L’incubo dell’immigrazione: alcuni miti da sfatare

Allarmismi, titoli in prima pagina e vittimismi terapeutici: ma quanto pesa realmente il problema dell’immigrazione all’interno della nostra Penisola? Da ormai molto tempo Talk Show, giornali e Social sono tappezzati e galvanizzati dal fenomeno dell’immigrazione, evento di portata nazionale che appare sempre più problematico e inesorabile.

Risulta necessario quindi approfondire la questione, andando oltre la facciata mediatica, osservando ciò che accade in modo critico ed analitico. Può essere utile, per comprendere al meglio cosa terrorizza gli italiani riguardante questo argomento, analizzare le tipiche domande che vengono poste sull’immigrazione. In primis partiamo dallo slogan più fagocitato da tutte le reti mediatiche: ‘Gli immigrati ci rubano il lavoro?’. Anziché dare una risposta netta, è necessario discutere di due punti fondamentali della questione: Welfare e mercati del lavoro. La struttura dello Stato italiano è sorretta dal lavoro dei cittadini attivi, ovvero quella fascia della popolazione che può lavorare e dunque pagare tasse e contributi, per far sì che lo stato possa mantenere una buona condizione di benessere.

In Italia sempre meno persone pagano le tasse, non solo a causa degli evasori, ma perché un gran numero di persone ogni anno raggiunge la pensione. Purtroppo non c’è un eguale numero di cittadini che può rappresentare un ricambio generazionale.
Infatti in Italia, come generalmente in tutto il mondo, il tasso di natalità è in calo e dunque si rischia in un futuro nemmeno così remoto un tracollo dello Stato, causato dall’impossibilità di mantenimento del Welfare.
Una domanda che spesso sorge spontanea a molti italiani osservando questa panoramica è ‘se ci fosse invece un boom di nascite, la situazione migliorerebbe?’.
Inutile dire che no, il problema non verrebbe debellato, poiché le nuove leve diventerebbero cittadini realmente attivi tra non meno di 20 anni, quando probabilmente le possibilità di mantenere un buon welfare saranno già rade. La forza lavoro degli italiani negli ultimi 10 anni è calata di 1.4 milioni di unità, in compenso la forza lavoro attuale è aumentata di 2 milioni di unità grazie all’immigrazione.

Introduciamo dunque il secondo punto saliente della questione: i mercati del lavoro. L’immigrazione può portare una crescita economica, ma il terrore che queste persone possano rilevare i posti di lavoro italiani resta alta. I mercati del lavoro possono essere suddivisi in tre fasce: basse competenze, medie competenze e alte competenze. I flussi migratori che coinvolgono l’Italia oggigiorno sono caratterizzati da persone di bassa istruzione e che dunque possono cercare lavoro solo nella fascia delle basse competenze, che comprende ad esempio lavori agricoli e costruzioni. Queste tipologie di lavoro sono sempre meno ambite dagli italiani, i quali, grazie all’immigrazione, possono concentrarsi maggiormente sul progredire nella propria specializzazione all’interno dei primi due mercati del lavoro.

Altro mito da sfatare è l’abbassamento dei salari italiani a causa delle paghe al disotto del minimo sindacale per le quali gli immigrati sono disposti a lavorare.
L’abbassamento degli stipendi è causato per lo più dai cittadini che lavorano in nero e che, a causa della crisi della Penisola, accettano queste tipologie di lavoro. In Italia 2 milioni e 600 mila persone sono senza lavoro e l’immigrazione può dare la possibilità agli italiani di specializzarsi in lavori di media e alta competenza, dato che l’Italia in questo ambito si ritrova tra gli ultimi in Europa. Detto ciò è necessario ribadire che l’immigrazione è un fenomeno estremamente complesso e di difficile gestione. Sarebbe dunque necessario, per sfruttare al meglio le risorse che possono nascere dalla situazione, attuare politiche dedicate e ben mirate per il raggiungimento dell’obiettivo. 

Purtroppo invece l’immigrazione viene quasi unicamente strumentalizzata per mantenere una incessante propaganda basata sulla paura, sul fomentare notizie travisate e false credenze e sull’impoverimento culturale dato dalla sempre maggior difficoltà nel trovare notizie attendibili. Infine parliamo dell’ultimo mito da sfatare, anch’esso uno dei cavalli di battaglia della lotta all’immigrazione: ‘Gli immigrati aumentano la criminalità e il terrorismo?’. 

In Italia ⅓ terzo dei carcerati è composto da immigrati. I crimini che compiono sono tendenzialmente relativi a prostituzione, contraffazione e contrabbando.
Essendo dunque la fascia di estrazione più bassa del Paese, i crimini da essi compiuti sono appunto quelli di entità inferiore, mentre i crimini più ‘raffinati’ mantengono il timbro italiano.
533.000 mila immigrati sono irregolari ed essendo perseguibili penalmente entrano a far parte di circoli criminali, spesso mafiosi, come Cosa nostra o la Camorra, ma anche alla mafia Nigeriana, un’importante piaga da debellare, assoggettata comunque dalle aggregazioni mafiose italiane citate.

Il terrorismo invece è altro sintomo di timore collettivo ma che non ha alcuna correlazione con l’immigrazione, almeno quella più recente. Infatti i noti terroristi degli ultimi anni non erano appena sbarcati dal barcone bensì erano cittadini regolari che, a contatto con circoli estremisti siti all’interno dello Stato, hanno sviluppato un pensiero radicale che li ha spinti a compiere azioni efferate. Detto ciò bisogna ricordare che la criminalità in Italia diminuisce da decenni, infatti dal 2008 i furti in casa sono diminuiti del 13%, le rapine del 37% e gli omicidi del 45%. Ribadendo che l’immigrazione è un problema complesso e di difficile gestione, che meriterebbe politiche adeguate per trarne quanto più beneficio possibile,
si è certi che questo sia il principale problema in Italia?

 

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