“All’alba, il confine: tragici burroni sassosi, probabile teatro di una battaglia di domani. Ognuno di noi già si sceglie, muto, il suo posto di combattimento.
Cormons, Miramar…. ed ecco il mare Adriatico, grigia immensa bandiera spiegata, che palpitando aspetta dal sole i suoi tre colori trionfali.
Finalmente, Trieste!… Un crepitare di grida infiammate, un lampeggiante scoppiare di urrah! Tutti i nostri amici son venuti ad aspettarci.
Cento mani appassionate si tendono verso di noi….
Alle sette di sera, dietro al sipario del Teatro Rossetti, noi contendiamo i lembi tricolori di una poesia al capo della polizia austriaca, pettoruto e bardato di decorazioni, mentre una folla torrenziale inonda fragorosamente le gallerie….
AMICI, NEMICI FORSE! ” …
Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), poeta, scrittore e drammaturgo considerato il padre del Futurismo, il movimento artistico e culturale che animerà in Italia i primi anni iniziali del Novecento e che avrà importanti influenze anche su altri movimenti culturali e in altri paesi dell’Europa di allora, pronuncia nel marzo del 1909 al teatro Politeama Rossetti il “Discorso ai triestini” ; la città, e la cultura del suo tempo, accoglie le sue parole in un clima di entusiasmo misto a profondo dissenso.
Dopo neppure un anno, sempre nello stesso, teatro, ha vita la prima serata Futurista in assoluto; e fu per questo che Trieste venne considerata, assieme a Parigi e Milano, una delle tre capitali del movimento. Il Futurismo, con impeto, si era presentato al mondo poche settimane prima (il 20 febbraio) attraverso un suo proprio ‘manifesto’, pubblicato sul quotidiano ‘Le Figaro’ di Parigi; un manifesto in undici punti.
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“1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.”
‘L’inizio del Novecento era stato senza dubbio un periodo di notevole fase evolutiva, dove tutto il mondo dell’arte e della cultura aveva ricevuto stimoli da numerosi fatti: fatti importanti, e tutti ugualmente determinanti.
Un fermento culturale che, in quegli anni, stimolava le sinapsi ma allo stesso tempo, non leniva le inquietanti smanie che albergavano nell’animo umano: e, come la bestia percepisce il brutto tempo, così forse l’uomo, accompagnato da un disagio interiore senza risposta, riuscì a captare allora l’imminente catastrofe.’ (‘Hypnos’ – Giulio Cancelli)
“2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.”
La scintilla della catastrofe, epilogo di coraggio, audacia e ribellione, sarebbe scoccata nei Balcani il 28 giugno 1914. La sua prima vittima: Francesco Ferdinando d’Austria.
Collerico; scontroso: “Un uomo scuro, nell’aspetto e nell’emozione, che portava attorno a sè un’aura di estraneità e proiettava un’ombra di violenza e avventatezza … una vera personalità a ogni modo, in mezzo all’amabile passività e ignavia che caratterizzavano la società austriaca dell’epoca” … “Non era certo un uomo che ti stringeva la mano … non provava nessun bisogno di conoscere quella regione, per lui inesplorata, che i viennesi chiamavano ‘il cuore’ “ (Michael Freund; Karl Kraus).
Ironicamente, però, un uomo che avrebbe voluto un Impero federativo fondato su principi diversi dalla sola imposizione della forza.
“3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.”
L’aggressione avvenne; il precipitare nell’abisso – dall’insonnia febbrile, al passo di corsa, al salto mortale – fu rapido, totale e irreversibile. Come se quel qualcosa di realmente radicato nella società fosse nient’altro che il desiderio di distruggerla e di portarsi via tutto. Paradossalmente, il complesso sistema delle alleanze politiche e militari che condusse – meccanicamente, Futuristicamente – allo scoppio della Prima Guerra Mondiale era stato creato dalla Germania come bastione protettivo per il pacifico sviluppo dell’Impero Tedesco, e non come deposito di esplosivi pronto ad infiammare il mondo. Eppure.
“4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.”
L’operazione artistica realizzata con ‘Hypnos’ analizza la frenesia delle emozioni contrastanti che ci abitano, facendola diventare un vero e proprio linguaggio visivo-musicale.
Il testo da cui prende spunto (la visione Futurista di Vladimiro Miletti) non racconta una storia: il pubblico, quindi, è costretto a sentirsi libero e questo crea la deliziosa opportunità di poter reinterpretare individualmente l’intero messaggio dello spettacolo, risvegliando un senso di libero arbitrio che in questa nostra attualità, boccheggia fin troppo sopito.
“5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.”
“attenti
forza che gioia vedere udire fiutare tutto
tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare
a perdifiato sotto morsi schiaffi traak-
traack ” …
“6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.”
“7. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.”
‘Un fermento, abbiamo detto; questo punto di domanda, questo oblio, questo brulicante abisso sconosciuto ha un nome: si chiama guerra.’ (‘Hypnos’ – Giulio Cancelli)
“8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.”
“9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.”
“10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.”
Ciò che distrusse i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie fu la guerra, e nel modo più subdolo e tremendo: distruggendo coloro che le avevano animate, e i giovani che quei musei, accademie e biblioteche avrebbero popolato. Altre nuove tecnologie dell’epoca vennero utilizzate da volonterose mani per distruggere l’Uomo che stava di fronte all’Uomo – come le granate, i lanciafiamme, il gas concepito per uccidere a distanza e sterminare i soldati persino prima che avessero il tempo di uscire dalle trincee – ma nulla fu così equo come la mitragliatrice.
Il gas, ironicamente come la morte di Francesco Ferdinando, finì per essere sospinto dal vento anche su chi l’aveva lanciato; le granate ebbero un fragoroso impatto più psicologico che effettivo, e per evocare quelle mortali fiamme rosse e arancioni dalle bocche dei lanciafiamme continuarono a occorrere marchingegni ingombranti, difficili e pericolosi da usare); la mitragliatrice, invece, fu ‘facile’; l’addestramento richiesto per il suo uso: minimo. Le operazioni che permettevano di adoperarla al meglio: molto meccaniche. La mitragliatrice fu Futurista.
“11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.”
‘Tutto questo splendeva all’alba di quegli anni bui che dettero inizio alla Prima Guerra Mondiale.’
Roberto Srelz © centoParole Magazine – riproduzione riservata
(‘Hypnos’: Giulio Cancelli, Gabriele Cancelli e Giulia Odori. Foto scattate nel corso del ‘Danceproject Festival’ di Trieste. Virgolettati in corsivo: Filippo Tommaso Marinetti, 20 febbraio 1909: “Manifesto del Futurismo”).
(Dipinti di Giulio D’Anna e Tullio Crali , aeropittura – periodo 1930-1939)
(sulla stessa epoca: Carnevale 1914 al Caffè San Marco di Trieste)
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