Ore 17 → meno 3 ore al concerto.
Mi faccio largo tra la folla, mio padre arranca dietro di me. Scruto le centinaia di ragazze accalcate davanti allo Store fino a quando i miei occhi incrociano quelli allarmati di mia sorella, sembra che lei e Agnese abbiano appena visto un fantasma: occhi sbarrati, camminata nervosa e pelle dal colorito pallido.
«Cosa è successo?» domando preoccupata.
«Un uomo…fila…stadio…casino…» Valeria pronuncia parole sconnesse e senza senso mentre i suoi occhi vagano nel vuoto. Mi volto verso Agnese e anche lei sembra imbambolata.
«Ohi!» schiocco le dita davanti ai loro occhi e questo mio gesto sembra ridestarle.
«Un uomo della sicurezza ha detto che a San Siro c’è il delirio! Dobbiamo andare!» finalmente Valeria riesce a formulare una frase di senso compiuto.
«Ma tu non volevi una fascetta?» domando ad Agnese ricordandomi di quanto aveva premuto per andare allo Store per prendere una fascetta ricordo.
«Presa. 5 euro dal primo bagarino che ho incrociato» mi risponde sventolando il pezzo di stoffa come se fosse un trofeo di caccia.
«Allora non ci resta che andare» sentenzia mio padre con la voce affranta.
Ore 17.45 → meno 2 ore e un quarto al concerto.
“Ma chi me lo ha fatto fare!” tuono esasperata appena scendo dall’affollatissimo vagone della metropolitana in cui sono stata rinchiusa come una sardina. Un viaggio allucinante! Ho rimediato come minimo tre gomitate e un mezzo pugno, ho rischiato una dozzina di volte l’amputazione dei piedi, per non parlare della bambina di turno che si è messa ha sbraitare come un’ossessa per tutta la durata della corsa. Ma non è finita qui. Mettiamo i piedi fuori dalla stazione della metropolitana e si mette a piovere come non mai, la beffa? C’è il sole!!!
Ora mi ritrovo a camminare per le strade di Milano con un impermeabile di plastica e a sudare sette camicie. Ha smesso di piovere da un paio di minuti e, come accade di solito, adesso c’è una cappa d’umidità spaventosa. Giuro che se non arriviamo davanti a San Siro nei prossimi dieci minuti giro i tacchi e me ne torno a casa.
All’improvviso sento un fragoroso boato provenire dalla mia destra. Mi volto verso Valeria e Agnese, entrambe hanno sgranato gli occhi e in men che non si dica hanno accelerato il passo sorpassandomi. Sono costretta a correre per non perderle di vista, mio padre ci segue a ruota.
Dopo nemmeno cinque minuti di pura corsa, nemmeno fossimo ad una competizione olimpica, si palesa davanti ai nostri occhi lo stadio di San Siro. Migliaia di ragazzine urlanti fanno la spola tra gli stand dei gadget e quelli gastronomici. L’aria che si respira è quella di una grande festa, di un grande raduno a cielo aperto.
Io e mio padre veniamo subito attirati dall’inebriante profumo proveniente dal chiosco di frittelle dolci mentre Agnese e Valeria si lanciano sulla bancarella che vende le magliette della boy band. Il risultato? Una mega-frittella zuccherata per me e una maglietta con sopra impresso “I love 1D” per Agnese.
«Devo cambiarmi la maglietta!» esclama Agnese. Per un attimo ho avuto quasi paura che si spogliasse davanti a tutti, ho tirato un sospiro di sollievo quando l’ho vista recarsi come un fulmine verso la fitta serie di bagni chimici… adesso che ci penso anche io devo cambiarmi.
Valeria mi mette la maglietta che si è gentilmente offerta di prestarmi sotto il naso e mi spinge verso la prima toelette chimica che si libera. Inutile dire che mi sono cambiata in una frazione di secondo, si sa, i bagni chimici non profumano certo di violetta!
Una volta tornata a respirare ho pochi millesimi di secondo per decidermi a seguire Agnese e Valeria che, come due Tornado, sono alla spasmodica ricerca dell’ingresso 9.
«Eccolo!» urla Agnese.
Ho giusto il tempo di salutare mio padre, Valeria mi da il mio biglietto e mi spinge verso i tornelli.
Uno scanner elettronico legge il codice sui nostri biglietti e ci apre i cancelli dello stadio. Siamo dentro!
Mi sento stranamente emozionata, emozionata ma anche un po’ spaventata dopo che da dentro lo stadio si è levato un urlo micidiale.
Ore 19 → un’ora al concerto.
“Finalmente le gradinate!” penso dopo aver a dir poco scalato uno dei piloni dello Stadio. Sono sudata come non mai, mi sembra di aver corso una maratona…e non è ancora finita! Agnese e Valeria corrono da una parte all’altra del nostro settore alla disperata ricerca dei nostri posti. Mi sembra di essere all’interno di una caccia al tesoro, ci imbattiamo in tutti i numeri possibili e immaginabili tranne il nostro, il fatidico settore 331.
Quando tutto sembra perduto i miei occhi incrociano le tre cifre tanto agogniate e, dopo aver fatto alzare una dozzina di persone, mi metto seduta. Mi sento come una sopravvissuta. Il bello è che il concerto non è ancora iniziato.
Mia sorella scruta dall’altra parte delle gradinate. Silenziosamente prende la mia Nikon con teleobiettivo e la dirige verso una delle uscite
«È Niall! È Niall!» esclama. In un millesimo di secondo abbiamo gli occhi di tutto il settore addosso. Con sguardo rapace non perdo di vista la mia macchinetta, in quel momento sfruttata come un binocolo da quindicenni infervorate.
Riesco a rilassarmi di nuovo solo quando rientro in possesso della mia “piccola” e tra un video musicale e l’altro (intrattenere un’orda di adolescenti non è cosa da poco!) le luci si abbassano e da tutto lo stadio si alza un boato assurdo.
One Direction. Il concerto sta iniziando!
Alessia Liberti