Frequento le lezioni di recitazione tenute da Valentina, in collaborazione con il CUT, da qualche mese. Quando ho iniziato non sapevo esattamente cosa fosse un corso di teatro, o meglio, mi aspettavo che ti insegnasse a recitare, a calarti in un personaggio o a imitarlo. Fondamentalmente è così, ma il come questo sia avvenuto è stato totalmente inaspettato. Valentina non ha voluto fare l’insegnante (nel senso accademico del termine), tuttavia non poteva certo creare un rapporto ‘paritario’; è divenuta dunque (almeno per quanto mi riguarda) la voce fuori campo. Con una combinazione di accompagnamenti musicali e indicazioni verbali ha permesso, per lo meno a me, di ottenere quello per cui mi ero avvicinato al teatro. Non ha insegnato ad entrare in un personaggio e riprodurlo, ha insegnato la necessità di cercare in sé una connessione con quello che si decide di rappresentare. Certamente frequentare una lezione a settimana per qualche mese non rende nessuno un’attore, però ti trasmette cosa sia il mondo teatrale o, per lo meno, cosa chi ti ci introduce pensa che sia.
Quello che Valentina mi ha donato è il concepire il teatro come un mondo a se stante invece che un’attività, quindi mi sono chiesto cosa fosse per lei.
Prima di tutto una brevissima presentazione.
Valentina Fiammetta Milan è una trentacinquenne di origine milanese, trasferitasi a Trieste per frequentare la scuola interpreti ci rimane anche una volta terminati gli studi. Per vivere insegna lingue mentre per passione si dedica al teatro.
Tre anni fa ha fondato il Teatro degli Sterpi, che assieme ad altre associazioni gestisce e si esibisce in Hangar Teatri (http://hangarteatri.com/).
La prima cosa che mi sono chiesto è stata come fosse nata questa passione e ho scoperto che è successo per caso, come fanno spesso gli amori, per colmare il vuoto lasciato da un’attività sportiva agonistica abbandonata.
Le ho chiesto allora come mai ci si fosse appassionata tanto, in che modo il teatro l’avesse legata a se.
Anche in questo caso la risposta è molto semplice, l’ha aiutata in un periodo difficile della sua vita, rivelandosi essere terapeutico.
Infatti è un’attività che coinvolge interamente l’individuo, bisogna mettere in gioco non solo il corpo, ma anche le emozioni, la voce e la testa. Se, per come la pensa Valentina, la concentrazione si ha quando si è coinvolti completamente in un’attività, allora la performance dell’attore è pura concentrazione in azione.
Il teatro è un gioco divertente quanto serio e l’esecuzione dello spettacolo è solo l’atto conclusivo di un lungo percorso di preparazione ed è necessario appassionarsi a tutte le fasi del ‘viaggio’.
Il modo migliore che ho per spiegare questa cosa è paragrafare la spiegazione di Valentina.
‘Il teatro è un gioco ma non è un gioco totalmente libero, nel senso che hai delle regole da seguire. In un’opera si è un personaggio, che ha degli obiettivi e delle battute. Quindi deve piacer giocare con delle regole precise. Quello che è meraviglioso è che ti permette di trovare la tua libertà all’interno di paletti’.
Una cosa è viversi nel teatro, ma tutt’altra sfida e quella di insegnare a qualcuno come farlo. Come allievo devo dirmi molto soddisfatto del corso che ho seguito e ho voluto confrontarmi con lei su come si approcci all’insegnamento perché non l’ho trovato comune.
Ha iniziato affiancando il suo ex regista, Aldo Vivoda, occupandosi principalmente del movimento e del corpo date le competenze che una ex ginnasta ha. Questo è stato il primo corso che ha tenuto da sola, imparando come insegnare da ‘autodidatta’, osservando e carpendo tutto quello che poteva, da tutti gli insegnati dei numerosi laboratori a cui ha partecipato. Si è accorta che è un’attività che richiede un talento proprio e che, per lo meno per quel che concerne la recitazione, bisogna fare molta attenzione anche all’ego di ogni singolo individuo: imparando ad ascoltare, capendo quando si può un po’ forzare e quando invece bisogna evitare di farlo.
Cerca di evitare una forma ‘marziale’ di insegnamento, tentando di dare la libertà e la possibilità alle persone di aprirsi, perché in fondo recitare è donare una parte di sé al pubblico, senza forzarla mai.
Consiglierebbe a tutti di fare un’esperienza teatrale nell’arco della propria vita, perché insegna una cultura del corpo, che è qualcosa di cui la società è manchevole e io non posso che concordare con lei dopo aver visto quanto, anche un breve corso, abbia condizionato la mia vita insegnandomi molto su quello che è il movimento, la parola e l’esprimersi.
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