Il Cantastorie: La Strega Della Porta Bianca II

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(prima parte Il Cantastorie: La Strega Della Porta Bianca)
(inizio seconda parte)

Nathan si irrigidì sulla sedia, una mano corse ad afferrare il bracciolo mentre l’altra tremava vistosamente, rischiando di rovesciare la tazza di thé bollente. Non doveva, non poteva e soprattutto non voleva credere ai propri occhi. Infatti, se la precedente ricomposizione della pietra l’aveva lasciato sbigottito, la metamorfosi della strega l’aveva terrorizzato.
Ci mise qualche secondo a riacquisire la proverbiale compostezza inglese. Nel pieno controllo di sé appoggiò la tazza sul tavolino smaltato, poi con la stessa mano pizzicò l’altra. Ascoltò il suono della porcellana che si appoggiava sul legno smaltato, osservò l’opaco riflesso della tazza che lo smalto bianco rifletteva. Sentì il dolore che l’affondare delle unghie nella carne gli provocava, era tutto così reale, autentico.
Riaprì gli occhi lentamente, nulla era mutato.
“Pare…” Cominciò mentre con lo sguardo assente osservava i segni scarlatti formarsi sulla sua mano cadaverica. “Pare… Che io non possa sfuggire a questa conversazione…” parlava lentamente, assorto nei suoi pensieri.
“Certo che potete, vi basta alzarvi ed uscire”
“Non mi resta che ascoltare le vostre assurdità, nella vana speranza che questo possa essere d’aiuto all’anima di Hervey” continuò tornando lentamente a prendere colore e sicurezza. “Avete detto che avreste fatto luce sull’accaduto, se non sbaglio” concluse sporgendosi a riprendere la tazza di thé.
Ivy sorrise e andò a rovistare in un cassetto del bancone.
“Ser, sono felice abbiate deciso di affrontare la cosa di petto, non sarò dunque io ad indugiare”.
Appoggiò un piattino con sopra un pezzo di legno in centro al tavolino.
“Cominciamo” disse decisa battendo le mani e tutto si oscurò.
Nel buio più totale lentamente il legno iniziò a bruciare sprigionando un odore dolciastro e densi fumi bianchi. La strega iniziò a plasmarli con movimenti ipnotici delle mani.
Scolpì un volto, in maniera talmente precisa che il fumo pareva esser marmo levigato. “Hervey Pfeiffer, figlio d’un tedesco e una britannica” lo presentò soddisfatta Ivy.
“Con le potenzialità d’un artista, ma dedito più all’imbroglio e ai furtarelli” commentò mentre il fumo, danzando, ricopriva le superfici dell’intero locale fino a farlo sembrare fatto di nuvole. “Entrò in questo qui il cinque novembre” e la porta di fumo si spalancò. Comparve sull’uscio la sagoma dell’uomo e entrata iniziò a ispezionare la stanza, di tanto in tanto lanciava uno sguardo verso il bancone.
“Io ero nel retrobottega e uscii a chiedergli se necessitava di aiuto, data la sua risposta negativa tornai ai miei affari”, fedeli le marionette di fumo rappresentarono l’intera scena. Quando la sagoma di fanciulla scomparve nuovamente quella dell’uomo iniziò una ricerca frenetica, ma silenziosa. Sportosi oltre il bancone raccolse qualcosa e con un movimento lesto del braccio lo infilò sotto la giacca. Con più calma tornò a osservare gli scaffali, sembrò parlare e la figura di fanciulla ricomparve. Osservarono discutendo la merce esposta e alla fine Hervey mise qualcosa in tasca mentre con l’altra mano porgeva qualche moneta alla ragazza, fatto un rapido inchino uscì e tutto si dissolse.
Il fumo riprese forma, questa volta la stanza mutò fino a diventare lo studio del ladro. Comparve un Hervey euforico, estrasse una pietra da sotto il cappotto, la baciò e l’appoggiò sulla scrivania senza staccarle gli occhi di dosso. Il suo entusiasmo era palpabile. Prima lentamente poi in maniera sempre più disinvolta le sue dita iniziarono a muoversi intorno all’opale.
“Interrogare il futuro…” bisbigliò Ivy “voi lo fareste mai?”.
Per la seconda volta tutto si dissolse. La stanza tornò nell’oscurità più totale, fatta eccezione del tizzone.
“Il futuro…” la voce della donna era profonda, vibrava.
“Come se fosse uno…
Come se fosse scritto…
Ce ne son tanti quanti un uomo può immaginare… qualcuno in più ancora… forse non hanno neppure fine.”
Silenzio.
“Attenzione nel credere, attenzione nel dubitare…
Troppo sapere può essere la rovina di un uomo…” ed ecco che Hervey tornò in scena, si muoveva agitato nello studio. Prese l’opale e lo frantumò contro una parete, lo osservò ricomporsi.
“Se è difficile formulare la domanda ancor più è comprendere la natura della risposta. Troppo pericoloso per un uomo avventurarsi senza guida su questa strada…
Come tornare quando si è persi tra le ipotesi?
Il dubbio ti logora, fino a consumarti l’anima…
V’è solo una cosa che pare salvarti…
L’unica cosa che pare essere sotto il tuo controllo…”,
Hervey aveva appena concluso di scrivere la lettera, l’opale era già impacchettato.
Nathan assistette imbambolato al suicidio dell’amico e nello stesso momento in cui il corpo si lasciò cadere penzoloni Ivy batté le mani e fu di nuovo giorno.

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