L’Antipatico: Ambientalismo e miopia: chi inquina davvero?

La volta scorsa abbiamo parlato di Greta e dell’odiosa minaccia di cui è stata fatta oggetto.
Oggi vorrei ritornare sull’argomento, anche qui non per parlare di lei nello specifico ma per porci una domanda fondamentale, visto il taglio e lo spirito di questa rubrica.

Greta Thunberg, abbiamo detto, viene ugualmente idolatrata e odiata. Quali sono le ragioni di quest’antipatia viscerale? La ragazzina non è Miss Simpatia, va bene. Porta un messaggio forte e lo fa con forza, d’accordo. Ma perchè detestarla tanto? In fin dei conti, parla della salute della Terra ed è un tema che è difficile che non stia a cuore a tutti. Infatti è proprio così: è davvero un esercizio di enorme ingenuità o di ipocrisia credere o convincersi che chi non sopporta Greta e una certa narrazione ambientalista sia indifferente alle tematiche dell’ambiente. E’ semplicemente stupido, o bugiardo, illudersi che i suoi detrattori siano cinici maniaci del peggior consumismo, odiosi plutocrati pagati da oscure e potenti multinazionali che si ingrassano vendendo prodotti che uccidono il pianeta, che gioiscono ad ogni emissione fossile, che spacciano carbone e plastica come uno spacciatore fa con l’eroina tagliata male. Come adulti pensanti possiamo fare di meglio: lo dobbiamo anzi a noi stessi, alla nostra intelligenza.

In realtà le zone d’ombra nella narrazione di cui Greta si è fatta simbolo ci sono ed è giusto rifletterci. I principali destinatari delle critiche ambientaliste sono i paesi sviluppati, in particolar modo gli Stati Uniti e l’Europa che dal punto di vista della tutela dell’ambiente hanno già fatto passi da gigante negli ultimi decenni, e continuano a farli. Quasi assenti da quest’equazione sono invece i paesi in via di sviluppo o neo-sviluppati (i famosi Brics: Cina, India, Brasile…). Eppure sono loro, senza ombra di dubbio o discussione i principali inquinatori: chiunque ha viaggiato lo sa. L’evidenza è sotto gli occhi di tutti, innegabile. Eppure viene negata,veementemente, e per farlo si forzano dati e statistiche in modo rocambolesco.
I Paesi in via di sviluppo scaricano milioni di tonnellate di plastica gettata a mare, negli ultimi vent’anni hanno praticamente assassinato le loro coste con l’inquinamento di plastiche, di rifiuti tossici e di enormi quantità di acque nere non trattate che colà vengono semplicemente scaricate in mare, come nella Londra del 1850 (che però non aveva 15/20 milioni di abitanti come alcune metropoli.) Ma Greta tace, i suoi amici tacciono, e rimproverano noi. La vulgata ambientalista si pasce dell’idea di un mondo così com’era cent’anni fa: un’Occidente sviluppato, popolosissimo e inquinante. E paesi sottosviluppati, arretrati, poverissimi, ma dallo stile di vita sostanzialmente immutato nei secoli. Si dice metropoli e si pensa a New York, Londra, Parigi.

Ma è una balla pazzesca: è incredibile che qualcuno davvero pensi ancora così. Non viaggiate? Beh, basta possedere la TV o un PC. Non siete tecnologici? Va bene. Basta possedere un Atlante, un buon vecchio Atlante geografico, quelli con le statistiche e le carte tematiche. Andate in cantina: sicuramente ne troverete uno datato, di cinquanta, sessant’anni fa, uno di quelli che descrivono quel mondo in cui ancora credono di vivere taluni ambientalisti. Prendete poi quello nuovo, anche online, e guardate il Brasile, la Cina, l’India, lì Africa… leggete quanti abitanti hanno le città. Città che non avete mai sentito nominare, che sul vecchio atlante sono poco più di un puntino, a volte degne di una foto selvaggia, da esploratori: strade fangose o di polvere affiancate da casipole ad un piano e baracche, le tettoie di paglia o di lamiera a proteggere dal sole. E’ un bel sogno esotico, certo. Dite la verità: non è così che ve lo immaginate ancora, il mondo, fuori dall’Europa? Ma è appunto un sogno, un ricordo di chi ha i capelli non grigi ma bianchi. La dimensione di poche centinaia di migliaia di abitanti, che fa una città media in Europa, oggi è un villaggio, fuori dall’Occidente. Le città, quelle che non avete mai sentito, ne hanno milioni. Quelli che la geografia la studiavano un po’, ne conosceranno alcune, di più grandi. Quelle oggi ne hanno decine di milioni. Sono il doppio, il triplo di Londra, la nostra più grande metropoli, a volte di più.
Questi enormi agglomerati umani, spesso poverissimi ma non solo (nelle economie meno sviluppate non c’è quasi classe media: c’è una massa povera ma ci sono anche i ricchi e stanno piuttosto bene) non c’è uno straccio di coscienza ambientale. I livelli di inquinamento sono da secolo XIX, solo con una popolazione dieci volte maggiore e una disponibilità di beni inquinanti nemmeno paragonabile.

“La Terra ha fame, non riusciremo a sostentarci a lungo!”, dicono in molti. Alcuni hanno trovato la soluzione: dire (sempre a noi occidentali, ndr) di fare meno figli, anzi possibilmente di non farne. E di diventare vegetariani, perchè la produzione di carne inquina e divora risorse agricole in modo poco efficiente. E’ verissimo, beninteso. Mangiamo davvero troppa carne e la produzione di essa è altamente inquinante e inefficiente, ed è bene che ce ne rendiamo conto.
Dovremmo però iniziare a renderci conto che, a breve, la sola Nigeria avrà la metà degli abitanti di tutta l’UE. La Nigeria: UNO stato Africano, uno dei cinquantaquattro stati africani. La Cina ha più di dieci volte gli abitanti non dell’Unione Europea, ma del continente Europeo, Russia, e Caucaso compresi. La Cina da sola; la quale, per la cronaca, ha appena autorizzato 150 centrali a carbone (africano, inquinantissimo, di pessima qualità) per l’anno in corso.
E’ francamente difficile credere che l’acqua che i diligenti austriaci risparmiano per motivi ambientalistici, vivendo in un Paese piovoso e traboccante di acque pure e sorgenti, serva a qualcosa a chi l’acqua non ce l’ha (e il problema è reale e drammatico). E’ difficile credere che il nylon che vi è sfuggito in barca nell’Adriatico (male! malissimo! non siamo qui per assolvere nessuno, sia chiaro) contribuirà alla mostruosa, enorme chiazza di immondizie in mezzo al Pacifico, ormai delle dimensioni di un continente e vera e propria catastrofe ecologica di proporzioni angoscianti. E’ difficile credere che le cannucce biologiche o il vostro riciclare diligentemente l’immondizia salvi il pianeta. Salva, forse, casa vostra, un po’. E la vostra coscienza sporca, molto. Ma state pisciando nel mare per alzare la marea, questa è la tragica verità.

Cosa vogliamo dire, esattamente? Che dobbiamo fregarcene dell’ambiente? Che il problema non sussiste o non ci riguarda? Tutto il contrario. Ogni singolo gesto, per quanto insignificante, è utile. Ben venga non una ma cento, mille Grete a scuotere sempre di più le coscienze e farci capire come ogni nostra attività debba essere in armonia con l equilibrio ecologico. Non serve a nulla? Può darsi, ma serve da esempio. E tanti piccoli esempi cominciano a diventare una regola, e le regole cambiano il destino.

Diciamo due cose, qui. La prima, che la miopia nel scegliere i destinatari di certi messaggi ambientalisti li rende poco credibili e alla lunga antipatici, per la loro evidente ingiustizia (andare a predicare la denatalità in Europa dove essa è già un problema in un mondo che invece si sta sovrappopolando è un ottimo esempio).
Diciamo soprattutto che in tutti i temi, persino in questo che ci riguarda tutti, da vicino, ed è serissimo, siamo schiavi della polarizzazione isterica di cui abbiamo già parlato. Intessiamo narrazioni faziose, di parte, su ogni argomento, poichè ogni argomento viene usato non per sè stesso ma per portare avanti altre agende, e adoperato come una clava addosso a eretici e miscredenti. La franchezza che uso è forse eccessiva. Del resto, questa rubrica non si chiama “L’Amabile” ma “L’Antipatico” e ha una reputazione da difendere. Gli esempi fatti servono a capire perchè un discorso che non dovrebbe avere colore, non dovrebbe suscitare passioni partigiane e anzi accomunarci tutti produca invece un mostruoso fantoccio di una povera ragazzina, impiccato oscenamente ad un cavalcavia. Davvero teniamo all’ambiente? Allora forse dovremmo forse trattarlo meglio. Interrogarci per esempio se questo discorso lo stiamo portando avanti bene e per le ragioni giuste.

Infine c’è un’altra domanda che da tempo mi tormenta. In questo clima manicheo in cui viviamo, ogni posizione politica ha i suoi Vangeli, il suo decalogo di comandamenti. Non sono ammessi dubbi, incertezze, posizioni sfumate. Quanto detto sopra, in quest’articolo è semplice verità, puro senso comune, senza voli pindarici. Generalmente, chi lo esprime è persona di destra o estrema destra, conservatore, spesso cospirazionista. Eppure è semplicemente la verità, quella che servirebbe guardare in faccia per poter davvero portare avanti un discorso ambientalista efficace. Ma è anatema.
Com’è successo? Quando è successo che siamo diventati allergici alla verità? Lo siamo sempre stati, è sempre stato così? Ci ingabbiano in paradigmi di comportamento, politicizzati, su tutto. Dimmi cosa voti e ti dirò tutto di te: cosa pensi riguardo a tutto, cosa ti piace, cosa non ti piace e come ti piace. Nessuna alterazione del pattern è ammessa e tollerata, pena l’immediata iscrizione nel registro opposto: un anziano partigiano che ha dedicato la lunga vita alla democrazia e che esprimesse un parere anche solo dubbioso su alcune tematiche (l accoglienza, l ambiente, l europa) sarebbe additato immediatamente come fascista, salviniano o, come si dice oggi, sovranista. Chiusi nei nostri fortini prefabbricati, armati contro il nemico ideale, siamo diventati allergici al dubbio, terrorizzati dalla verità. E dunque vi chiedo e mi chiedo: quanta verità siamo disposti, oggi, a sopportare?

E’ una domanda che affronteremo ancora. Credo sia utile.

Giulio Campos

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