Un parco giochi in legno, semplice nella sua cromaticità. Tre personaggi di una certa età, ognuno vestito con un colore che si avvicina a quelli primari, si mescolano insieme dando vita a “Classe di Ferro”.
Dal testo di Aldo Nicolaj, con un nuovo allestimento diretto da Giovanni Anfuso, la pièce ha debuttato il 3 marzo al Teatro Miela di Trieste, ospite del cartellone “Altri percorsi” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
Sul palcoscenico un incredibile cast: Giuseppe Pambieri, Paolo Bonacelli e Valeria Ciangottini.
Prima dell’ultima replica, ieri mattina al Caffè San Marco, il pubblico ha potuto incontrare gli attori, il regista e il produttore dello spettacolo Gino Caudai. L’incontro è stato mediato dalla giornalista Chiara Zanchetta.
“Classe di Ferro” è uno spettacolo capace di far sorridere per la sua vena ironica, ma nel contempo commuovere per il significato profondo e molto attuale che si sprigiona dalle bocce dei tre protagonisti.
Tratto dal testo di Aldo Nicolaj, scritto nel 1971, Classe di Ferro racconta l’amicizia di due uomini di settantasei anni, che si incontrano sulla panchina di un parco, nella periferia di una città; si tratta di un’amicizia fondata su dinamiche molto semplici, molto diverse, molto forti. “Questa amicizia, nata in tarda età – come ha detto il regista Anfuso al Caffè San Marco – diventa motivo di vita, motivo di interesse, motivo di scontri, e anche di inesorabili tenerezze”. Il testo è scritto con molta leggerezza, è pieno di humor, ma anche di riflessioni.
Durante la passeggiata quotidiana, Luigi Lapaglia (Giuseppe Pambieri), contabile in pensione, incontra, in un giardino pubblico, nella periferia di una grande città, Libero Bocca (Paolo Bonacelli), che dopo aver lavorato per molti anni in tipografia come proto, è ormai pure lui in pensione.
I due protagonisti maschili sono di carattere diametralmente opposto: uno è scorbutico, nevrotico, scostante, ma sognatore, l’altro è più pragmatico. Come ha ricordato Pambieri: “C’è un tentativo da parte di Lapaglia di entrare in contatto con Bocca, il quale rifiuta, anche con battute molto ironiche e sprezzanti; ma io non demordo, finché non si riesce poi a rompere questo cancello, questa divisione e si crea una comunicazione che ancora non è amicizia ma che presto lo diventerà”.
Ambra (Valeria Ciangottini) entra in scena con un bel vestito azzurro a ruota, in cerca del suo micino, che le è sfuggito. Da subito si nota che il signor Lapaglia non passa inosservato ai suoi occhi. È lei ad intervenire nelle dinamiche della storia, causando il moto dell’anima e cercando un rapporto di tenerezza e di amore con Lapaglia; “un rapporto – che come ha rammentato il regista – non riesce a sviluppare”.
La maestra in pensione vive in una graziosa casetta che dà sul parco giochi; trascorre il tempo in solitudine, ricevendo di tanto in tanto la visita di qualche ex alunno. La sua vitalità, la sua voce squillante, portano una ventata d’aria fresca sul palcoscenico. “Ambra è un’esplosione, è un personaggio pieno di vita, di allegria; porta un senso di vita e allegria notevoli – ha sottolineato Valeria Ciangottini – però, forse ha nascosto in sé qualcosa, che si scoprirà solo alla fine”.
Lapaglia e Bocca passano le giornate assieme, cercando di scacciare la solitudine e la malinconia dalla vita di tutti i giorni. Lapaglia, vedovo, dopo la morte di sua figlia Luciana, è costretto a trasferirsi da uno degli altri figli: Mariuccia, ma lei, al contrario di Luciana, tratta il padre come se fosse un peso per la sua famiglia, tanto da volerlo ricoverare in un ospizio.
Dopo aver compreso che il trasferimento nella casa di riposo sarebbe stato definitivo, Lapaglia è disperato e non sa più cosa fare; l’amico Bocca non vuole lasciarlo – gli vuole troppo bene – e decide così di scappare con lui, proponendogli di andare nel paese di sua madre; un posticino carino vicino al mare, dove tutto, nella mente di Bocca, sembra essersi fermato a quando lui era bambino: il Sindaco già allora anziano, il pescatore con la barba bianca, le persone – nella mente di Libero – sono le stesse di settant’anni fa.
Bocca è un sognatore, è un uomo tutto raccolto nella sua fantasia, “è un uomo che – come lo ha definito il regista – plasma costantemente il piano della realtà e lo unisce con il piano della fantasia”. Ed è proprio questa sua voglia di ritornare nel paese di sua madre a portarlo a voler scappare insieme all’amico Lapaglia. Entrambi decidono di correre questa avventura; entrambi si sentono giovani, hanno voglia di vivere; “entrambi – come ha sottolineato Bonacelli – hanno un gran desiderio di stare insieme, di vivere questo sogno insieme”. Il viaggio è per loro un’avventura.
Tutto sommato anche Bocca è felice di andarsene da casa, perché anche sua figlia non lo tratta poi così bene. La signora Ambra, quando viene a conoscenza della partenza dei due, parla loro a cuore aperto, condividendo la sua solitudine. Non avendo avuto figli si sente molto sola, ma anche Bocca e Lapaglia provano la stessa sensazione, pur avendo dei figli.
Con un velo di tristezza lascia i due amici, invitandoli, prima della loro partenza, a fare un brindisi a casa sua. Ma le cose cambiano: un tragico imprevisto impedisce loro la fuga.
Luigi, seduto sulla giostra che gira, sparisce nel buio; il movimento della giostra e il buio della scena non sono altro che la metafora di quanto accade sul palcoscenico.
In scena vediamo degli anziani che si divertono a giocare; “lo spettacolo ha questo di straordinario: può essere letto ad ogni età. Abbiamo avuto dei bambini spettatori durante le prove che si sono divertiti, e abbiamo avuto degli adulti che si sono commossi. D’altronde se il futuro di una comunità si misura con l’attenzione che riserviamo ai nostri bambini, la civiltà di un popolo si misura dalle attenzioni che si hanno per gli anziani” – ha detto il regista Anfuso, ottenendo un grande applauso da parte del pubblico del Caffè San Marco.
Se una volta gli anziani erano ritenuti fonte di saggezza per le nuove generazioni, oggi, invece, sembrano lasciati in disparte, sembrano essere un peso per l’umanità. Ma i nonni come vengono visti oggigiorno, che funzione assumono? Ce lo dice Paolo Bonacelli: “La funzione che assumono, specialmente oggi i nonni, è essenziale per l’equilibrio all’interno della famiglia. I nonni riescono a tener d’occhio i bambini con molta pazienza e riescono anche ad intrattenere i piccoli. Certe volte intrattenere i piccolini è abbastanza faticoso: i bambini piccoli hanno una voce prorompente”.
Il produttore dello spettacolo Gino Caudai ha ricordato che solo quest’anno è riuscito a dar vita a questo spettacolo, a coagulare in questo suo progetto tre grandi attori quali Bonacelli, Pambieri e Ciangottini, guidati da un grande regista.
“È un progetto motivo di orgoglio – ha enunciato il produttore – perché tocca dei temi molto vivi, molto sentiti al giorno d’oggi; il rapporto tra generazioni, tra il mondo dei giovani e il mondo degli anziani; questo è un tema che sicuramente fa riflettere, sorridere, e al tempo stesso meditare. C’è del tenero e c’è dell’ammarezza, c’è della drammaticità e c’è della serenità. È un tema che tratta dei problemi che viviamo tutti quotidianamente. Sono veramente contento di questo progetto. È senza ombra di dubbio, non perché è l’ultimo, il miglior progetto che io abbia prodotto fino ad oggi”.
Gli attori, in Classe di Ferro, non fanno altro che “giocare”, divertirsi, così come fanno i bambini: “Io mi diverto molto a fare teatro – ha detto Bonacelli – penso che siamo felici di farlo perché giochiamo ancora come i bambini, e in qualche modo ci ritroviamo bambini recitando i vecchi”.
“Ambra è un personaggio che mi piace tantissimo, che faccio molto volentieri, e che mi dà anche un gran da fare: vado sugli scivoli, faccio delle cose non adatte alla mia età” – ha sottolineato Valeria Ciangottini.
Giuseppe Pambieri, con i suoi vestiti color ocra, porta in scena con grande maestria e simpatia il personaggio di Luigi Lapaglia; mentre Paolo Bonacelli, indossa solo capi color bordeaux, e in maniera pacata e di umana semplicità dà vita a Libero Bocca. Ma la gioia e la vitalità dei bambini viene trasmessa da una brillante Valeria Ciangottini che, oltre a calarsi nei panni di Ambra con tanta energia, introduce anche i vari quadri.
Gli oggetti scenici non sono altro che i giochi dei bambini: lo scivolo dal quale Ambra sale e scende più volte, l’altalena basculante usata da Lapaglia e Bocca, una giostra, una finta auto. Le scene sono firmate da Alessandro Chiti, i costumi da Adele Bargilli, le musiche da Massimiliano Pace, e le luci da Giovanni Caccia.
“Classe di Ferro è una bella esperienza. Mi sembra che lo spettacolo stia andando bene, e speriamo di proseguire” – ha concluso Giuseppe Pambieri.
Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.
Foto di Nadia Pastorcich