Game of Thrones introduce gli Estranei (White Walkers) nella prima scena della serie e, finalmente, dopo la marcia più lenta della storia, 8 stagioni o 69 episodi, l’ esercito della morte si batte contro i vivi nella battaglia di Winterfall.
L’episodio, atteso da 8 anni, ha diviso il pubblico di GOT in chi ha visto le proprie aspettative realizzate, come me, e chi invece le ha viste completamente deluse, sentendosi tradito dalla serie tanto amata.
Le critiche mosse riguardano la fotografia, considerata così scura da rendere impossibile capire le dinamiche delle scene, per poi concentrarsi sulle atmosfere di tensione, per alcuni inesistenti, per altri di durata troppo a lungo senza una reale risoluzione. Ciò che però alla fine ha deluso maggiormente è stata la sopravvivenza dei personaggi principali e la precoce fine del Night King.
Per quanto riguarda l’illuminazione c’è poco da dire, personalmente, guardando l’episodio in HD e a luci soffuse, le scene si mostravano perfettamente e anche per quanto riguarda la tensione percepita durante le scene penso sia estremamente soggettivo. Sin dalle prime inquadrature ho rilevato la minaccia degli Estranei avvicinarsi, l’attesa dello scontro e il panico dei personaggi che non sapevano cosa avrebbero dovuto affrontare; all’arrivo dell’orda dei non morti mi sembrava stessero uscendo dalla televisione per accalcarsi nel mio salotto, ed entrati nelle mure di Winterfall ero rapito dallo schermo, paralizzato dalla apparente impossibilità di salvezza.
Ma mentre tutto questo può essere rilegato a gusto, emotività e situazione personale, che è normale dividano il pubblico, l’episodio porta a galla una verità molto più interessante, ovvero che Game of Thrones potrebbe aver avuto così tanto successo basandosi su arbitrarie interpretazioni dei suoi pilastri.
George R. R. Martin, lo scrittone di ‘cronache del ghiaccio e del fuoco’, serie di libri su cui è basata la serie, si è sempre definito l’anti Tolkien (scrittore di Il Signore degli Anelli) e possiamo riconoscere questa verità in quelle che sono le due basi narrative della sua filosofia: non esiste bene e male, l’idealizzato bianco/nero alla base di opere come Il Signore degli Anelli o Guerre Stellari viene continuamente messo in discussione; e la morte può arrivare per chiunque a qualsiasi momento, archi di crescita del personaggio e obiettivi personali sono insignificanti al cospetto della grande falce che è la sua penna.
Ma nonostante ciò ricordiamoci che Martin ci sta raccontando una storia, sovverte le aspettative e va dove altri scrittori non osano andare, ma pur sempre mantenendo una coerente direzione e in vita i personaggi che hanno scopi narrativi specifici.
Molti si aspettano uccisioni casuali dei personaggi a cui più tengono, per provare quella emozione di shock che ci fa sentire vivi tramite lo schermo, ma Game of Thrones non ha mai mietuto anime senza motivo. Certo queste morti arrivano al momento inaspettato e non curanti degli obiettivi dei personaggi, ma sempre per far procedere la storia.
Comunque se sono la sorpresa e le morti imprevedibili ciò che si vuole da questo show, uccidere colui che viene percepito come il cattivo finale di tutta la serie, fermandolo nel mezzo del suo cammino e della sua missione, rispetta sia queste aspettative sia i pilastri narrativi datici fin ora,
Non ci può essere uno scontro finale tra vivi e morti, perchè sarebbe contrario a tutto ciò che GOT è stato fin ora, una guerra tra bene e male, bianco e nero, il mito dell’unione degli umani che mettono da parte le proprie divergenze per abbattere il grande nemico è esattamente quello che Martin vuole distruggere.
Non ci sono morali in Game of Thrones, se non quelle che lo spettatore interpreta seguendo la vita dei molti personaggi, il bene non prevale perchè è giusto, e spesso il male rimane impunito, questa è la vita.
“Ognuno è l’eroe della propria storia” le parole di Martin che ci direzionano per interpretare Game of Thrones, e difatti sono convinto che per quanto la minaccia militare degli Estranei sia stata sconfitta, non sia finita la loro storia, almeno per noi che possiamo riscoprire il passato con gli occhi di Bran.
L’unica reale criticità che ho visto in questa puntata è l’inutile tentativo di soddisfare chi guarda Game of Thrones per godere della strage dei personaggi. Tramite inganni di inquadrature e davvero troppi salvataggi all’ultimo da situazioni impossibili, si è cercato di replicare quell’emozione anche senza la reale intenzione di uccidere nessuno del cast principale . Nell’episodio precedente Tyrion ha detto: “penso che potremmo sopravvivere”, nessuno gli ha creduto ma tutti i presenti in quella sala sono ancora qui.
Ci sarebbe ancora molto da dire su questa puntata costruita magnificamente in 55 giorni di riprese notturne e sulla serie fino a questo momento, ma ne parleremo alla fine del sesto episodio per tirare le fila di questi 8 anni.