Carlos Penelas

ELEGIA AL PADRE – Carlos Penelas

Egli abitava il cortile leggendo.

Esagerava il culto dell’amore e il Don Chisciotte.

La sua voce era precisa, irrevocabile.

Con lo sguardo decifrò l’eternità del linguaggio

e delle cose.

Egli mi parlò di Lepanto e di Numancia,

dell’ebreo e dell’arabo.

Mi dava appuntamento a Galdós,

la latitudine esatta del suo paese.

Lo vedo maledire con amarezza

la delazione e la paura.

Lo vedo nella sofferenza

che il cielo e l’inferno oppressero per sempre.

Egli mi insegnò che l’uomo

è fatto di tempo e di lavoro.

Insieme a lui ripercorsi il destino del mio sangue,

il verso castigliano di Quevedo.

Mi insegnò la castità e l’onore.

Mi salvò con lo stupore e la tenerezza.

Mi concesse come favore la solitudine.

E il silenzio sognato dei sogni.

Prolungò le sue abitudini e i suoi errori.

Imparai a odiare la demagogia.

Imparai l’ironia. E l’umorismo incessante

che giustifica un simbolo.

Diffidai della gloria, della vanità,

dei bronzi terribili delle piazze.

Diffidai degli dei e delle moltitudini.

È parte del mio mito e del mio orgoglio.

È la storia quotidiana dei miei versi.

Un’elegia in più che strappò il mistero.

 

Traduzione di Francesca Schillaci di Elegía al padre di Carlos Penelas, tratta da Canticos Paternales

 

ELEGÍA AL PADRE

 

Cantico Paternales
Cantico Paternales

Él habitaba el patio en la lectura.

Exageraba el culto del amor y El Quijote.

Era su voz precisa, irrevocable.

En la mirada descifró la eternidad del lenguaje

y de las cosas.

Él me habló de Lepanto y de Numancia,

del hebreo y del árabe.

Me citaba a Galdós.

la latitud exacta de su pueblo.

Lo veo maldecir con amargura

la delación y el miedo.

Lo veo en la agonía

que el cielo o el infierno agobió para siempre.

Él me enseñó que el hombre

está hecho de tiempo y de trabajo.

Junto a él recorrí el destino de mi sangre,

el verso castellano de Quevedo.

Me señaló la castidad y el honor.

Me salvó con el asombro y la ternura.

Me otorgó como gracia la soledad.

Y el soñado silencio de los sueños.

Prolongué sus hábitos y sus errores.

Aprendí a odiar la demagogia.

Aprendí la ironía. Y el humor incesante

que justifica un símbolo.

Desconfié de la gloria, de la vanidad,

de los terribles bronces de las plazas.

Desconfié de los dioses y de las multitudes.

Es parte de mi mito y de mi orgullo.

Es la cotidiana historia de mi verso.

Una elegía más que arrebató el misterio.

Carlos Penelas (Canticos Paternales)

Sul poeta:

Carlos Penelas nasce ad Avellaneda, in provincia di Buenos Aires (Argentina) nel 1946.

Carlos Penelas
Carlos Penelas

È poeta, scrittore e conferenziere. Ha pubblicato finora più di venti opere tra poesia e prosa, tra le quali si posso dividere Poemas del amor sin muros (1970), La gaviota blindada y otros poemas(1975), Conversaciones con Luis Franco (1978), Los dones furtivos (1980), Finisterre (1985), Queimada (1990), El corazón del bosque (1992), El mirador de Espenuca (1995), Guiomar / Cantiga (1996), Los gallegos anarquistas en la Argentina (1996),Valses poéticos (1999), Desobediencia de la aurora (2000), El regreso de Walter González Penelas (2001), Elogio a la rosa de Berceo (2002), Diario interior de René Favaloro (2003),  El aire y la hierba (2004), Crónicas del desorden (2006), Romancero de la melancolía (2007), Fotomontajes (2009), Antología personal (2010, Calle de la flor alta (2011), (Poesía reunida) 1012.

Un’estesa opera poetica che vede coinvolti nella critica e nella lettura attenta scrittori come

Luis Franco, Raúl González Tuñón, Ricardo Molinari, Juan L. Ortiz, Elvio Romero, Osvaldo Bayer, David Viñas, Eduardo Blanco Amor, Héctor Ciocchini, Xesús Alonso Montero, Graciela Maturo e altri ancora, si rivela come un “divenire creatore” di Carlos Penelas, massimo esponente tra i poeti più rappresentativi d’Argentina.

La critica ha notato nella poetica di Penelas una preoccupazione radicale nell’addentrarsi dentro i simboli espressivi e nelle strutture moderne, conciliando in questo sia il peso che la misura del suo lirismo.

 

Francesca Schillaci © centoParole Magazine – riproduzione riservata

 

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