Diario d’artista: come leggere l’Arte

Conversando con amici e clienti, alcuni veri e raffinati collezionisti, mi sono più volte trovato ad affrontare questo concetto: come comprendere veramente un oggetto d’arte? Come capirne veramente l’essenza ed il messaggio? Come, in definitiva, accostarsi ad una mostra, ad un’esposizione, a cui ci sentiamo interessati, nella maniera più giusta?

Non è facile dare una risposta a questo quesito, soprattutto per la singolarità del tema e per l’estrema varietà della forma. Se vogliamo iniziare da un punto di partenza, questo potrebbe essere la propria cultura personale; intendo dire, con questo, la propria preparazione e conoscenza di ciò che andiamo ad ammirare.
Esistono migliaia di libri sull’arte ed altrettante migliaia di cataloghi e manuali che cercano di estrinsecarne teorie, scuole e vicissitudini: un tema sconfinato a cui attingere e che nemmeno in una vita intera possiamo sperare di elaborare.
Ma al di là dello sterile nozionismo e di valutazioni sommarie, quello che alla fine ci servirà realmente sarà la nostra sola sensibilità individuale.
C’è chi nasce con una percezione accresciuta, con una predisposizione ad intendere la bellezza o la comunicazione artistica. Ma, sempre e comunque, questa dote non è totalmente innata, ma va lo stesso educata e protetta.
Dire che l’Arte debba essere spontanea e che la sua immagine visibile debba essere semplice e facilmente connotabile, ed avere, indipendentemente dai casi, una facile lettura per chiunque, non è propriamente esatto.

Esiste, come ho detto, una maniera di educarci a conoscere ed ad intendere; non so dire esattamente attraverso quali canali essa possa avere luogo e possa darci i maggiori benefici; ed il motivo di ciò è che, in realtà, tutti, in modo differente, percepiamo ogni singola cosa: dal caldo al freddo, dal divertimento alla paura, ogni nostra emozione è sempre diversa, non solo in noi stessi, ma anche a paragone con ogni nostro consimile.

Le variazioni, tra individuo ed individuo, del modo di percepire la realtà ed anche ciò che possa in qualche modo trascenderla, sono sempre, e per fortuna, totalmente personali.
Uno stesso colore percepito da una persona, in realtà, non sapremo mai per certo, se sia esattamente avvertito e sentito come uguale da una seconda, perché di fatto non esiste modo di provarlo od esprimerlo a parole. Ma, tuttavia, seguire, quando è possibile, mostre ed inaugurazioni, leggere riviste specializzate che parlino d’arte e d’artisti, vedere filmati o leggere biografie, alla fine possono fare la differenza: in effetti non è tanto la conoscenza ad affinarsi, quanto il “modo di vedere”: ed in questo caso entrambi i due concetti tendono perfettamente a completarsi ed a fondersi uno nell’altro.
Diciamo che frequentare l’Arte fa bene; fa bene principalmente a noi stessi, alla nostra stessa coscienza ed al nostro spirito, aumentando la nostra capacità di astrazione e di comunicazione con gli altri.

Un’altra cosa che consiglio sempre è quella di scegliere anche mostre ed eventi d’arte che, “sulla carta”, non ci dovrebbero piacere. Quello di forzarci, a volte, ad avvicinarci anche a ciò che vorremmo evitare, ci fa vincere i preconcetti che possono arenarci solo su determinate parti di un argomento che di fatto è meravigliosamente illimitato.
Come ho detto già molte volte, come esempi che amo ricordare come eclatanti, impaziente di vedere a Vienna, dal vivo, i mediaticamente straconosciuti capolavori di Klimt, mi sono invece trovato a restare a bocca aperta di fronte ai suoi, molto meno noti, paesaggi di betulle ed atmosfere autunnali; così come, giudicando da giovanissimo, Egon Schiele, come rigido ed arido autore, nel tratto provocante dei suoi disegni e dipinti, mi sono trovato decenni dopo a rimanere basito di fronte ai medesimi, carico di ammirazione e stupore per la loro nervosa, drammatica bellezza.

Insomma, intendo dire, si cambia…
Ad ogni attimo della nostra vita, impercettibilmente, qualcosa in noi muta d’aspetto e di significato.
Per cui, alla domanda iniziale, non potremo mai dare una risposta definitiva.

Avvicinarsi all’arte può anche significare sacrificio, bisogno di documentarsi, di interrogarci, di chiedersi perché il tal artista ha preferito eseguire un’opera in una maniera, piuttosto che in un’altra; l’importante è comunque cercare di “entrare” nell’opera stessa, lasciando libere le nostre sensazioni e facendone tesoro per la mostra successiva: lasciare cioè il più possibile aperti i canali di comunicazione, in entrata ed in uscita, evitando soprattutto le sterili comparazioni tra artisti diversi, che, vista l’estrema singolarità di ognuno, risultano fuori luogo e fuorvianti: l’Arte è una ed una soltanto; sono le sue forme, i suoi protagonisti, i suoi fruitori che sono illimitati; in tutte le epoche, in tutti i tempi, l’arte ha significato qualcosa; qualcosa che va spesso al di là del nostro sapere, della nostra conoscenza; che si fa beffa di schemi e recinti, trascendendone d’un balzo ogni limite e prevaricazione: questo intendo quando dico che avvicinarci all’Arte fa bene; fa bene ad ognuno di noi.

Perché attraverso all’Arte possiamo finalmente percepire ed intendere, direi persino, respirare, magari per pochi attimi, l’idea stessa dell’immensa varietà e complessità del pensiero umano, della nostra intima essenza e del mistero della creazione; ed assaporare appieno anche l’idea di speranza e libertà, a cui tanto aneliamo nella nostra esistenza.

Roberto del Frate ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.

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