“Abituato senza saperlo ai ritmi della Maga, d’un tratto un nuovo mare, un diverso mareggio lo strappava agli automatismi, ne faceva il confronto, sembrava denunciare oscuramente la propria solitudine intrecciata di simulacri. Illusione e delusione di passare da una bocca ad un’altra, di cercare con gli occhi chiusi un collo il cui la mano ha dormito raccolta, e sentire che la curva è diversa, una base più spessa, un tendine che si contrae brevemente nello sforzo di rizzarsi per baciare o mordere. Ogni attimo del suo corpo di fronte a un disaccordo delizioso, doversi allungare un pochino di più, o abbassare la testa per trovare la bocca che prima stava lì vicina, carezzare un fianco più stretto, incitare a una risposta e non ottenerla, insistere, distratto, per poi accorgersi che tutto bisognava inventare di nuovo, che il codice non è stabilito, che le chiavi e il cifrario nasceranno di nuovo, saranno diversi, corrisponderanno ad altro. Il peso, l’odore, il tono di una risata o di una supplica, i tempi e le accelerazioni, nulla coincide essendo uguale, tutto nasce di nuovo essendo immortale, l’amore gioca ad inventarsi, fugge da se stesso per tornare nella propria spirale impressionante, i seni cantano in un altro modo, la bocca bacia più profondamente o come di lontano, e in un momento in cui prima era collera e angoscia ora è gioco puro, un incredibile sollazzo, o al contrario, quando prima si cadeva nel sonno, nel balbettio di dolci stupide cose, adesso la tensione, qualcosa di incomunicato eppure presente che esige d’incarnarsi, qualcosa come una rabbia insaziabile. Solo il piacere nel suo palpito ultimo è il medesimo; prima o dopo il mondo è andato in pezzi e bisogna nuovamente dargli nome, dito per dito, labbro per labbro, buio per buio.”
(da: Il gioco del mondo-Rayuela di Julio Cortàzar)