Claudio Micali

Concorsi, fotografia, realtà: Claudio Micali

 Claudio Micali, nato nel 1959. Claudo, nell’ambito di dotART Magazine e delle altre attività giornalistiche e d’immagine, abbiamo iniziato a incontrare di persona i fotografi, e a presentarli.

Mi piace collaborare a queste iniziative, lo trovo molto positivo, certamente.

Da quanti anni sei in questo mondo?

Ascolta, lo faccio da quando avevo dieci anni. Mio papà era appassionato di fotografia – è qualcosa di comune a molti altri che hanno intrapreso la carriera. Una passione anche tecnica. Ho ancora tutta la serie Minolta, dalla 101 alla 303. Nikon FM, FR. Canon. Hasselblad. Rollei. Possiedo un parco di macchine e obiettivi enorme; potrei quasi definirla una collezione.

A sedici anni, avevo iniziato a lavorare da Buffa, in Corso Italia, a Trieste. Ci ho lavorato per diciott’anni; vivevo in un negozio di fotografia, mi arrivavano le macchine fotografiche nuove, usate … ‘vi do’ questa per prendere l’altra’. ‘Ah, bene’. Cinquantamila Lire e la prendevo io, perfetta. E con la passione di mio papà per la fotografia mi sono rimasti tutti gli ingranditori; a dieci anni passavo gran parte del mio tempo libero in camera oscura al suo fianco. È così che ho iniziato.

Poi nel negozio di fotografia avevo la possibilità di lavorare assieme o per altri negozi; diverse cose. La moda. Vicino a noi c’era Beltrame, sempre a Trieste – ho fotografato molte delle commesse che ci hanno lavorato nel corso di quei diciott’anni.

Hai iniziato subito con la moda, quindi?

Si, si. Mi piaceva molto. Eravamo vicini di negozio e proponevo loro di posare, quasi ogni domenica ero al Castello di Miramare con una di loro a far foto. Con il rullino. Figurati, scattavi tre, quattro rullini e voleva dire una bella cifra. Foto, foto, foto. Poi per un periodo ho smesso col negozio, ho iniziato a far altro – ho fatto il rappresentante, per un po’ di tempo. Però non si è interrotta la passione, perché il lavoro di rappresentante mi permetteva di creare contatti, di incontrare persone, in Friuli particolarmente, in altre regioni. Così ho ripreso a far foto, per divertimento.

E come mai sei poi tornato, da protagonista, nel mondo dei fotografi?

Nel 2005, ho avuto l’occasione di partecipare all’evento organizzato da MTV qui a Trieste – e grazie ad alcuni contatti che avevo, ho potuto salire, come punto di osservazione, sul tetto della Prefettura, assieme a un altro fotografo. Eravamo gli unici in quella posizione e ne è venuto fuori un servizio molto buono. Dopo l’ho pubblicato, con l’autorizzazione di MTV, e da loro ho ricevuto un ingaggio; le mie foto erano piaciute, le consideravano interessanti. Mi hanno chiesto se volevo collaborare, e da quella volta sono rimasto in contatto con loro, ed in seguito ho realizzato delle collaborazioni anche con la Red Bull Bike Nights e con il TRL Tour. Per quanto riguarda Trieste; perché ho scelto di non spostarmi, ho preferito restare a casa, sul territorio.

Cosi’ è nato tutto per gioco e poi è diventato un impegno molto bello, molto importante. Non sono mancate le collaborazioni da esempio con Il Tim Tour, 80 Festival, Radio Company. Molto spesso con i giovani, con la musica. Poi con Azalea, i concerti, sempre qui a Trieste, già da quattro o cinque anni. Così cominci magari per scherzo e poi pian piano, se fai bene, diventa una cosa molto entusiasmante. Poi, il campo sportivo. E quel punto mi sono detto, ‘Beh, mi chiamano tantissime volte, un po’ tutti, e allora faccio il fotografo, perché no’.

Hai uno studio tuo, Claudio?

No. Ho iniziato più di una volta collaborazioni, però non si sono concretizzate in uno studio fotografico. Adesso lavoro con gli studi a noleggio. Non è facile; per il tipo di lavoro che faccio io, avrei bisogno di uno studio molto grande, con tanto spazio a disposizione.

Lavori ancora come fotografo sportivo?

Certo. E’ un settore che mi interessa molto. Lo scorso anno, ad esempio, ho avuto l’opportunità di essere il fotografo ufficiale dei World Junior Women’s Water Polo Championships. Un grosso lavoro, veramente impegnativo. Gli Europei di Karate. Pallavolo Italia-Corea. Tante. cose. Calcio provinciale. Seguo la Pallanuoto, quando le squadre giocano in città.

Su cosa sei impegnato in questo momento?

È da un po’ che penso di iniziare ad organizzare giornate di ‘Model Sharing‘. Proporre cioè, ai fotografi, dei pacchetti che uniscano location, modelle ed un set fotografico attrezzato – in modo che per una cifra non troppo elevata sia possibile per loro sperimentare, sia professionisti che non, un genere di fotografia al quale magari si approcciano per la prima volta. Cinque, dieci fotografi, magari dieci amatori che vogliono divertirsi la domenica su un set.

È  una bellissima iniziativa. Come fai però a sostenerne poi il costo? Con gli sponsor?

Come ti dicevo ho moltissimi contatti sia fra i fotografi e fotoamatori che le modelle, anche agli inizi. A questo punto si deve solo trovare la location giusta ed un tema che possa interessare entrambi, poi il costo da sostenere va diviso tra i fotografi stessi che riescono così a ottenere un valido servizio a costi ridotti.

Tengo a a precisare che non è una questione di guadagno; l’anno scorso ho messo anche molto di tasca mia, sia nei premi che nella pubblicità. Nel promuovere i concorsi non mi metto mai per primo, non m’interessa apparire per primo: è giusto che figurino per primi quelli che mi danno l’opportunità di farlo, di organizzarlo. Mi piacerebbe almeno andare in pari con le spese ..! Poter dire: ‘è stata una bella cosa, non ci ho guadagnato niente ma almeno non ho perso e c’è stata soddisfazione, sono contento’.

Mi occupo anche di grafica, direi che ci sto lavorando molto: ho iniziato con la fotografia e la grafica era una cosa collaterale, nel 2005, però l’attività, che prima era solo collaterale, si è espansa moltissimo. Se il cliente ha bisogno di grafica professionale, di inserire l’immagine in un contesto, scatto le foto, le elaboro e poi penso anche al resto – nel pensare alla grafica, partendo comunque da foto mie, posso ottenere un buon risultato. E questo è un po’ il trend di mercato, almeno in quello che vedo io – per darti un’idea, in dicembre ho avuto una distribuzione complessiva di 120.000 volantini legati a una trentina di servizi fotografici pubblicitari, contro dieci servizi fotografici esterni. La fotografia professionale, quindi, per me, è diventato un qualcosa di agganciato a un’altra attività prevalente. Cambiamenti che devi seguire, se ci lavori.

Ma ti piace sempre?

La fotografia? Si, assolutamente. La fotografia è la passione più importante, per me. Non è solo lavoro. L’ho sempre seguita, mi sono sempre appassionato alle cose … partecipavo alle ‘Photo Communities’, cercavo di seguire e di dare consigli. Il consiglio che davo a mia volta era sempre questo: fotografare. Non è per niente banale, come cosa, se ci pensi. Tempo addietro, con l’analogico, dovevi anche studiare e diventare padrone della tecnica. È giusto, avere conoscenza della tecnica. Però, con il digitale, la conoscenza, la cognizione tecnica della fotografia diventa un fattore secondario. L’apprendi sul campo, provando e riprovando e studiando solo quel poco che è necessario. Fai foto; fotografa. Questo è l’importante con il digitale, fai più foto che puoi, sperimenta, perché puoi permettertelo. Vedi subito i tuoi errori; non ti è più necessario studiare numeri e ragionare su tutto fino all’ultimo particolare.

Quindi secondo te non val più la pena di studiare la tecnica fotografica?

Senza estremizzare ma: è inutile che stiamo la’ insieme a studiare per ore il diaframma, la sensibilità, i tempi, e ad imparare a memoria la reciprocità fra i fattori; è inutile star lì a tavolino a simulare che cosa succede immaginandolo. A spiegarci la profondità di campo sulla carta. Quando ritorni a casa, dopo esser rimasto per delle ore su un foglio, quanto, di quello, hai veramente assimilato? Non è molto più bello, più pratico, scattare, girare la rotellina e schiacciare il pulsantino, e vedere la differenza? Fin che non la memorizzi, non la impari? Scattare. Far foto. Più che si può.

Ho sempre detto, e dico, di non considerarmi un professionista. Io sono e rimarrò un fotoamatore. Nel momento in cui inizierò a dirvi: ‘sono un professionista’, vorrà dire che non ci sarà più dentro di me la passione per la fotografia, ma che sarà diventato tutto lavoro. E, in quel momento, l’abbandonerò.

Perché?

Perché io vedo tanti fotografi professionisti e così come vedo loro vedo, sinceramente, le foto brutte che fanno. E perché le fanno, quelle foto brutte? Perché pensano solo al guadagno. ‘Mi sono fatto un nome’. Quando si dicono questo, io credo che, dentro di loro, non siano più interessati alla qualità di una fotografia. ‘Adesso mi sono fatto un nome; ecco, adesso improvviso, butto su qualcosa, tanto potrò vendere lo stesso’. Più di una volta ho parlato di questo con associazioni, con negozi che hanno lavorato molto anche con fotografi molto conosciuti. Devi curarle bene, le cose che fai. Metterci passione sempre. Mi piace.

Certo.

Un giorno forse mi stancherò, non so se sarà per sempre così come adesso e com’è da tanti anni. Potrei arrivare a un punto nel quale mi accorgerò di non avere più passione, di improvvisare male, allo stesso modo. A quel punto mi tirerò indietro. Abbandonerò, farò qualcosa d’altro. Probabilmente continuerò a far foto, ma solo nel tempo libero, per conto mio.

La fotografia è arte o tecnica, secondo te? O arte e tecnica allo stesso tempo?

La fotografia è arte prima di tutto. La tecnica è il suo complemento. Diventa utile, nel momento in cui ti avvicini alla fotografia, conoscere alcune tecniche per poterle poi impiegare, in maniera giusta, in un contesto creativo. Ti faccio un esempio, l’HDR – High Dynamic Range … esiste da una vita. A un certo punto c’è stato un boom; marketing! È diventato una moda – e via tutti di HDR! Calma, calma. Non fatelo. L’ HDR va bene in certe situazioni, va bene per trasferire un certo tipo di sensazione, per un certo tipo di foto. Non dappertutto. Vedi in giro certe foto … ‘L’ho scattata in HDR!’ – ‘Beh, bravo: è una vera schifezza’. Concettualmente, HDR, come altre tecniche, è una forma d’espressione artistica che però devi saper usare. Nei limiti; e solo in certe situazioni fotografiche. Fuori dal suo contesto ti da’ risultati assurdi e completamente da buttar via. Come Photoshop …

Cosa mi dici dell’uso di Photoshop?

Photoshop come strumento è una cosa bellissima, eccezionale. Non devi abusarne; non dovresti modificare la realtà. Puoi esserci costretto, però, per lavoro – devo dirti che nel mio lavoro, in particolare in pubblicità, lo uso tantissimo, e molto bene. Una modella su un volantino pubblicitario dev’essere perfetta; non puoi lasciare niente, nemmeno una ruga o un’imperfezione.

Ho la mia maniera di lavorare anche sui particolari: se, in una foto di gruppo, spunta una scarpa che non dovrebbe esserci, la tolgo. Se nella foto di una strada c’è un pacchetto di sigarette che non voglio, lo elimino. Per evitare che l’occhio cada su quei particolari di contrasto forte che non dovrebbero esserci. Immagina una foto del Carnevale, la festa, i coriandoli colorati e tutto il resto: se c’è un pacchetto di sigarette accartocciato per terra, tu guarderai quello. E io non voglio che accada.

Non pensi che presentare foto di modelle e modelli perfetti in tutto, innaturali, porti a dei problemi etici?

Tanti me lo dicono. Mi sottolineano che la foto dev’essere bella al naturale. È  giusto. Se faccio delle foto a una modella che le vuole per lei, per farne l’uso che vorrà, io gliele consegno solo con una post-produzione minima; contrasto, luci, le solite cose e basta. Se però quella stessa foto deve andare su un volantino pubblicitario o un manifesto per una campagna, non posso: deve sparire tutto, tutto dev’essere perfetto. Deve diventare una bambola. Questo perché è l’agenzia stessa, è il mondo della pubblicità a importelo. E non puoi opporti a esso se ci lavori dentro. Non sto a dirti qui se è giusto o sbagliato. È il nostro mondo; l’agenzia ciò che non è perfetto, che non segue un certo canone d’immagine, te lo rifiuta. Ti dice: ‘Non me ne frega niente della realtà; ne ho mille così. Io voglio questo – voglio il perfetto, e ancora di più’. Io esaspero la foto, certo; ma dove e quando devo farlo. Non mi piace; però devo. Mai al di fuori di quel contesto.

E qualche volta ti capita anche di poter veramente lavorare in maniera naturale: ricordo un servizio che ho fatto due anni fa per una rivista del gruppo Egmont’s Swedish magazine, foto a due modelle svedesi ingaggiate da loro stessi. ‘Usa il flash e scatta come farebbe una persona qualsiasi: non vogliamo foto straritoccate; dev’essere l’immagine della giornata di due ragazze in vacanza’. È stato molto bello. Di solito non è così. Poi mi ricordo che erano state le ragazze stesse a chiedere più ritocco: ‘Eh, ma, qui non siamo tanto belle …’ – ‘No, ragazze. Così siete naturali. Non si ritocca nient’altro. Se vi tolgo questo, questo e questo, diventate ragazze-immagine, e non è quello che ci hanno chiesto’.

Ricorda che se vedi una delle ragazze dei miei cartelloni pubblicitari camminare per strada, normalmente non la riconosci. Non è lei, è un’altra persona: immagine pubblicitaria: mascella stretta, allungato il collo nella prospettiva, tolte tutte le imperfezioni …

Una non-persona.

La pubblicità e la realtà sono due mondi completamente diversi; qualche volta, non si parlano. Però dico sempre: quella foto gliel’ho fatta perché è per lavoro, per un cliente che mi ha chiesto, che ci ha chiesto, di essere e fare così. Se l’abbiamo accettato, lo dobbiamo fare. Se a lei voglio dare la foto che le ho fatto per passione, perché me le ha chieste personalmente, non la snaturerò. Se avrà un neo nella foto sarà perché ce l’ha, e non glielo toglierò con Photoshop. Se lei è così, così resterà. Se poi vorrà toglierselo lei … potrà farlo, naturalmente.

Fai anche bianco e nero?

Mi piace molto, il bianco e nero. Solo che … il bianco e nero … ecco, se tu dovessi farlo in maniera tradizionale, sviluppo, camera oscura, acidi … allora sarebbe veramente un bianco e nero. Il bianco e nero Photoshop o Lightroom … eh, beh. Tante volte m’innervosisco perché faccio un’immagine in bianco e nero convertendola in Photoshop dal RAW a colori; guardo, guardo, guardo … e cancello. Non è bianco e nero. Pochissime, pochissime volte sei in grado di far emergere quei contrasti che la pellicola e lo sviluppo chimico in bianco e nero ti davano. E, comunque, anche in quel caso, quello che hai ottenuto in Photoshop è un’emulazione del bianco e nero. Quindi il bianco è nero è bello secondo me solo se lo fai ancora in camera oscura.

E sperimenti anche con i colori, quando sviluppi via software?

No, normalmente no. Se devo preparare una foto pubblicitaria per un manifesto o un volantino, allora posso sentirmi libero di creare e proporre qualsiasi cosa o di seguire le richieste dei clienti. Se invece è una foto fatta per me, o per una ragazza, no, non tocco i colori. Qualche volta propongo loro alte luci, un tipo d’effetto, le solite cose, Qualche volta ho sbagliato e sparato troppo flash e allora non la posso recuperare in nessun altro modo – perché sappiamo benissimo che è così, anche fra di noi – sulle alte luci il fatto molto spesso non è un qualcosa di ‘costruito’ ma di ‘capitato’. E per salvare anche quella, magari perché ha una bella posa, la propongo alterata … ‘E’ stata fatta apposta in alte luci!’ … niente affatto, mi sono scordato io di chiudere il diaframma. Ma è così, nel nostro mondo – siamo sinceri.

Ecco, in un solo caso vado oltre e lavoro sui colori, anche modificandoli in modo rilevante. Qualche volta mi piace lavorare con il Make-Up digitale. Truccarle. Questo lo faccio però per me, perché mi piace sperimentare e potere poi mostrare alla Make-Up Artist, che dovrà ricreare il trucco sul soggetto, quello che vorrei per il servizio che intendo realizzare. Lavoro anche in 3D, con software come ‘Poser’ – con modelle virtuali, quindi. Creo un’idea, lavoro in 3D su quell’idea, provo le luci là, in una scatola artificiale che è solo software. Poi ripeto nello studio fotografico quello che ho simulato, quella stessa situazione che ho immaginato al computer. Soprattutto per la pubblicità. Simulare con il software ti consente anche un grosso risparmio sui costi: le modelle, il tempo.

Ma è una simulazione realistica?

Allo stato attuale ti direi che simula la realtà all’ottanta per cento, in particolare le luci, le angolazioni e i riflessi. Non è poco. Fatta la simulazione puoi aspettarti di arrivare in studio e avere già una buona base sulla quale lavorare con le modelle.

Anche perché con le modelle, una volta studiate le luci e il set, una volta decisi gli abiti, non mi piace costruire: le lascio libere. ‘Fate quello che volete; partiamo’. Poi, mentre stiamo scattando, mi vengono in mente pose e movimenti da fare, ma non seguo uno schema fisso. Mi piace molto anche ascoltare le idee delle modelle, provare. Sai, se tu ti prepari tutto nei particolari e pretendi poi di essere in grado di controllare ogni minimo dettaglio … e se poi arrivi, inizi a scattare, e ti rendi conto che la tua modella non risponde, non si trova a suo agio con quello che avevi in mente? Puoi aver deciso tutto e scelto la tua modella in anticipo dopo aver visto mille sue foto, ma se quando inizi a scattare scopri che le cose non vanno bene … basta. Hai perso la giornata di lavoro. Adesso, poi, su ‘Facebook’, tutte sono modelle.

Pensi sia una cosa negativa?

No. Ma dico sempre a tutte: ‘ragazze, prendete tutto questo come un divertimento’. Per diventare una modella professionista, preparata, ci vogliono molto impegno, e molti sacrifici. Roma, Milano se resti in Italia, o capitali europee. Rischi, anoressia. Non ‘Facebook’; niente semplicità, in quel mondo.

Ecco, i concorsi fotografici che organizzo servono magari anche a questo, perché attraverso di loro dai un’opportunità a una ragazza che voglia farlo di presentarsi. E, cosa non da poco, di capire un attimo che cosa fare la modella voglia dire. Quando si ritrovano di fronte a cento fotografi e ne sono terrorizzate, cosa che capisco assolutamente … già da quello vedi se ci sei portata o no. Con il concorso fotografico puoi iniziare a capire. Attraverso il concorso puoi anche divertirti e scattare qualche foto bella, che poi ti rimane per ricordo – per fare la modella devi avere per forza certe caratteristiche, devi essere alta, non è detto che ti sia possibile … le agenzie non ti chiamano. Vai, fai lo scatto, ti metti in lista, ma il tuo nome resta nel cassetto. Se fai il concorso, qualche foto bella rimarrà, almeno per te. E potrai conoscere altri fotografi, farti notare e avere un’occasione magari in un campo artistico, se non da modella di sfilata, come fotomodella. Considerandolo sempre come un divertimento. Modella per un giorno.

Ti sei mai fatto fotografare?

Mai! Mi fotografano di nascosto, ai concorsi. Mi ritrovo su ‘Facebook’, appunto. Ma non ho mai pensato di farmi fotografare, di mettermi in posa. Mi piace stare dall’altra parte.

Come ti vedi, tu, Claudio? Chi sei, in questo mondo d’immagini?

Sono una piccolissima parte di quel mondo. Una persona qualsiasi; normale. Non mi paragono a nessun grande fotografo, e non ho la pretesa di essere avvicinato a loro. So che ho la mia personalità e il mio modo di fotografare; so che mi piace curare molto il mio lavoro. Saranno gli altri a dire il resto; se vogliono.

Roberto Srelz

 

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L’idea di Claudio Micali di organizzare giornate di ‘Model Sharing’ nasce dalla sua collaborazione, già dal 2005, sia con associazioni No Profit che con attività commerciali nel realizzare concorsi fotografici ‘Live’. Con l’idea di mettere a confronto il ‘colpo d’occhio’ (la tecnica e la bravura di ogni fotografo, sia esso professionista che fotoamatore) con delle situazioni nelle quali per tutti l’ambiente di scatto, le modelle, i soggetti e quant’altro siano gli stessi, in modo da potersi confrontare ad armi pari.

Non è stata, e non lo è tuttora, un’impresa facile. I concorsi sono sempre gratuiti per i fotografi oppure, in alcune occasioni, il costo d’iscrizione è giustificato dal fatto che l’intero incasso viene devoluto ad enti e associazioni no profit come ad esempio ‘Azzurra’ Associazione Malattie Rare O.N.L.U.S. , o AISLA Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica O.N.L.U.S.

Tutti i costi di organizzazione sono ammortizzati da sponsor e partner che credono in questo progetto di Claudio e che lo sostengono da molto tempo. Dalla prima edizione del 2005 ad oggi, i concorsi fotografici ‘Live’ da lui organizzati hanno visto crescere in modo esponenziale l’interesse, riscontrato sia nel numero dei partecipanti (arrivati a circa duecento presenze a concorso nelle ultime edizioni) provenienti da tutta Italia e da Slovenia, Croazia ed Austria, sia da parte degli sponsor e partner, tra i quali troviamo marchi di rilievo come Nikon e Sportler, che dalla stampa anche regionale.

Per mantenere vivo questo interesse di anno in anno sono state sviluppate tematiche sempre diverse che potessero interessare una sempre più ampia fascia di fotografi e fotoamatori e sono nate così le prime collaborazioni con associazioni culturali e realizzati ad esempio: “Andar per l‟Età di Mezzo” (2008 e 2010) con circa sessanta figuranti in abiti medioevali ed il Castello di San Giusto come location della 2a Edizione, “Miss & URSUS” (2009) sullo storico pontone “URSUS” simbolo della città di Trieste e del suo legame con il mare, “Miss’Sissi” (2009) nella splendida cornice del parco del Castello di Miramare, “Old Cars & Fashion” (2010) che ha visto per una giornata una carrozzeria trasformarsi in un set fotografico con macchine d’epoca e modelle, “LOCOMOTION … la bellezza corre sui binari” (2010) che ha avuto come location l’interno del Museo Ferroviario di Trieste trasformato in set fotografico con la presenza di comparse in abiti fine ‘800, “PIRATI” (2010) dove i fotoamatori (circa 200) hanno potuto fotografare il sosia di Jack Sparrow e tre splendide modelle in abiti da corsara, “Salviamo l’URSUS” (2011) dove le modelle si sono improvvisate operaie al lavoro sullo storico pontone, “WILD” (2011) con modelle trasformate dal bodypainting e “Fashion & Colors” (2011) dove splendide modelle hanno posato, indossando abiti dipinti per l’occasione dall’artista Gabriella Machne, al fianco di quadri proposti in una collettiva che ha visto 24 artisti esporre le proprie opere sul pontone “URSUS”. 

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