Ammazzacaffè. Miti, tipi e riti: lettura scenica di Lorenzo Acquaviva

Lorenzo Acquaviva – Ph NadiaPastorcichL’uomo primitivo non conosceva il bar. Quando la mattina si alzava, nella sua caverna, egli avvertiva subito un forte desiderio di caffè. Ma il caffè non era ancora stato inventato e l’uomo primitivo aggrottava la fronte, assumendo la caratteristica espressione scimmiesca. Non c’erano neanche bar.” (Bar Sport di Stefano Benni)

Ma il caffè a Trieste di certo non manca: ieri sera al Salone degli Incanti, nell’ambito dell’iniziativa “Il gusto di una città – Trieste capitale del caffè”, l’attore Lorenzo Acquaviva ha offerto agli spettatori una lettura scenica di alcuni pezzi tratti da due libri di Stefano Benni – Bar Sport e Bar Sport 2000 – dove il tema ricorrente è proprio quello del caffè, mentre la cornice è il bar.

Lorenzo Acquaviva ha ripercorso le origini del caffè dagli uomini primitivi che sentivano la necessità di bere questa bevanda, ma il loro tentativo di bar fu un fallimento, agli antichi romani che, invece, inventarono subito la taverna, per poi arrivare in Grecia dove i bar ebbero grande diffusione. Ma è stato il Medioevo uno dei periodi d’oro dei bar. Fu inventato il posto di ristoro. La storia si conclude con Cristoforo Colombo che, arrivando in America, scopre degli strani oggetti, portati al collo dagli indios. Capisce che dentro ci tengono un liquore denso e scuro, e se li fa dare. Dalla Spagna il caffè arrivò in Francia, dove divenne la bevanda preferita della nobiltà.

Il caffè è anche bar, e bar è anche un insieme di personalità. Vizi, manie, mode, tic, ossessioni, sono queste le caratteristiche descritte dalla “comicità dissacrante, ironica e fantasiosa di Stefano Benni – evidenzia Lorenzo Acquaviva – una comicità che fa sorridere e pensare. Benni non è mai banale”.

Ed è stato proprio Acquaviva ad immedesimarsi in innumerevoli personaggi alquanto singolari, ormai entrati nell’immaginario Trisciuzzi – Ph NadiaPastorcichcollettivo. Perché nei bar si possono incontrare le più strane personalità: l‘incazzato ordina un caffè, che farà poi raffreddare per potersene lamentare; il DDT – drogato da telefonino – risponde in qualsiasi situazione, posizione e occasione. Non potevano nemmeno mancare le vecchiette nell’angolino, dall’aspetto innocuo che stanno sedute davanti ad una tazza di tè, parlando delle sventure cliniche di un centinaio di persone. Per non parlare del professor Piscopo esperto di filosofia, ma soprattutto di posteriori femminili.

L’attore ha dato vita a questi personaggi – messi nero su bianco da Benni – esaltandone il carattere attraverso una brillante gestualità e ad una formidabile abilità nel passare da un dialetto all’altro, interpretando ora un uomo, ora una donna, mostrando così una società molto colorata, a volte esagerata, a volte estremamente grossolana, ma anche molto fragile.

La lettura scenica “Ammazzacaffè. Miti, tipi e riti di Stefano Benni” si è conclusa con il giorno di Natale, perché oggi siamo tutti uguali, però il 26 vado a Cortina.

Il suggestivo sottofondo musicale della serata, regalatoci da Franco Trisciuzzi, è stato il blues che – come ricorda Acquaviva – “ci aiuta a percepire una realtà spesso difficilmente interpretabile e a restituire un senso al caos, al vuoto, al disincanto, lasciandoci ostinatamente speranzosi”.

Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.
Foto di Nadia Pastorcich

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