’acronimo è molto giapponese – ‘Cos(tume) Play’, recitare in costume, ‘Cosplay’. ‘Recitare’ – non ‘giocare in costume’; il Cosplay infatti è anche abitare in qualche modo il mondo in cui vive il personaggio scelto, vivere la vita di qualcuno che è immaginario e quindi non vive una vita vera, che non può esistere. Il Cosplay rende questo ‘qualcuno’ vivo.
A ‘Fumetti per Gioco 2014‘ li ritroviamo ancora, nelle vesti di nuovi personaggi o sempre innamorati degli stessi. La manifestazione ospiterà nella sua giornata del sabato un ballo Cosplay – in parte accompagnato da musica classica, e per il resto animato dalla console DJ di Kelly Hill Tone. La domenica, il Cosplay Contest, organizzato assieme a Nova Ludica. E i Cosplayer saranno accolti da Kryolan, specializzata in trucco.
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La musica. ‘Fumetti per Gioco’ con il suo programma è un cross-media, per utilizzare un termine molto moderno e molto attuale: permette di affiancare numerose forme d’arte e d’espressività sia individuale che colelttiva e di veicolare attraverso diversi, e molti, mezzi di comunicazione e strumenti d’espressione: al gioco puoi affiancare una musica, un disegno, una fotografia, un’esperienza visiva. Il gioco, che è il tratto d’unione di tutti gli elementi raccolti e rappresentati nella manifestazione, è un momento piacevole per il bambino, per l’adulto, per il più anziano e l’evento si rivolge infatti a tutti. Elemento molto particolare – questo riunire tutti e tutte le età; non è facile trovare qualcosa che accumuni tutti, così come il gioco e il fumetto invece fanno.
E la musica? Che cosa c’entra, con ‘Fumetti per Gioco’?
Una delle più comuni definizioni di musica è quella di arte del suono organizzato, o di arte del produrre significati e sensazioni di natura volontaria. La musica è esperienza soggettiva, ma è anche linguaggio: come nelle colonne sonore, nella musica da film, dove esistono accorgimenti musicali capaci di suscitare negli spettatori delle sensazioni particolari (tristezza, felicità, paura, e mille altre). E quindi, la musica, nell’atmosfera fantastica della manifestazione, non può mancare.
Dopo aver visto protagonista in più di una occasione il ‘Final Fantasy Italian Project‘, quest’anno ‘Fumetti per Gioco’ ospita il gruppo degli Yoko, che propone un ensemble di tre elementi (pianoforte, violino e voce) che ha l’obiettivo di riportare le grosse produzioni della musica Pop all’immediatezza del suono naturale riducendolo all’acustica e al minimale. Il nome ‘Yoko’ può avere più significati a seconda di come viene scritto: può essere “bambino foglia”, “bambino dell’oceano” e “bambino solare”; tutti significati riconducibili all’essenza della naturalezza. Il trio è composto da tre giovanissimi musicisti triestini molto promettenti: Stefano Bigontina (pianoforte), Gaia Misrachi (voce), Giovanna Rados (violino).
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Tergestea. Tergestea è l’anima vivente della manifestazione – un’anima indissolubilmente legata a Trieste e al suo modo di essere, una Trieste donna nel rosso del suo vestito con l’alabarda, armata di … penne, pennelli, matite per disegnare e dadi per giocare.
Nata dalla fantasia di Paola Ramella e Guendal, Tergestea ha accompagnato ‘Fumetti per Gioco’ fin dalla sua prima edizione, nel manifesto (prima disegnato da Paola Ramella, ora da Giulio Riosa, entrambi disegnatori triestini) e in carne e ossa.
Tergestea (ieri Patrycja Kedzierski , oggi Alice Paci) ha incontrato gli ospiti, ha giocato con i partecipanti, ha consegnato i premi, ha animato assieme ai Cosplayer il concorso fotografico di MC59 – Claudio Micali (anch’esso appuntamento tradizionale e quest’anno come di consueto riproposto).
Tergestea, e ‘Fumetti per Gioco’, assieme agli organizzatori della manifestazione (le associazioni ‘Trieste Diventi Gioco’, ‘Accademia di Fumetto’ e ‘Musica Libera’) vi aspettano. Grazie alla collaborazione del Comune di Trieste – sabato 15 e domenica 16 novembre 2014, a Trieste, al Palazzetto dello Sport di Chiarbola (Pala Chiarbola) in via Visinada.
Vi aspettiamo.
Roberto Srelz © centoParole Magazine – riproduzione riservata