Fino al 22 febbraio saranno esposte alla Foley Gallery di New York City, gli scatti in bianco e nero del fotografo Clay Patrick McBride.
Questo artista con base a NYC comincia il suo percorso nel sud della Francia dove trascorre gli anni della tarda adolescenza e l’inizio dei venti studiando pittura e storia dell’arte. Il primo approccio con la fotografia arriva una volta trasferitosi a New York, nei primi anni del 1990, per poter frequentare la “School of Visual Arts”.
Durante i suoi studi McBride sviluppa uno stile molto forte per quanto riguarda la ritrattistica, con il suo modo di fotografare intende celebrare e dare consapevolezza al soggetto stesso delle sue potenzialità e non, attraverso un mix di humor ed onestà.
McBride ha ritratto alcuni tra i personaggi più famosi del mondo dello sport e della musica come : LeBron James, Allen Iverson, Norah Jones, Jay Z, and Kanye West fino ai Rolling Stone.
Gli anni sono serviti a McBride per crescere ed immergersi completamente nel mondo della fotografia ma non solo, nell’ultimo periodo ha esordito con un ingente numero di progetti nel campo degli Short Film e video musicali.
Questi nuovi lavori sono anch’essi caratterizzati da una chiave di lettura quasi surrealista.
Essi non sono altro che, afferma McBride, “un eccitante e logica estensione” del suo modo di fare fotografia.
Nel progetto esposto alla Foley Gallery di New York City, nel quale sono coinvolti diversi artisti, McBride integra letteralmente le sue fotografie alle pareti della galleria.
L installazione intitolata “Third Rail” include foto in 35mm scattate nella metropolitana della grande mela. Come spiega il comunicato ufficiale della mostra, l’intento di quest’ operazione è ricreare il percorso compiuto dal abitante metropolitano immergendo il visitatore in quell’ atmosfera di penombra e claustrofobia che caratterizza la New York City Subway.
Secondo lo stesso fotografo, la fotocamera non si concentra sul lato estetico dell’ambiente ma punta ad evidenziare la dimensione dello spazio interpretato in chiave claustrofobica con l’ausilio del bianco e nero e di soggetti privi di volto.
Il fotogramma quindi diventa una sorta di prigione per le nostra inquieta coscienza, i viaggiatori sono deformati come se catturati dalla pellicola.
Le sue foto ritraggono individui schiacciati dal peso del mondo. La sua macchina diventa testimone di questa massa indistinta di persone derubate della loro identità, trasformando tutti i passanti in veri e propri fantasmi.
Valeria Morterra © centoParole Magazine – riproduzione riservata