Il 15 novembre 1960 va in onda la prima puntata di “Non è mai troppo tardi“, programma della RAI condotto dal maestro Alberto Manzi e dedicato all’alfabetizzazione del pubblico adulto (e analfabeta) italiano che non era in grado né di leggere, né di scrivere. Sei anni prima, il 14 novembre 1954, in America andava in onda la prima puntata di “Omnibus”, dove il leggendario compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein presentava al pubblico televisivo un’analisi approfondita e incredibilmente curata della Quinta Sinfonia di Ludwig Van Beethoven. La televisione qui risulta essere la possibilità di estendere con le immagini l’elemento sonoro, già peculiare del mezzo radiofonico. Tale aspetto amplifica notevolmente le potenzialità didattiche, già intrinseche del mezzo stesso: quando Bernstein parla ad esempio dei ripensamenti di Beethoven in merito al materiale sonoro, ci si trova davanti alla prova evidente, allo spartito pasticciato con le correzioni. La televisione diventa quindi il modo attraverso cui, entrando nelle case delle persone, diventa possibile fare didattica in un nuovo modo, quasi gratuitamente.
Quello che Leonard Bernstein adotta in America, assieme ai cinquantadue episodi dei “Young People’s Concerts” andati in onda sulla CBS fra il 1958 e il 1972, è un esperimento vincente, denso di significati e molteplici piani di lettura. Tale format è studiato talmente bene che, il 22 febbraio 1972, il compositore e direttore d’orchestra italiano Luciano Berio ne attua uno simile, limitato a dodici episodi, messo in onda sul Programma Nazionale (attuale RaiUno). “C’è musica & musica“, chiamato così parafrasando un vecchio proverbio, è la prova tangibile ed evidente di come, attraverso un’ottima conoscenza delle potenzialità di un mezzo come la televisione, è possibile fornire una panoramica completa (altresì inconcludente) della musica e del suo mondo. Il suo essere “inconcludente” non è tuttavia da intendersi nella sua accezione negativa: le dodici puntate presentano infatti visioni diverse e spesso contrastanti dei personaggi che rappresentano tutte le possibili sfaccettature di questo mondo, guidando lo spettatore nella creazione di un’idea propria e non “imposta”. L’intelligenza di questo tipo di format di divulgazione culturale è infatti quella di fornire una visione d’insieme: se da un lato c’è la visione di Luigi Nono, legata alla lotta di classe e a una visione politica (di stampo socialista) della musica, dall’altro lato c’è la visione matematico-spirituale di Karlheinz Stockhausen; se da un lato c’è il musicologo e critico Massimo Mila, dall’altro c’è il didatta di composizione e analisi Oliver Messiaen; se da un lato c’è il violinista allievo del Conservatorio di Firenze, dall’altro c’è l’equivalente della Julliard School di New York. Tutti questi racconti sono la perfetta fotografia del mondo della musica di quell’epoca e sono talmente ben presentati che abbracciano anche molti aspetti del “fare musicale” attuale.
Riavvolgendo il nastro del tempo ai giorni nostri, a distanza di quasi cinquant’anni, sarebbe possibile fare un esperimento altrettanto educativo? Prima di rispondere, non è possibile prescindere dal fatto che è cambiato il mezzo attraverso cui avviene tale scambio: il fenomeno di internet e del libero scambio di conoscenze, un po’ grazie al “broadcast yourself” di piattaforme come YouTube, un po’ grazie al fenomeno della “globalizzazione” culturale, hanno significativamente mutato la qualità, i valori e le finalità dell’esperimento. In altre parole, è possibile ripetere tale esperimento divulgativo (e in realtà avviene già grazie ai canali sia di eventi importanti come Ted, sia di giovani youtubers come Adam Neely), ma, i limiti della piattaforma implicano una diversa qualità dei contenuti (cosa è corretto e cosa non lo è) e una temporalità che è estranea all’appuntamento fisso di un palinsesto televisivo. La finalità divulgativa rimarrebbe quindi circoscritta all’interno di una nicchia, che non è quella della televisione e che è spesso disinteressata e passiva. Sono proprio questo i motivi per cui sarebbe necessario, oggi, ripetere l’esperimento, adottando però gli stessi cambiamenti che sono accaduti nel modo di “intrattenere” un pubblico: la divulgazione musicale e culturale è necessaria oggi esattamente come il progetto di alfabetizzazione di Manzi lo era cinquant’anni fa, poiché l’arte e la cultura sono la vera e propria arma contro l’ignoranza e il costante annichilamento cui la nostra società sta andando irreversibilmente incontro.