Condominio al buio (prima parte)

Sul pianerottolo del secondo piano di un palazzo giallo si affacciano le porte di quattro appartamenti. Il pavimento che si estende tra le soglie chiuse e la porta scorrevole dell’ascensore è ricoperto di piccole piastrelle di un marroncino nostalgico. La pareti sono color pane. In questo spazio franco eppur così intimo che si allarga al di fuori dei quattro appartamenti galleggia un odore tiepido, tanto particolare quanto universale. E’ il risultato di una miscela di ingredienti eterogenei. Gli effluvi succulenti provenienti dalla cucina della signora Bruna, interno 2, si mescolano alle fragranze speziate degli incensi accesi da Sonia, interno 4. L’arroganza del profumo del Sig.Gamberini, interno 3, spruzzato per coprire l’odore del sigaro fumato la sera tardi, si scontra e abbraccia l’aroma di cera d’api usata per lucidare la porta dell’interno 1.
Nonostante l’aria del pianerottolo del secondo piano odori di “tana comune”, gli abitanti dei quattro appartamenti si ignorano conducendo esistenze parallele, scandite da frettolosi saluti e imbarazzati ringraziamenti quando capita di condividere l’ascensore o di scontrarsi sul portone.
Ciò che si può annusare al primo piano dello stesso palazzo giallo è decisamente meno ipocrita e intenso: si avverte un vago sentore di umidità nelle giornate piovose, si può respirare un po’ di polvere e senso di chiuso appena accendono il riscaldamento centralizzato, si sente il profumo anonimo del detersivo per pavimenti il giorno della settimana in cui la Donna passa a pulire le scale.
Stefano abita al primo piano. Non cucina, non accende sigari né brucia incensi.
Patrizia al primo piano ci lavora, nello studio del commercialista. Ogni giorno alle 9 accende il pc e tutt’al più brucia calorie sulla cyclette del capo quando lui non c’è.
Il ronzio dell’ascensore tiene appeso al suo filo conduttore stracci sonori provenienti dalle tane condominiali del secondo piano.
Note irregolari di un sax dall’appartamento 3: il sig. Gustavo Gamberini, con il suo nome coniugato al passato, apprezza esclusivamente jazz e opera lirica.
Voci azzurrine dalla televisione dell’appartamento 2: la signora Bruna è leggermente sorda.
Musica new age dall’appartamento 4: Sonia cerca inutilmente di rilassarsi prima che il marito rientri dal lavoro.
L’appartamento 1 tace.

Laura Caroletti D’Alì © centoParole Magazine – riproduzione riservata
Come ogni giovedì Alice segue un corso di arabo a cento metri da casa. Rientra verso le 22.40. Suona il campanello due volte di seguito come il postino per farsi aprire il portone dalla mamma che l’aspetta sul pianerottolo. In questo frammento d’attesa della durata di una corsa d’ascensore probabilmente Bruna sta pensando che è una vera fortuna che la sua Alice abbia trovato un corso di arabo così vicino a casa, senza il bisogno di accompagnarla e andarla a riprendere in macchina tutte le volte. Riesce a cavarsela da sola con la sua carrozzella elettrica. E’ sufficiente aprirle il portone e aspettarla sulla soglia di casa… O forse Bruna sta semplicemente elaborando delle ipotesi sul vero assassino della puntata di CSI in onda in televisione in questo momento, quando improvvisamente viene a mancare la luce. Black-out. Non c’è corrente elettrica. Alice è rimasta bloccata in ascensore.

-Ali stai bene?!- grida immediatamente Bruna preoccupata.
-Sì mamma –
-E’ saltata la luce!-
-Sì mamma, me ne sono accorta – Alice ha il brutto vizio di estrarre risposte pungenti come aculei quando la madre le si rivolge con quella voce ansiosa da chioccia, così irritante -Aspetto qui- aggiunge senza riuscire a dolcificare il tono.
Bruna si trova al buio, sola e non sa che fare. Odia chiedere aiuto e Alice lo sa.
-Mamma vai a chiamare qualcuno…- scandisce la figlia dall’ascensore bloccato. La voce arriva storpiata dall’eco della tromba dell’ascensore e dal fastidio di aver bisogno di qualcun altro.

Intorno solo silenzio e buio. Bruna, scocciata, si dirige verso la porta del Sig.Gamberini. Mentre con una mano cerca di darsi una sistemata ai capelli che avrebbero bisogno di una messa in piega, con l’altra suona il campanello che ovviamente rimane muto. Senza corrente non ha voce per richiamare il vicino alla porta.
Bruna sbuffa.
Anche Stefano del piano di sotto si è ritrovato al buio nel momento sbagliato. Stava per inviare una certa mail… Forse non è destino, o forse lo è ma in un altro modo. Però lui al buio non ci vuole stare da solo. Probabilmente ha subito pensato che può esserci qualcuno che ha bisogno di luce. E infatti: Bruna sbuffa.
Stefano tiene in mano una torcia, grossa e rassicurante. Sale le scale a passo svelto e sussurra -E’ saltata la luce- illuminando dal basso le ciabatte di Bruna.
-Alice è rimasta bloccata in ascensore!- ribatte la donna ad alta voce.
-Non si preoccupi signora, adesso cerchiamo una soluzione – e mentre lo dice si avvicina puntando lo torcia negli occhi di Bruna, la quale reagisce con una smorfia abbagliata. Allora lui abbassa il fascio luminoso sul seno prosperoso della signora, ma non gli pare educato così ritorna ad illuminarle i piedi e infine opta imbarazzato per il soffitto.
Bruna evidentemente pensa “Andiamo bene, questo non sa nemmeno dove puntare la lampada, figuriamoci il resto…” e sbuffa di traverso.
-Alice tutto bene?- Stefano grida verso la porta dell’ascensore con una voce più ferma della mano.
-Siiì-
-Sei da sola?-
-No…-
Stefano sta per chiederle con chi sia, quando alle sue spalle interviene la vocetta acuta di Sonia -Che succede?!- Lui si gira e le illumina le ginocchia: scelta moderata.
Sonia sta in piedi sul suo zerbino arcobaleno indossando sandali birkenstoock e calzetti a righe, pantacalze aderenti a vita bassa, T-shirt larga del WWF con colletto slabbrato abbastanza largo da mostrare una spalla nuda e fascia per capelli giallo fosforescente visibile anche al buio. In mano tiene una candela viola ricoperta di cereali che emana dalla fiamma un deciso odore di lavanda.

Laura Caroletti D’Alì © centoParole Magazine – riproduzione riservata
Stefano e Bruna spiegano all’unisono che è saltata la corrente e Alice è rimasta bloccata in ascensore.
Con aria svampita Sonia annuisce, poi si sente in dovere di aggiungere -Mio marito dorme, torna a casa dal lavoro che è uno straccio e si addormenta prestissimo. Io stavo leggendo un libro di filosofia a lume di candela, la penombra mi aiuta a concentrarmi e rilassarmi, quindi non mi ero accorta che era saltata la corrente… poi ho sentito le voci fuori dalla porta e mi sono incuriosita… Lei Stefano non sale mai qui al secondo piano… così ho capito che forse era successo qualcosa…- e dicendo queste ultime parole con la mano libera dalla candela si arrotola una ciocca di capelli biondi intorno al dito con aria maliziosa.
Bruna sta per commentare che questo non è certo il momento di flirtare con il giovanotto del primo piano quando proprio da là sotto arriva la voce flebile e spaventata di Patrizia. Sta cercando di salire le scale ma ad ogni gradino rischia di precipitare dai tacchi di 12 centimetri. L’oscurità non le è d’aiuto.
-Scusate…mi aiutate?…Sono rimasta al buio.-
Stefano in quattro salti è già di sotto pronto ad illuminare l’incertezza dei passi della ragazza che è rimasta senza corrente elettrica in ufficio proprio un minuto prima di salvare una relazione a cui aveva dedicato troppo del suo tempo. Ore di lavoro buttate. Dopo aver inveito per cinque minuti contro tutti i santi protettori delle segretarie dei commercialisti, non essendo dotata di illuminazione propria, Patrizia si è incamminata verso le scale in cerca di conforto elettrico da quelli del piano di sopra. La stanchezza dopo l’ennesima giornata di lavoro eccessivamente lunga e la scomodità delle scarpe inutilmente sexy, hanno tolto slancio alla scalata verso i condòmini, che poi non sono nemmeno condòmini perché lei in questo palazzo non ci abita, per quanto ci passi la maggior parte del suo tempo lavorando.
Stefano raggiunge Patrizia e lascia che lei si aggrappi saldamente al suo bicipite muscoloso mentre rumorosamente conquistano gradino dopo gradino la meta del secondo piano: il battito dei tacchi ad ogni passo rimbomba allo stesso ritmo dei ringraziamenti che a voce acuta Patrizia rivolge alla penombra. In fondo poteva andare peggio, potevano essere tutti a letto a quest’ora.
Sono quasi le 23.

(…)

Lucia Lella © centoParole Magazine – riproduzione riservata

illustrazioni: Laura Caroletti D’Alì © centoParole Magazine – riproduzione riservata

10488181_10204290925777725_7786588615818357251_nLucia nasce a Bologna nel 1979 e lí tuttora vive. Laureata in economia presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna da dieci anni lavora nell’ambito della cooperazione di consumo occupandosi di progetti di solidarietà. Ma le sue vere passioni sono i viaggi e le parole, molte lette alcune scritte. Per diversi anni ha scritto quotidianamente su un blog con lo pseudonimo di Tracciadoppia.
Affetta da SMA, una malattia genetica neuro muscolare rara, si muove sulla sua carrozzina elettronica ed é difficile fermarla… Quando passa lascia un’impronta, una traccia, doppia.

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