Helene Reifenstahl, tedesca: ballerina, attrice, regista, fotografa. Anna-Lou Leibovitz, statunitense di origini ebraiche: artista, musicista, giornalista, fotografa – la più famosa fotografa ancora in attività.
Leni: il corpo, la bellezza, la perfezione documentaristica di ciascun fotogramma. Molti si ricordano di lei, oggi; i più, perché fu ‘la regista di Hitler’- nel mito, la sua amante. Annie: il volto, l’attimo, il sentimento colto nello scatto; molti parlano di lei, oggi, perché è quasi travolta dai debiti.
In due ritratti posti a confronto, in un racconto in due puntate, l’ascesa, la fama e le difficoltà di due donne straordinarie – la prima scomparsa nel 2003 a centouno anni, l’altra vivente e madre a sessant’anni di tre figlie – che hanno lasciato un segno indelebile nel mondo della fotografia. Di loro, la cosa più bella e più importante sono, e resteranno per sempre, le opere.
La prima parte: Leni Reifenstahl. [leggi la seconda parte: Annie Leibovitz]
Leni Reifenstahl
(Berlino, 1902- Pöcking, 2003)
“It was the biggest catastrophe of my life. Until the day I die people will keep saying, ‘Leni is a Nazi’, and I’ll keep saying, ‘But what did she do?” (Leni Reifenstahl)
“Il suo talento fu la sua tragedia“ (Ray Müller, regista)
Helene (“Leni”) Reifenstahl nasce il 22 agosto 1902 a Berlino, in una famiglia protestante agiata. Durante la Prima Guerra Mondiale, Leni è adolescente, e vede la decadenza dell’Impero Tedesco nel quale era nata. Di Berlino in particolare. Destinata dal padre a continuare la tradizione industriale di famiglia e la carriera negli affari, non segue questa aspirazione: vuole essere un’artista.
Nel 1918 inizia proprio a Berlino gli studi e la carriera di ballerina, presso un’importante scuola di danza – la Grimm-Reiter, della quale ben presto diventa la giovane stella.
Leni Reifenstahl, balletto da ‘La Montagna dell’amore”, 1926
La sua carriera come ballerina non è lunga: ben presto rimane affascinata dal cinema, e il cinema rimane affascinato da lei. Leni raccontava di aver visto, un giorno, mentre aspettava il metrò, il manifesto di una società di produzione cinematografica che cercava nuovi volti. Per guardare il manifesto, aveva perso il metrò, e così aveva deciso di recarsi subito negli uffici del produttore. Che si trovavano a quella stessa fermata.
Alla fine degli anni Venti è già famosa in Germania – una Germania nel quale si fa strada l’idea della ‘superiorità della razza’. È l’eroina dei film avventurosi; la ragazza giovane, bellissima sugli sci e atletica; il pilota donna che salva il marito in difficoltà sul ghiaccio. Recitando in questi film avventurosi impara le tecniche di ripresa in condizioni difficili.
Arno Breker – «Tu e Io», l’ideale della ‘bellezza ariana’: lo scultore Arno Breker , legame fra l’arte della scultura di Rodin e la scuola di Despiau e Malloil, fu uno dei più significativi del ‘900; raggiunse, nella rappresentazione plastica dell’uomo, una incomparabile maestria ed eccezionali risultati. Per le sue scelte personali e politiche, che non rinnegò mai, fu oggetto di violentissimi attacchi.
I film ‘di montagna’ con Leni Reifenstahl
‘SOS Iceberg’:
https://www.youtube.com/watch?v=N7IFznkCEr8
Nel 1930 la fama di Leni ha valicato i confini tedeschi, anche se il suo solo film in lingua inglese rimane ‘SOS Iceberg’; non continuerà però la carriera di attrice. Questo forse perché poco prima aveva perso per poco la parte di protagonista de ‘L’Angelo Blu’, che era stata assegnata alla sua concorrente, Marlene Dietrich.
Leni, seguendo il regista Arnold Fanck, si era interessata in quegli anni via via sempre di più alla regia e alla fotografia, e nel 1932 intepreta e dirige il suo primo film, ‘La Luce Blu’, una storia romantica e fantastica. Vince la medaglia d’argento al Festival di Venezia, ma non riscuote il successo di critica che lei sperava. Delusa, si scaglia contro la critica – in particolare contro i ‘critici ebrei’.
‘Das Blaue Licht’ (‘La luce blu’)
Il 1932 è un anno cruciale per la Germania e per il mondo. Leni Reifenstahl ascolta un discorso del candidato Adolf Hitler e rimane affascinata dal suo talento come oratore; in precedenza si era già avvicinata al Nazismo e aveva letto il ‘Mein Kampf’. Leni scrive ad Hitler; Hitler le offre di dirigere ‘La vittoria della Fede’, un film propagandistico sul congresso nazista di Norimberga del 1933, interamente finanziato dal partito. Leni accetta.
“The book, ‘Mein Kampf’, made a tremendous impression on me. I became a confirmed National Socialist after reading the first page. I felt a man who could write such a book would undoubtedly lead Germany. I felt very happy that such a man had come.” (Leni Reifenstahl)
[“Il libro, ‘Mein Kampf’, mi fece una tremenda impressione. Divenni una convinta Nazionalsocialista già dopo aver letto la prima pagina. Sentivo che un uomo che aveva potuto scrivere un simile libro avrebbe potuto indubbiamente guidare la Germania. Provavo molta felicità per la venuta di un simile uomo.”]
“Il trionfo della Volontà” è il primo film di Leni Riefenstahl regista a passare alla storia; si tratta, in realtà, di un documentario sul congresso del partito Nazista del 1934, che vide la partecipazione di un milione di persone. Il film, girato ottant’anni fa, rimane un capolavoro dal punto di vista delle tecniche di fotografia, di ripresa e di montaggio, e impressiona ancora oggi per profondità di campo, riprese aeree, piani prospettici e movimento. Leni ha trentadue anni. Lo gira in realtà sotto forti pressioni da parte di Hitler, dopo aver ricevuto da lui la promessa che sarà l’ultimo film-documentario per il partito e che potrà poi tornare a recitare nei suoi film.
Leni negherà sempre con fermezza che la sua intenzione fosse stata quella di creare propaganda epica a favore del nazismo, e continuerà ad affermare di essere rimasta disgustata dopo aver visto come ‘Il trionfo della Volontà” fosse stato utilizzato. Il documentario, al di là del contenuto, ha comunque un successo straordinario, non solo in Germania, e consacra Leni Reifenstahl come prima regista donna di fama internazionale.
“…I admit that it can be hard to look past the Swastikas and the square mustache, however in its technical execution, ‘Triumph of the Will’ is one of the greatest films ever made …”
Qual è il contesto sociale e politico in cui Leni Reifenstahl lavora? Occorre ricordare che la Germania Nazista non è un luogo nel quale la donna ha pari opportunità.
Certo i gerarchi nazisti vogliono quadri con Valchirie, che ordinano ad artisti (non solo tedeschi) tecnicamente molto dotati e compiacenti, ma il ruolo della donna è, nell’ideologia della ‘presa del potere’ degli anni ’30, molto ben definito:
“A fundamental change is necessary. At the risk of sounding reactionary and outdated, let me say this clearly: The first, best, and most suitable place for the women is in the family, and her most glorious duty is to give children to her people and nation, children who can continue the line of generations and who guarantee the immortality of the nation. The woman is the teacher of the youth, and therefore the builder of the foundation of the future. If the family is the nation’s source of strength, the woman is its core and center. The best place for the woman to serve her people is in her marriage, in the family, in motherhood. This is her highest mission.” (J. Goebbels, ‘German Women’, 1933)
Lo scritto di Goebbels non sembra ritrarre Leni Reifenstahl. Ancora oggi, pur dopo aver compreso il ‘perchè’ della sua adesione all’ideologia nazista, il ‘come’ Leni abbia fatto a lavorare liberamente nella Germania di Hitler e Goebbels rimane un mistero; da qui, l’idea, il mito che fosse stata l’amante di Hitler stesso, cosa che lei ha sempre negato e che non è, peraltro, verosimile voler vedere nella personalità e nel carattere del Führer. Ernst Hanfstaengl, amico di Hitler, disse che in effetti Leni aveva tentato di sedurlo, ma che era stata da lui respinta: più probabile. Che fosse o meno la sua amante, sicuramente sul Führer Leni – così come Albert Speer, l’architetto ideatore delle scenografie dei raduni di partito, le ‘architetture da megalomani’ – aveva grande influenza.
Nel 1936, Hitler invita Leni Reifenstahl a filmare i Giochi Olimpici di Berlino; Leni dichiarerà poi che il film era stato commissionato in realtà dal Comitato Olimpico Internazionale, che detiene in effetti ancora oggi i diritti su di esso. Per prepararsi alle riprese di questo film, si trasferisce temporaneamente in Grecia, nel sito originale di Olimpia e sul percorso originale della Fiaccola, e viene aiutata dalla fotografa greca Elli Souyioultzoglou-Seraidari (conosciuta come Nelly), che precedentemente aveva studiato in Germania.
«Olympia» è un film di grande impatto emotivo e grande successo. Anche se il film rappresenta e immortala l’ideale di bellezza tedesco (ariano) dell’epoca, Leni filma atleti di tutte le razze, compreso, in una storica sequenza, l’Afro-Americano Jesse Owens.
Olympia, la vittoria di Jesse Owens.
Dopo ‘Olympia’, venne identificata dall’industria del cinema come ‘miglior regista donna al mondo’; definizione che lei detestava.
“What does it mean, to be a ‘ female film director’? Am I –a- film director, or not?”
Per il film Leni diresse una troupe di oltre sessanta persone, girando oltre 400 km di pellicola ma soprattutto inventando delle modalità di ripresa, che oggi consideriamo comuni, assolutamente innovative per l’epoca: ‘slow motion’, riprese subacquee, panoramiche aeree, angolature estreme dal basso e dall’alto, uso di carrelli e riprese da più angolazioni.
Paralleli; contrasti. Quanta influenza hanno, ancora oggi, sulla cinematografia e sulla fotografia contemporanea, l’esempio e l’opera di ricerca di Leni? Moltissima, anche se non li conosciamo direttamente. Il lavoro di Leni Reifenstahl viene oggi riconosciuto come latore di importantissima influenza sulla produzione cinematografica documentaristica e su tutta la fotografia sportiva contemporanea.
Leni Reifenstahl, 1936: «Olympia»
Roberto Furlan – 1° assoluto – concorso dotART ‘Trieste 2013’ , «Acrobazie in volo»; Leni Reifenstahl, tuffi dalla piattaforma – “Olympia” (1936)
Shawn Johnson, Nastia Liukin, Chellsie Memmel, Alicia Sacramone. Aprile 2008- Annie Leibovitz per ‘Vogue’
“Olympia”, la sequenza dei tuffi
A seguito del successo internazionale di ‘Olympia’, Leni Riefenstahl si imbarca per gli Stati Uniti in un viaggio di promozione del film. Arriva a New York nel novembre del 1938, e le vicende politiche tedesche (la ‘Notte dei Cristalli’) la seguono, ma non abbattono la sua convinzione che Hitler sia ‘innocente’ e che si tratti di ‘propaganda contro di lui’; è giusto ricordare, per capire quanto diversi fossero quei tempi da quelli che orribilmente sarebbero venuti poco dopo, che una certa parte della popolazione americana e mondiale, fra cui numerosi magnati, condivide questa opinione.
Leni viene ricevuta da Henri Ford a Detroit; due giorni dopo segue una proiezione ufficiale del film e Avery Brundage (successivamente presidente del Comitato Olimpico Internazionale) scrive che ‘si tratta del più grande film Olimpico di tutti i tempi’. Leni va anche a Hollywood, dove incontra Louis Mayer (presidente della ‘Metro Goldwyn Mayer’) e Walt Disney, che le mostra le lavorazioni di ‘Fantasia’. Verrà invitata a ritornare negli Stati Uniti, le verrà proposto di trasferirsi a Hollywood, ma rifiuterà l’offerta, ufficialmente per poter rimanere in Germania con il fidanzato.
Leni continua a lavorare anche durante la guerra, ma le sue produzioni, a causa della situazione dell’Europa, non sono di primo piano o rimangono incomplete. La Seconda Guerra Mondiale la vede corrispondente al fianco delle truppe tedesche durante l’invasione della Polonia; il 14 giugno 1940 scrive a Hitler:
“With indescribable joy, deeply moved and filled with burning gratitude, we share with you, my Führer, your and Germany’s greatest victory, the entry of German troops into Paris. You exceed anything human imagination has the power to conceive, achieving deeds without parallel in the history of mankind. How can we ever thank you?”
Più tardi dirà che in quel giorno tutti avevano pensato che la guerra fosse finita, e che era stato quello lo spirito nel quale si era rivolta a Hitler.
Il suo rapporto con il Nazismo si deteriora dopo la morte del fratello sul fronte russo.
Nel 1945 la Germania crolla; e così Leni.
Sconvolta, assieme gli altri milioni di tedeschi che avevano riposto la loro fede in un ‘Epoca Millenaria’ e che ora hanno perso tutto, dal collasso della Germania e del Terzo Reich, e screditata a causa del suo ruolo nella Germania Nazista, dopo la Seconda Guerra Mondiale Leni non riuscì mai a riprendere propriamente il suo lavoro di regista o a tornare famosa. La maggior parte dei suoi lavori iniziati durante la guerra rimasero incompiuti; la Francia sequestrò il suo materiale, la partecipazione al festival di Cannes le fu rifiutata.
Leni Reifenstahl subì quattro processi di denazificazione; in uno di questi processi (negli altri tre venne assolta) fu giudicata colpevole di essersi affiliata al Partito Nazionalsocialista.
Negli anni Sessanta Leni continua la sua ricerca sulla fisicità del corpo umano, iniziata con «Olympia», realizzando reportage fotografici sulla tribù sudanese dei Nuba
I suoi libri-reportage sull’Africa, “L’ultimo dei Nuba” e “Il popolo di Kau” vengono pubblicati nel 1974 e 1976; diventano rapidamente ‘best seller’ internazionali, e, mentre ricevono un riconoscimento pubblico per la fotografia dall’ ‘Art Director Club’ tedesco, vengono immediatamente e duramente criticati da Susan Sontag, che scrive: “… sono una prova ulteriore dell’ ‘Estetica Fascista’ di Leni Reifenstahl …”
I libri sull’Africa la riportano però a un certo grado di notorietà: fotografa Mick e Bianca Jagger, si avvicina ad Andy Warhol ed è ospite d’onore alle Olimpiadi di Montreal nel 1976.
Il suo ultimo progetto di ampio respiro è in campo documentaristico. A settantadue anni, mentendo sull’età e dichiarando vent’anni di meno, ottiene il brevetto di sub per realizzare un film sulla vita sottomarina. Anche in questa occasione si reinventa, e inventa nuovi modi di utilizzare le fotocamere subacquee. Quasi centenaria, Leni continua a immergersi, aderisce a ‘Greenpeace’ e ottiene un riconoscimento quale «più anziana sub vivente». Sopravvive, nel 2000, anche alla caduta dell’elicottero sul quale stava viaggiando attraverso il Sudan dilaniato dalla guerra civile, alla ricerca degli amici e delle tribù che aveva conosciuto e amato con sincerità durante la realizzazione dei suoi reportage.
Leni Reifenstahl muore nel sonno l’8 settembre 2003 a Pocking, in Germania; verrà sepolta nel cimitero di Monaco di Baviera. Il 22 agosto di quello stesso anno aveva festeggiato il suo centounesimo compleanno e sposato Horst Kettner, suo assistente da moltissimo tempo, e di quarant’anni più giovane di lei. Fino al momento della morte era sempre rimasta attiva ed aveva continuato a scattare fotografie e a pensare a progetti futuri.
La tragedia della sua lunga, bellissima e allo stesso tempo orribile vita era stata quella di essere ricordata e menzionata non per la sua arte e le sue straordinarie capacità di regista e fotografa, ma per esser stata ‘la regista di Hitler’ ; perché l’arte non è sempre al di sopra del bene e del male. Quello che aveva predetto, quindi, si avvera: solo dopo la sua morte, l’ ‘Associated Press’ scriverà che è stata ‘pioniere della cinematografia mondiale e delle tecniche fotografiche moderne’; la BBC che ‘i suoi documentari sono stati rivoluzionari dal punto di vista della tecnica di ripresa, sia statica che multipla con più fotocamere anche in movimento’.Si può scindere la pura qualità artistica dalla responsabilità di propagandare ed esaltare un’ideologia totalitaria e di sopraffazione?
Non è facile dare una risposta. Leni ci lascia, insieme alla sua opera, molti motivi di riflessione.
“It was [the Nazism] the biggest catastrophe of my life. Until the day I die people will keep saying, ‘Leni is a Nazi’, and I’ll keep saying, ‘But what did she do?” (Leni Reifenstahl)
“There is a magnificent documentary made about her from 1993, ’The Wonderful, Horrible Life of Leni Riefenstahl’. Whether you love her or hate her, Leni was a one of a kind person.”
«The wonderful terrible life of Leni Reifenstahl»
(documentario in lingua inglese su ‘Vimeo’, 180 minuti)
http://vimeo.com/67186242
Roberto Srelz © centoParole Magazine in collaborazione con dotART – riproduzione riservata.
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