A casa dell’artista: LA SESSUALITA’ E’ IL NUCLEO DELLA NOSTRA ORIGINE: Paolo Cervi Kervischer e la psicanalisi

Dal primo giorno che ho conosciuto Paolo, una delle prime cose che ho saputo di lui è stata la sua relazione intensa con la psicanalisi. Entrando in casa sua, nella stanza della musica – dove c’è il fatidico pianoforte a coda che fedelmente mi accoglie ad ogni visita – c’è una parte della sua libreria interamente, o quasi, dedicata alla psicanalisi. Freud sembra essere il ponte che unisce il momento dell’arte con il momento del pensiero. È stato dunque inevitabile ricadere sull’argomento, una volta conosciuti. Senza ancora sapere nulla della sua esperienza, mi aspettavo ingenuamente che essendo un artista necessitasse di un supporto psicologico e/o psicanalitico per “sopportare” la difficoltà della sua scelta all’interno della nostra società. Fu esattamente l’opposto, e io mi accorsi di ragionare come la maggior parte delle persone che si trovano di fronte ad un artista. Per canoni precostituiti.

Un giorno di gennaio, Paolo mi chiese di incontrarci a casa sua. Entrando, lasciai come sempre la sensazione delcerv bianco e nero mondo reale fuori dalla porta per farmi accogliere dal suo spazio metafisico, una bolla incantata tra colori e sicurezza, e il suo solito divano rosso:

Ho bisogno di chiederti se ti ho mai parlato del lettino della mia psicanalisi”.

E così c’eravamo. Era arrivato il momento della concessione, di quello che io e lui chiamavamo il dono, il darsi l’un l’altro io attraverso l’ascolto, lui attraverso la condivisione della sua vita.

Sono stato in psicanalisi per tredici anni a Venezia e un bel giorno mi vedo arrivare a casa il lettino su cui mi sono steso per tredici anni. Era il lettino della mia psicanalista.”

Perché sei andato in psicanalisi?

Un’amica in accademia a Venezia ci andava e ne parlavamo sempre molto. Mi aveva incuriosito e ho voluto provare. La prima seduta che ho fatto è stata con Massimo Meschini, psicanalista di profonda impronta freudiana. Poi più avanti ho iniziato con la psicanalista che mi ha seguito per tredici anni. La cosa più sorprendente che ho scoperto della psicanalisi è stato capire che finora non avevo capito niente. Nasce la sensazione o percezione, volutamente indotta da tutti i giochi di rimando della psicanalisi, di essere completamente diverso da come ti vedi. I paolo cervigiochi di rimando ti fanno scoprire il modo di conoscersi e questo è possibile attraverso la psicanalisi. Secondo me è una cosa straordinaria. Inoltre c’è da sottolineare una cosa: la psicanalisi, a discapito delle credenze mediocri che si sentono dire, non ti cambia; non è l’obiettivo dello studio cambiare il paziente, ma l’esatto opposto: la sensazione è quella di entrare in una stanza completamente buia in cui hai sempre la percezione che ci sia qualcosa attorno a te, ma non sai cosa! Questo è il problema, che tu non sai cosa ti circonda perché non lo puoi vedere né toccare. E’ la sensazione dell’ignoto, dello sconosciuto. La psicanalisi non fa altro che entrare in questa stanza con una torcia e la prima cosa che riesci a vedere è semplicemente l’ombra proiettata dalla luce sugli oggetti circostanti che all’inizio appaiono completamente diversi. Al principio è totalmente destabilizzante, è un salto nel nulla in cui ti ritrovi costretto ad annullare qualunque cosa di te per riuscire ad accogliere ciò che non conoscevi. La paura degli oggetti sconosciuti poco a poco svanisce perché attraverso la psicanalisi tu riesci a conoscerli. E in tutto questo processo nulla cambia, anzi vivi il tuo funzionamento senza quella sofferenza o insofferenza iniziale che in realtà blocca la tua creatività.”

Accomodato sulla sua sedia con le gambe alzate e la testa appoggiata allo schienale, Paolo mi racconta la sua psicanalisi come se si trattasse della cosa più naturale tra gli esseri umani e si dimostra stordito nel provare a comprendere come la maggior parte ancora non abbia provato l’urgenza di entrare in psicanalisi.

Ancora una volta Cervi spezza la censura, ne cava il midollo e ridendoci sopra se lo lancia dietro alla schiena in un gesto superiore di chi ha sfidato la censura di un atto, scoprendone un mondo.

Andare in psicanalisi crea un senso di destabilizzazione nelle persone, sia per chi sceglie di farla sia per chi se lo 10341720_10202823906013630_4500912853928186563_nsente raccontare; automaticamente scatta un pregiudizio quasi innato di qualcosa di sinistro, anormale, un argomento scomodo che impone la diffidenza verso chi ammette di essere in psicanalisi. “Un pazzo”, si dice. “Mentalmente instabile”, si pensa. Paolo spezza tutto questo. Per nessuna necessità da lui percepita, ma soltanto spinto da una forte curiosità scopre un mondo a tutti e da tutti censurato: la nostra libertà di conoscerci.

Ti racconto un fatto accaduto durante una seduta, così giusto per farti capire l’impatto della psicanalisi: tra le varie sedute in cui avevo dato totale sfogo ai miei argomenti anche più intimi, in uno di questi ho voluto parlare di mio padre. Ho detto che mi odiava e che io ne ero convito. Mio padre era già morto all’epoca. Dopo un po’ che ne parlavo dicendo continuamente quanto LUI mi odiasse, non mi stimasse, non mi sostenesse, la psicanalista si è alzata in piedi e ha urlato a pieni polmoni: “E’ lei che odia sua padre!”. Un famoso gioco di rimando, ovviamente. Bè, per quanto stentassi a credere di poter essere dissuaso da certe mie convinzioni, tra cui quella dell’odio di mio padre, ti posso garantire che grazie alla psicanalisi e a quella seduta in particolare, io ho recuperato mio padre. Per anni non avevo fatto altro che sottoporlo ad una negazione da parte mia, seppur inconsapevolmente: anzi, io dal canto mio ero convito che fosse colpa sua, che fosse lui ad odiare me per non accettarmi così com’ero. In questo modo mi garantivo la mia non-riuscita. La psicanalisi mi ha fatto capire che siamo noi che copriamo le nostre mancanze dando le colpe agli altri. E se ci riflettiamo bene, la nostra società è costituita proprio in questo modo: dare la colpa all’altro ci permette di sottrarci dalle nostre responsabilità, invece ognuno di noi ha la sua colpa.”

La colpa di essere umani e quindi fallibili. Difficile da accettare per noi, soprattutto se immessi in una società che zittisce l’autodenuncia per alimentare la colpa dell’altro. Paolo scopre che la psicanalisi è un’eco che si rivela fondamentale per la sua arte: sarà attraverso e grazie alla psicanalisi che Paolo riuscirà a concretizzare il suo linguaggio artistico in quello che saranno i nudi e la profondità del copro femminile, annunciandone la sessualità che fino a quel momento aveva censurato.

cervi casa suaPer capire la psicanalisi la devi fare. Mi piace attribuire alla psicanalisi il mito di Narciso che si specchia nello stagno per bere e si innamora della sua immagine riflessa credendola un’altra da sé. Il desiderio di possedere quell’amore diventa un’ossessione che farà morire Narciso, il quale rifiuta Eco, la ninfa innamorata di lui e non la vuole ascoltare. Dal dolore Eco si nasconderà nella selve e si trasformerà in pietra, lasciando solo la sua voce. Trovo importante questo mito per capire il bisogno che tutti noi abbiamo di un feedback, ma spesso non lo sappiamo. Per esempio io quando dipingo, poi ho bisogno di fare una mostra per avere un’eco di ritorno e rendermi conto che cos’è stato effettivamente il mio lavoro. Se questo non accade nella vita, muori perché si blocca un movimento.”

Narciso diventa la dimensione della nostra contemporaneità in cui ogni essere è sordo di fronte alla propria eco, invece Cervi insegna che il movimento del vivere sta tutto lì, in questa capacità di lasciarsi ascoltare e di ascoltare, di proporsi attivamente e allo stesso tempo lasciarsi proporre passivamente da se stessi e il proprio io. La posizione di un’analista è quella rappresentata da Eco: attraverso il ritardo del ritorno della parola, noi ci possiamo ascoltare.

Ancora una volta il flusso di vita che Cervi argomenta si concretizza in una forma di linguaggio, dove la PAROLA in sé diventa la chiave per spaccare le muraglie di cocci che il nostro essere crea negli anni e le radica inconsapevolmente nel proprio inconscio.

La chiave è la parola nella psicanalisi, io sono convinto di questo: noi siamo linguaggio, parola. Cos’ha scoperto Freud che è ancora attuale, nonostante si dica che Jung ne abbia ampliato il discorso, il che è verissimo, ma io sono profondamente freudiano e credo che il pensiero di Freud sia ancora molto attuale: Freud ha capito che la parola disinnesca i meccanismi. Senza la parola non avremmo la possibilità di disinnescare il fantasma dell’inconscio.”

E la tua arte, in tutto questo?

CerviTutto questo non ha toccato la mia arte, anzi l’ha arricchita. Sono venute fuori quelle che il popolo in generale chiama deviazioni vedendo il mio lavoro. Ho tirato fuori questa dimensione senza più vedere la differenza tra mostrare certe cose e non mostrarle. Per me è normale così perché la sessualità è il nucleo della nostra origine. Prima mi autocensuravo e castrando un impulso questo si trasforma in sintomo che il corpo deve emanare da qualche parte. Vedi, questa è la follia dell’umanità: la smania di voler tutto in ordine, tutto sotto controllo porta l’uomo al disagio e all’infelicità. Quando mi dicono che ho tutto un disordine in casa però che riesco incredibilmente a trovare tutto, rispondo che non è vero, perché io non so dove sono le cose e allora le cerco e spesso cercandole ne trovo delle altre e questa cosa mi rende felice. Non è altro che un bellissimo gioco.

E ti dico di più: tanti mi dicevano che spendevo un sacco di soldi per la psicanalisi, invece non è vero. Prima di tutto non avevo soldi e in secondo luogo è proprio questo tipo di atteggiamento che blocca le persone dentro imbuti di inconsapevolezza, è così che ci si annichilisce. Vendendo un quadro qua e là in Austria riuscivo a pagarmi le sedute e qualche debito indietro, ma non mi affannavo a vivere con l’angoscia di dover avere tutto ben pagato, tutto ben impostato. Per me è stato il miglior investimento che abbia fatto per la mia vita e soprattutto per la mia arte e alla somma dei conti non mi è costato nulla, perché mi ha arricchito sia psicologicamente sia artisticamente. Dopo e durante la psicanalisi ho acquisito una consapevolezza di me che mi ha permesso di aprirmi, di dire si. E ho anche iniziato a guadagnare di più nel mio lavoro.

 

Francesca Schillaci © centoParole Magazine – riproduzione riservata.

 

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