Equilibrio e sperimentazione: l’arte e la vita di Enzo Cogno

Enzo Cogno. Foto di Piccolo Sillani 1967 ,Dopo aver scoperto l’artista Miela Reina (La vita e l’arte di un’artista: Miela Reina), vi proponiamo un altro personaggio davvero originale, che collaborò con lei in alcuni importanti progetti: Enzo Cogno. Enzo, nella sua vita, si occupò di scenografie teatrali, costruzioni e ricostruzioni di maschere e marionette, serigrafie, disegni, pitture ad olio, tempere, decorazioni navali, performances.

Ma chi è veramente?

Vincenzo (Enzo) Cogno nasce il 2 dicembre del 1931 a Palermo; è il secondogenito di Mario Cogno e Gabriella Fasella. Nel 1938, la famiglia si trasferisce a Trieste. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, Enzo va a Venezia e studia presso il Liceo Artistico; successivamente si iscrive all’Istituto Universitario di Architettura (IUAV) – senza laurearvisi – e frequenta l’Accademia di Belle Arti – senza iscriversi. Nel 1955, si trasferisce definitivamente a Trieste per insegnare decorazione pittorica all’Istituto Statale d’Arte.
E proprio in quegli anni la città si carica di vitalità e cultura. L’incontro con Miela Reina avviene nel 1959, tra le mura dell’Istituto d’Arte, dove lei, proprio in quell’anno, inizia ad insegnare – è una sua collega. I due da subito diventano grandi amici e questo enorme e forte legame durerà fino alla prematura e improvvisa morte di lei. La pittura di Cogno è molto razionale, mentre quella di Miela è passionale.
Nel 1961 Enzo e Miela danno vita ad una delle più importanti gallerie d’arte cittadine: “La Cavana” – dove l’Avanguardia, pian piano, si sviluppa sempre di più e dove le mostre non mancano mai: in diciannove mesi riescono a realizzare trentadue mostre. Dopo la chiusura di questo spazio, nel 1963, Cogno e Miela entrano nell’associazione “Arte Viva”, dirigendone la sezione delle arti visive. Proprio in questo periodo i due allestiscono numerose esposizioni negli spazi della Libreria Feltrinelli. Nel 1964, insieme ad altri pittori – Lilian Caraian, Bruno Chersicla, Claudio Palčič e Nino Perizi – danno vita al gruppo “Raccordosei”, con il quale organizzano mostre in varie città. In questo stesso anno, per la decorazione della motonave “Raffaello”, su invito dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico (CRDA), Enzo e Miela presentano un progetto di architettura degli interni. Miela propone la storia di Pinocchio per la sala dei bambini; mentre Cogno, per l’ingresso della sala delle feste, suggerisce una sorta di lampada-cubo trasparente, dove i quattro lati sono fatti di tessere di vetro di murano con inserti di colore. Solo il progetto di Miela viene accettato e prende vita.
Con Miela Reina, Enzo Cogno, Carlo de Incontrera, Lauro Crisman, Gigetta Tamaro, Luciano Semerani e Piccolo Sillani si aprono nuovi orizzonti artistici, si organizzano incontri, happening, performances, che portano a Trieste una ventata di innovazione e attirano grandi nomi di artisti italiani nella città giuliana; è il 1968.
Miela muore prematuramente nel 1972; dopo due anni dalla sua morte, Enzo Cogno ottiene il trasferimento all’Istituto d’Arte di Venezia dove continua ad insegnare. È il 1975 quando fa la sua ultima mostra presso la Galleria Plurima di Udine. Successivamente collabora con il Teatro La Fenice, come scenografo e costumista.
Nel 1980, Cogno realizza la ricostruzione dell’allestimento per lo spettacolo “I Balli Plastici” di Fortunato Depero – in occasione del Festival Internazionale Autunno Musicale a Como – prendendo spunto dall’allestimento originale che era stato creato dallo stesso Depero, nel 1918, per il Teatro dei Piccoli di Podrecca, e che sfortunatamente andò distrutto, e di cui è rimasto soltanto qualche appunto e una fotografia.
Nel 2012 si trasferisce di nuovo a Trieste dove, nel 2014, riceve il Sigillo Trecentesco della città.

L’arte di Enzo Cogno: un’esplosione di sperimentazioni.

Natura morta 1948.Le opere degli anni ’40 mostrano un artista ancora molto giovane capace di sperimentare nuovi orizzonti; e da uno stile molto lineare e semplice, Cogno passa ad una natura morta incline al Postcubismo – si diffonde in Europa nel secondo dopoguerra con l’intento di contribuire alla ricostruzione di una nuova società dal punto di vista artistico – che richiama molto lo stile picassiano, in particolar modo il Cubismo sintetico. Cogno dimostra così di aver assimilato gli elementi caratterizzanti di questa corrente artistica.
Dopo qualche anno, Cogno si avvicina all’Astrattismo, perfezionandone la tecnica; ma anche l’influsso Informale si fa sentire: alla fine degli anni ’50 e inizio anni ’60, le sue opere metto in evidenza un certo richiamo alla pittura materica: stoffa, filamenti, spaghi, materiali granulosi – molto simile all’arte di Senza titolo 1959.Burri – diventano gli elementi principali della sua arte. Nonostante le pennellate aggressive, forti, – non abbandonate a se stesse – e la matericità delle sue opere, Cogno mantiene, comunque, una certa armonia, un certo ordine. Quindi i suoi dipinti non sono frutto di segni incontrollati ed emozioni impulsive, interne, come gettate sulla tela, bensì un equilibrio tra gesto e segno.
Negli anni Sessanta c’è un ulteriore cambiamento nell’arte di Cogno che tende alla razionalità e al Concretismo – arte astratta e molto geometrica.
In questo periodo entra a contatto con il “Bauhaus” – scuola di architettura, arte e design della Germania – e con il Movimento arte concreta (MAC), divulgato da Gillo Dorfles. Inoltre, promuove, grazie alla galleria “La Cavana”, artisti come lo spazialista Fontana, il minimalista monocromatico Bonalumi, il cinetico Alviani incline all’optical art.
In questi anni Cogno realizza le “Antinomie plastiche”, alcune realizzate su legno, altre su carta, in questo caso sono serigrafie che conferiscono una sensazione di profondità sia con l’uso di più spessori che non. I colori che predominano sono quelli primari.
Cogno, negli anni ’70, diventa il precursore del Citazionismo italiano.

Ritratto Enzo Cogno fatto da Miela Reina 1961.
Un aneddoto che merita di essere ricordato:
Nel 1961, Enzo chiede a Miela di fargli un ritratto bello grande. Lei non avendo a disposizione tele di grandi dimensioni ne prende una dove aveva già dipinto una figura e ci disegna sopra – senza badare di coprire alcune parti del disegno sottostante. Lo sguardo del ritratto un po’ “luciferino” diverte molto Cogno, perché, in un certo senso, Miela era riuscita a leggere bene nel suo animo.

 
Antinomia classica 1967.Quest’anno, dopo vent’anni dall’ultima mostra “Anni fantastici. Arte a Trieste 1948-72”, presso il museo Revoltella, alla quale partecipò Enzo Cogno, è stata organizzata, sempre nello stesso museo, una piccola esposizione di alcuni suoi lavori che prende il nome di “Antinomie plastiche” – come già detto precedentemente realizzate su legno o su carta, negli anni Sessanta. Una mostra, per quanto piccola, molto interessante che fa conoscere l’attività artistica di Cogno risalente gli anni in cui la città di Trieste si è ritrovata avvolta da un’ondata di novità, sperimentazione e fermento artistico. La caratteristica che forse più emerge dalle opere esposte è una incredibile ricerca di perfezione e armonia, che si concretizza in creazioni lineari, geometriche, spesso monocromatiche, ma di grande effetto.

La mostra sarà visitabile gratuitamente fino a domenica 11 gennaio 2015.

Nadia Pastorcich © centoParole Magazine – riproduzione riservata

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1 commento su “Equilibrio e sperimentazione: l’arte e la vita di Enzo Cogno”

  1. Un altro artista, un altro interprete del disegno che integra altri precedentemente presentatici. Ognuno col suo apporto originale e creativo e per Cogno anche organizzativo, in varie iniziative nella città di Trieste. La sua arte, la sua impronta, sono state ottimamente illustrate nell’articolo di Nadia Pastorcich.

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